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Futurismo per la nuova umanità?

di Valerio Zecchini - 08/10/2012

INTERVISTA A VALERIO ZECCHINI SUL LIBRO DI ROBERTO GUERRA “FUTURISMO PER LA NUOVA UMANITA’” (ARMANDO 2012).

 

Tra i protagonisti del volume di Guerra, in evidenza il poeta saggista giornalista e performer Valerio Zecchini, singolare figura di radical chic di destra. Autore tra l’altro del saggio Futurismo e fascismo – manifesti e programmi (Planetario 2002), del cd Manzotin mantra (Mcl 2009), del volume di letteratura totale Patriottismo psichedelico (Pendragon 2008); Nel 1999 fondo’ il Movimento Post Contemporaneo, il quale in breve tempo divento’ l’accogliente casa di tutti coloro che non si riconoscevano nelle categorie, etichette e definizioni correnti, in nome di un individualismo autentico. L’abbiamo gentilmente intervistato.

 

Roberto Guerra – Zekkini, il neofuturismo: continuita’, altra avanguardia rispetto al futurismo, o nostalgia retrofuturista?

Valerio Zecchini – Credo che il tuo libro sia costruito nella piu’ totale strumentalita’ ed arbitrarieta’; perche’, ad esempio, includere i Kraftwerk tra i neofuturisti e non i Devo?Qual’e’ il criterio? E perche’includere quel rottame umano di Vasco Rossi (nemico giurato dei Post Contemporanei)? Solo perche’ ha citato il Manifesto di fondazione del futurismo in una canzone? La sua musica schifosa non ha mai avuto nulla di innovativo, e la sua vita non e’ stata spericolata, ma meschina e patetica. E poi basta guardarlo in faccia… Di piu’, occorre sottolineare che il concetto stesso di “neofuturismo” e’ un’impostura, o quanto meno una forzatura (qualche anno fa ci aveva gia’ provato Guillame Faye col suo libro Archeofuturismo, ma in un’ottica puramente politica), e vado a spiegare perche’. La grande quantita’ di manifesti futuristi (tutti redatti con la supervisione di Marinetti) produsse un’ideologia ben definita, ideologia che conobbe un notevole cambiamento di posizioni dopo il 1929, anno in cui Marinetti fu nominato Accademico d’Italia ed in cui inizia il cosiddetto “secondo futurismo”. Tale corpus ideologico si puo’ comunque riassumere in cinque nuclei fondamentali:

1)Culto dell’eroismo e della guerra (“Sola igiene del mondo”) e acritico culto del capo (Mussolini).

2)Ossessione del patriottismo (che dopo il ’29 divento’ anche fedelta’ quasi totale al fascismo).

3)Creativita’ senza limiti e innovazione costante nell’arte.

4) Pari dignita’ di tutte le discipline artistiche.

5)Amore incondizionato per le macchine e la tecnologia.

Ora, poco alla volta alcune di queste idee sono state, del tutto o in parte, assorbite dal sistema artistico/culturale; altre non hanno piu’ ragione di esistere. Ecco perche’ parlare di neofuturismo e’ un’impostura. Ma specifichiamo meglio: il secondo futurismo si impegno’ a fondo nelle promozione delle cosiddette arti applicate (come del resto avevano gia’ fatto Malevic e i suprematisti russi), in particolare design e moda ma anche fotografia, danza e cucina (vedi Manifesto della cucina futurista di Fillia e Marinetti del 1931), sostenendo che queste ultime avevano la medesima rilevanza delle “arti maggiori” come letteratura, musica, pittura e scultura. Oggi non solo designers, stilisti di moda e grandi chefs sono considerati artisti, ma addirittura parrucchieri e truccatori particolarmente creativi (vedi il caso di Guido Palau, il parrucchiere lanciato da Alexander Mc Queen). Mi sembra quindi che l’obbiettivo della pari dignita’ tra le arti sia stato ampiamente raggiunto. Non dimentichiamo poi che per Marinetti la principale tra tali discipline era comunque l’arte della seduzione (e l’arte erotica), come testimonia l’ottimo volume del 1916 “Come si seducono le donne(e si ingannano gli uomini)” – e mi pare che l’assoluta importanza della seduzione nel mondo d’oggi, in tutti i campi, sia indiscutibile.

Altro postulato fondamentale del futurismo ormai inglobato nella mentalita’ odierna e’ quello della creativita’ senza limiti e dell’innovazione costante nella pratica artistica – ma solo in apparenza. Chi e’ oggi che difende l’uso della censura, perlomeno in America ed Europa? Ufficialmente nessuno, ma esiste una censura strisciante, sotterranea, che cerca di contenere l’espressione artistica entro i paletti del “politically correct”, ed e’ proprio li’ che ho tentato di colpire io – pagandone poi le conseguenze in termini di visibilita’ delle mie opere letterarie, visuali, musicali.   

Ad ogni modo, l’idea-base del futurismo e’ quella, come dicevo, dell’innovazione e sperimentazione costante, utilizzando ogni possibile strumento tecnologico: in ambito musicale ad esempio, chi e’ che ha portato alle estreme conseguenze il rumorismo di Russolo? Sicuramente i Velvet Underground, i  Sonic Youth, i Melt Banana; chi ha espanso I confini della musica in ogni possibile direzione? Certamente grandi personalita’ come John Cale, Lamonte Young, Bill Laswell, Brian Eno (a Marinetti sarebbe senz’altro piaciuta la sua musica per aeroporti, e musica per astronauti). Nella letteratura italiana di oggi Isabella Santacroce con la sua incessante frantumazione e ricomposizione del linguaggio e la sua inesausta ricerca nei labirintici meandri della pratica della seduzione, fa riverberare la potenza di fuoco e lo splendore geometrico della poesia marinettiana. E I rutilanti panciotti di Depero non hanno forse trovato il loro naturale sviluppo negli intrepidi abiti di Versace? E il sobrio minimalismo di Prada non e’ forse figlio della tuta di Thayaht, primo capolavoro di abbigliamento essenziale? Per non dire del bolognese Dino Gavina, genio del design italiano del dopoguerra, senz’altro debitore delle sperimentazioni sugli oggetti di Depero negli anni trenta.

Nelle arti visive, credo che gli splendidi lavori sulla luce di James Turrell (finalmente invitato all’ultima Biennale di Venezia)  costituiscano l’esito finale dell’aeropittura di Crali e Prampolini; e le meravigliose opere in video di Bill Viola sono forse cio’ che si avvicina di piu’, oggi, alle teorie boccioniane sull’opera d’arte come “sensazione pura”. Questo significa dare una continuita’ allo spirito futurista, non si tratta dunque di rivitalizzarlo come movimento istituzionalizzato o con etichette posticce, in quanto non ne esistono piu’ i presupposti: non ci sono piu’ capi da rendere oggetto di culto; l’eroismo in guerra, dopo la bomba atomica, e’ semplicemente una chimera. E lo era gia’ ai tempi della prima guerra mondiale e anche prima: le guerre moderne erano gia’ guerre di materiali. Le gesta degli eroi influivano ben poco sui risultati finali delle battaglie. Dopo la bomba atomica, rare sono state le guerre convenzionali, e oggi abbiamo esclusivamente guerre civili, partigiane, terroristiche o tutt’al piu’ guerriglie urbane. Sul patriottismo: se Marinetti fosse morto piu’ tardi, si sarebbe reso conto di come la costante innovazione tecnologica vada inesorabilmente ad omologare tutta l’umanita’, e il patriottismo (cosi’ come le religioni o le ideologie in genere) diventa un residuato da museo oppure isterismo di massa manovrato da qualche leader populista. Tuttavia io continuo a chiamarmi “patriota” perche’ e’ comunque l’unica forma di amore per il prossimo che conosco, ed e’ anche la piu’ antica.

Marinetti dopo il 1929 fu un gerarca,in quanto accademico d’Italia e presidente del sindacato nazionale degli scrittori; ebbe il grande merito di introdurre nella legislazione italiana il diritto d’autore. Come ci hanno ben spiegato grandi studiosi del secondo futurismo quali Riccardo Notte e Marja Harmanmaa, aderi’  con estrema convinzione all’ambizioso ma utopistico progetto dell’”uomo nuovo” fascista: si trattava di trasformare il popolo italiano in un popolo di guerrieri e di atleti – ci si ritrovo’ in Russia con gli stivaletti di cartone, non a combattere ma a morire congelati. E c’era anche lui, chissa’ se come gerarca aveva diritto ad una calzatura piu’ adeguata al clima…Fatto sta che si becco’ la polmonite che poi lo fara’ morire nel dicembre del 1944. Ma anche da gerarca, Marinetti si ritrovo’ spesso a lamentarsi della “lenta comprensione del popolo” (raffinato eufemismo) e della scarsa diffusione dell’arte sperimentale e di ricerca da parte dei mass media dell’epoca – ma non sono gli stessi ostacoli che incontriamo oggi? E che dire della sua ammirevole lotta cotro la logica, la routine, il “quotidianismo”? E d’altronde, se togliamo dall’impianto ideologico futurista tutti questi  citati elementi “romantici”, cosa rimane? Rimane uno sterile, banale, acritico neopositivismo.

L’amore incondizionato di Marinetti per le macchine si basava su una premessa ingenua, che col senno di poi fa quasi tenerezza: il vivere in simbiosi con la macchina, la progressiva automazione della vita avrebbero, in prospettiva, eliminato il dolore dall’anima dell’uomo – e’ un concetto che ritroveremo nei diari di Warhol, e in seguito nelle canzoni di John Foxx o di Marilyn Manson. Oggi sappiamo fin troppo bene che e’ vero il contrario. In definitiva, credo che il percorso di Marinetti sia piuttosto simile a quello di altri due grandi artisti d’avanguardia della sua epoca, Ezra Pound e Julius Evola: dopo aver rivoluzionato l’arte col dadaismo, l’imagismo e il vorticismo, si resero conto dell’imprescindibilita’ della tradizione, di un fondamento solido dello stare al mondo – capirono di aver interrogato e torturato la tradizione per rivitalizzarla. Lo stesso si puo’ dire per Marinetti.

Guerra – Zekkini, cosa vogliono in sostanza i Post Contemporanei?

Zecchini -  Noi ci battiamo prima di tutto per la tutela degli unici (e delle loro proprieta’), di coloro che non vogliono rientrare in alcuna categoria, delle identita’ sessuali mutanti e mutevoli, delle singolarita’ divergenti. Appoggiamo qualsiasi istanza ecologista, animalista, ambientalista, vegetariana, in una prospettiva seriamente anti – biblica. Vogliamo indurre le donne povere a chiedersi: perche’ mettere al mondo altri individui facilmente ricattabili?Propugniamo un tradizionalismo pagano autentico – libertino, sodomita e fallocrate. Pensiamo simultaneamente cio’ che finora e’ stato pensato contraddittoriamente. Difenderemo fino all’ultimo i santi ideali del patriottismo cosmopolita e del buddismo zen.

Guerra – Perche’ ha deciso di cambiare continente?

Zecchini – Per protesta contro il mancato riconoscimento della mia persona come mucca indiana da parte delle istituzioni. Tuttavia, oggi la mia anima e’ salda come una roccia, e sento, e VEDO che la riscossa dei Post Contemporanei  e’ imminente, e inevitabile.

Guerra – Zekkini, l’arte contemporanea: mistificazione o avanguardia?

Zecchini – “Avanguardia” mi pare oggi un termine obsoleto. “Mistificazione” solo in parte, perche’ come ho gia’ detto prima  esistono artisti grandissimi e potrei aggiungere tanti altri nomi a cui sono affezionato: Mariko Mori, Yoko Ono, Tracey Emin, Almudena Grandes, il regista messicano Inarritu… per citarne solo alcuni a caso.

La missione dei Post Contemporanei e’ appunto quella di aiutare le arti contemporanee a liberarsi dai due grandi ostacoli che impediscono loro di accedere alla piu’ compiuta liberta’: la cultura dominante del politically correct e il populismo dei mass media; l’artista e’ colui che cerca la verita’, e codeste due immani ipocrisie del nostro tempo non possono continuare a limitarlo o a tenerlo in disparte.