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Il governo di Marpionne

di Paolo De Gregorio - 19/09/2012

La politica è come la Chiesa, non muore mai. Facciamo l’esempio del partito democratico: i suoi massimi esponenti pochi mesi fa dichiaravano convinti, “siamo con Marpionne e ci affidiamo alla bontà del suo piano industriale”.

Insomma, persone che abusivamente si dichiarano di sinistra, si schierano con i padroni, senza tener conto che la FIAT ormai è una multinazionale che si muove con una logica globale e sceglie di andare a produrre dove più le conviene, per esempio in Serbia, dove il salario di un operaio è di 350 euro al mese per turni di 10 ore.

Invece di mettere in guardia i lavoratori sulle ingannevoli promesse di Marpionne,  sulla volatilità del piano “Fabbrica Italia”, e cercare dunque di mettere sul tavolo i veri problemi, ecco questi grandi dirigenti della “sinistra” che si bevono le panzane dell’AD come l’ultimo dei farlocchi.

Eppure c’era molto da dire, a partire dalla inadeguatezza di Marpionne stesso, che della sua improduttività non parla mai, incapace di indirizzare i progettisti verso nuovi modelli di qualità, sui quali invece ha puntato la industria automobilistica tedesca che macina utili pur pagando gli operai il doppio di quelli italiani.

Probabilmente non servirebbe a nulla, ma qualche esponente del governo dei professori potrebbe ricordare a Marpionne l’entità dei contributi statali offerti alla FIAT dal dopoguerra ad oggi e pretendere garanzie per gli impianti industriali in Italia, anche se la logica della globalizzazione è un mostro che non si può fermare e ci condanna sicuramente al declino.

Voglio ricordare che la globalizzazione, cui abbiamo aderito con la WTO, sta premiando solo i più forti, cioè coloro  che possiedono multinazionali, coloro che possiedono grandi banche d’affari internazionali, chi ha grandi strutture di ricerca ed è all’avanguardia nell’elettronica e nella farmaceutica, chi possiede materie prime, chi ha milioni di lavoratori da offrire a basso costo, chi possiede strutture militari capaci di invadere una nazione in qualunque parte del mondo.

Già oggi esiste un governo mondiale della economia e i giochi in gran parte sono fatti. Ci sono già i vincitori e i vinti, e per molti paesi (come l’Italia) vi è solo la prospettiva del declino e della marginalità, visto che non possediamo né materie prime, né strutture di ricerca, né manodopera a basso costo, né potenza militare, e i nostri cervelli vanno in America ad aiutare i più forti.

C’è  bisogno di una politica nuova, che parta da una analisi della realtà e non illuda i cittadini che continuando su questa strada globale si possa trovare crescita e uscita dalla crisi.

Le cose possono solo peggiorare e i politici, di destra e di sinistra, raccontano favole e si affidano ai professori o ai Marpionne perché non hanno la minima idea di ciò che ci sarebbe da fare, e dimostrano così la loro assoluta inutilità.

Il primo che dirà la verità agli italiani, trattandoli da esseri pensanti e non da sudditi, e sarà capace di proporre uno sviluppo alternativo basato sulla “green economy”, l’autosufficienza energetica (con le rinnovabili), l’autosufficienza alimentare, l’uscita dalla WTO, l’abolizione di Province e Regioni, la fine delle spese militari e l’uscita dalla Nato, lo stop all’immigrazione, la valorizzazione del nostro patrimonio ambientale, architettonico, artistico,  il ripristino delle coste deturpate da orrende seconde case, e portare in politica incensurati, raccoglierà molti consensi perché la misura è colma e cambiare sistema è ormai indispensabile per avere un futuro.