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Il ritorno dei sogni

di Claudio Risé - 07/11/2012

I sondaggi si moltiplicano, e si può capire. Ai politici, industriali, commercianti, interessano le opinioni e le intenzioni delle persone. Chi voteranno, cosa compreranno, dove andranno.
Su una cosa, però, i sondaggi tacciono: i sogni. Quelli gli intervistatori non li chiedono, né (forse) glieli direbbero. Eppure sono importanti. Non solo perché c’entrano coi voti e con gli acquisti. Ma perché (come appare lavorando con la psiche) le persone, specie giovani, ricominciano a sognare.
E’ assai probabile che pezzi di questi sogni stiano contribuendo ai sommovimenti in atto nella vita pubblica, non solo italiana.
Anche le elezioni di domani, in America, rispetto a competizioni del passato, più fredde e ragionate, hanno (ad esempio) un forte aspetto di sogno: quello dei diritti civili del candidato nero, Obama, e quello dei doveri per tutti del candidato mormone, Romney. Per entrambi, certo, sono in ballo anche affari e potere, ma è sulla forza del sogno e la capacità di comunicarlo che vinceranno, o perderanno.
Come mai, però, si torna a sognare, in particolare fra i giovani?
Le ragioni sono certamente molteplici, ma è certo che il “modello culturale” razionalista, dominante almeno negli ultimi cinquant’anni, che derideva il sogno perché ingenuo, primitivo, poco scientifico, irriducibile alla tecnica, indifferente all’economia, ed anche poco chic, ha portato alla più grave crisi economica degli ultimi cento anni.
Razionalità, materialismo e cinismo non sono stati capaci neppure di far tornare i conti non solo in Italia, ma nei maggiori paesi industrializzati.
Algoritmi, modelli matematici, e programmazione razionale di tutto, hanno funzionato meno bene di quel mixing fatto da religioni tradizionali, cristianesimo recente e arrembante, e un pizzico di animismo che ispira molti paesi “Bric”, ex sottosviluppati oggi in pieno slancio.
E’ in crisi il “disincanto”, il modo di vedere il mondo proposto dalle burocrazie dominanti dal ‘900 in poi, naufragato su derivati e debiti pubblici.
Oggi però, visto che razionalismo, materialismo e tecnoscienze ci hanno portato fin qui, le persone, soprattutto giovani, si riaprono alla “dimensione immateriale dell’essere”, come la chiama Andrea Carandini. Tra cui il sogno. E i luoghi dove parlano sogni, bellezza, gioco: non tanto i negozi, ma le mostre d’arte ben fatte, i teatri ben gestiti. Perfino le “Mazurke Klandestine” che, cominciate nottetempo nel quadro un po’ surreale di Piazza degli affari a Milano, dominata dalla sede della Borsa, hanno guadagnato Napoli, Roma…
In cosa si distinguono i sogni dai ragionamenti? Innanzitutto sono liberi. Si fanno da soli, sono loro che ti portano. Non partono dalle cose e dagli altri: siccome sono di moda quelle scarpe lì, oggi vado a comprarle. Si formano dentro di te, ma non sai dove andranno.
C’entrano anche qui i desideri, ma più profondi di un “brand”, un marchio, un logo. E, poiché l’uomo è un essere proiettato sul mondo, i sogni tendono ad allargarsi a diventare visioni. Immagini ideali delle relazioni, della vita, del mondo. Prendono così forma percorsi personali e profondi, in cui si intrecciano desideri emozioni cose luoghi persone musiche.
In tutto ciò, nel mondo dove riappaiono i sogni, la gioia e la bellezza hanno un grande spazio.
Non è strano: l’essere umano, come il bambino, se non è malato, vuole naturalmente godere. Potrebbe persino essere che si vada verso la fine di quel nichilismo esasperato che ha avvelenato la vita del Novecento, dove se ti piaceva davvero qualcuno o qualcosa, o se avevi un briciolo di speranza, non eri nessuno. Fine di un incubo.