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Ancora su Destra e Sinistra

di Luciano Fuschini - 04/10/2012

 


 

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In tanti ormai siamo convinti che i concetti di destra e sinistra siano politicamente inutilizzabili. Troppe contraddizioni rendono la contrapposizione inservibile. Si attribuisce alla destra l’individualismo e alla sinistra la prevalenza del sociale, ma a destra viene collocato il fascismo che predica la sottomissione dell’individuo allo Stato e a sinistra correnti libertarie radicalmente individualiste; a destra viene collocato il liberal-capitalismo e a sinistra il collettivismo marxista, ma entrambi condividono economicismo e progressismo (definire “conservatori” i fautori del capitalismo è una colossale sciocchezza, come Marx sapeva bene, nel suo riconoscimento del mercato che spazza via tutti i vecchiumi); a destra viene collocata la difesa dei privilegi di classe e a sinistra l’egualitarismo, ma in realtà non c’è più nessuno che sostenga un diritto di nascita ai privilegi, semmai si afferma il criterio del merito, a destra come  a sinistra; a destra viene collocato il clericalismo e a sinistra il laicismo, ma viene catalogato come “di destra” anche il liberalismo che fa del laicismo la sua bandiera; di destra sarebbe il nazionalismo e di sinistra il cosmopolitismo e l’internazionalismo, ma il liberal-capitalismo etichettato come “destra” ha voluto il cosmopolitismo della globalizzazione mentre a sinistra ci sono stati e ci sono movimenti giacobini e socialisti fortemente patriottici; alla destra sono attribuiti i valori dell’ordine, della disciplina e dell’autorità, mentre la sinistra coltiverebbe spirito trasgressivo e antigerarchico: sarebbe difficile dimostrare che nella sinistra leninista, stalinista e maoista lo spirito antigerarchico abbia dato alte prove di sé; alla destra si attribuisce l’insistenza sui doveri, alla sinistra quella sui diritti, ma l’insistenza sui doveri è un cavallo di battaglia del repubblicanesimo mazziniano, collocato a sinistra, mentre la destra liberale è molto attenta ai diritti dell’individuo.
Insomma, un guazzabuglio inestricabile e inutilizzabille, nonostante i tentativi di tenere in vita una dicotomia fra destra e sinistra, come il libretto di Norberto Bobbio che fu fin troppo sopravvalutato. 

Eppure, l’antitesi fra destra e sinistra è tanto tenace che riaffiora continuamente. Qui avanzo l’ipotesi che scaturisca da una sorta di categorie dello spirito, o piuttosto da atteggiamenti fondamentali, da modalità di porsi secondo i parametri di riferimento  costituiti da Natura e Cultura. Per l’atteggiamento di destra, esiste una natura umana immutabile, e questa natura è sostanzialmente fatta di pulsioni negative, istinti egoistici e di sopraffazione, nonostante il carattere associativo della vita umana. Per tenere a freno questi aspetti distruttivi, occorrono istituzioni forti e autorevoli che abbiano il fine comune di potenziare le tendenze positive e di reprimere quelle, fortissime, disgregatrici. La prima di queste istituzioni è la famiglia, che dà l’ impronta basilare all’individuo imponendogli le regole del vivere associato; segue lo Stato, o comunque la comunità organizzata, il cui compito primario è premiare il merito e punire la colpa; infine la religione, che dà allo Stato e alla famiglia, nella loro opera pedagogica, la forza della fede, della credenza nelle pene e nelle beatitudini eterne. Famiglia, Stato e Chiesa rafforzano, anche coi riti condivisi, il sentimento della comunità, del gruppo etnico, della Patria. Questo e soltanto questo è la destra. 

L’atteggiamento spirituale di sinistra si divarica in due aspetti. Il primo è di chi ammette che esista una natura umana, ma che essa sia sostanzialmente buona. L’uomo per natura sarebbe un essere sociale generoso e pacifico. Viene reso aggressivo, irrazionale, egoista, da condizionamenti politici e culturali. Basta rimuoverli per liberare le forze positive dell’individuo, in modo che possa competere liberamente e pacificamente. Questi condizionamenti che vanno rimossi sono la tirannide politica e quella dei dogmi religiosi. Alcuni vi aggiungono la proprietà privata. Storicamente questo primo indirizzo di sinistra si è espresso in epoca moderna nel liberalismo, termine che in origine era sinonimo di sovversivismo, accezione di significato nettamente di sinistra che è rimasta nell’anglosassone liberal, traducibile con l’italiano radicale più che liberale; si è espresso altresì nel libertarismo, critico anche verso la proprietà privata, nel repubblicanesimo, nel radicalismo laico, nelle socialdemocrazie. L’altro ramo della sinistra nasce dall’atteggiamento di chi nega che esista una natura umana immutabile. L’uomo è il prodotto della cultura, delle idee che lo informano, o del tipo di organizzazione economica in cui opera. Cambiando le condizioni materiali dell’esistenza, potremo forgiare un’umanità nuova. Potrà e dovrà essere l’opera di una minoranza di rivoluzionari illuminati che, impadronendosi degli strumenti del potere, guideranno il popolo verso una trasformazione non solo delle strutture sociali ma anche del modo di vivere e di rapportarsi con se stessi, con gli altri, con le condizioni esistenziali. Questa è la pretesa, prometeica, di tutti i giacobinismi. Robespierre, a chi gli contestava che il suo partito era minoranza, rispondeva che la virtù è sempre in minoranza. Era legittimo che un gruppo di virtuosi illuminati prendesse il potere e usasse la ghigliottina per forgiare un uomo nuovo, patriota e abitato dalle virtù civiche. Il leninismo è stato una forma aggiornata di giacobinismo, come ammetteva Gramsci nei “Quaderni dal carcere”. Nella stessa linea si pongono Stalin e Mao. Quest’ultimo amava ripetere che il popolo cinese era una pagina bianca su cui si potevano scrivere le frasi più belle. Si tratta di puro giacobinismo. Nel suo caso la minoranza che aveva preso il potere era il Partito Comunista, che avrebbe forgiato un uomo nuovo dopo aver liquidato ciò che lo impacciava, la proprietà privata, le concezioni reazionarie della vecchia cultura tradizionale, la sudditanza allo straniero. Ma anche Mussolini rendeva esplicito un suo giacobinismo quando parlava dell’italiano nuovo che il fascismo avrebbe creato, un italiano forte, ottimista, animato da virtù eroiche e dal senso della Patria e dello Stato. Il fascismo è particolarmente sfuggente al tentativo di catalogarlo proprio perché in esso confluiscono sia le istanze della destra precedentemente enunciate, Famiglia, Stato, Religione, Patria, Tradizione, Ruralità, sia il giacobinismo futurista, modernista, proiettato verso l’uomo nuovo di un futuro tecnologico (l’aviazione “arma fascistissima”). 

Dunque, partendo dai diversi atteggiamenti verso il rapporto fra Natura e Cultura, si possono enucleare diverse tipologie: quella “di destra” e le due “di sinistra”, una ottimistica sulla natura umana e una prometeico-giacobina. Resta il fatto che oggi l’atteggiamento genuinamente di destra e quello della sinistra giacobina sono rimasti patrimonio di piccole minoranze ininfluenti. Domina il campo la melassa liberal-libertaria-radical-social-democratica, il che conferma la non praticabilità nella competizione politica dell’antica antitesi fra destra e sinistra.