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Li rimpiangeremo i due nella fotoricordo? Chissà …

di Eugenio Orso & Anatolio Anatoli - 26/04/2013

 

Fotoricordo dei “bei tempi” andati

Un vecchio detto ci avverte che al peggio non c’è mai fondo. Vero. Soprattutto se lo verifichiamo alla luce della nostra passata esperienza: dopo Berlusconi Prodi, dopo Prodi Berlusconi, dopo Berlusconi Monti. “E ho detto tutto!” si potrebbe concludere, a questo punto, con l’indimenticabile Peppino De Filippo, fratello Capone del grande Totò.

Invece, per non sembrare troppo sbrigativi, vale la pena di spendere ancora due paroline. Se Monti era l’alfiere, con elmo germanico in testa e lancia finanziaria in resta, della taumaturgica ”economia sociale di mercato” – una grossa bufala messa in giro dagli ultraliberisti per far digerire alla plebe le devastazioni del libero mercato – Enrico Letta, quarantenne dall’aspetto serpentesco, coautore del fallimento del pd con Bersani, è un propagandista strenuo e bildelberghiano del denaro elettronico, con la patetica scusa della lotta all’evasione fiscale. Dopo Napolitano, al quale hanno riservato ancora una volta la regia (come con Monti), è il loro uomo all’Avana, la punta più avanzata di penetrazione in territorio occupato, la testa di ponte del rigore europide coniugato con uno sviluppo che non c’è, il novello boia per milioni di disoccupati, inoccupati, sottoccupati, pensionati, precari e ceti medi scivolati nell’indigenza. Un boia dei poteri esterni con la faccia da serpente e la tessera dei migliori (o peggiori, secondo del punto di vista) club globalisti in tasca. Contando che è uno degli artefici massimi del fallimento del pd, il fatto che non sia ritirato in una sua personale Bettola, a differenza dell’ultrasputtanato Bersani, la dice lunga sugli appoggi sui quali può contare. A differenza di Giuliano Amato, l’altro papabile nella ristretta rosa di Giorgio II Napolitano e antemarcia del “modello Cipro”, Enrico I non ha ancora scippato dai conti correnti i sudati risparmi degli italiani e in tal senso è “verginello”. La famiglia Letta è un po’ come la potente e discussa famiglia Borgia ai suoi tempi: sempre presente quanto il prezzemolo. “C’è sempre un Letta al governo”, si è detto giustamente in passato. Infatti, se le elezioni le vinceva il centro-destra c’era lo zio Gianni, segretario della presidenza del consiglio e consigliere di camera del cav, mentre se vinceva il centro-sinistra c’era lui in persona, giovin di belle speranze e ministro.

State pur certi che quelli andati li ricorderemo come “bei tempi”, nonostante Monti, Fornero, Bersani e ancora Napolitano alle spalle, perché quelli che verranno saranno sicuramente peggiori. Come se non bastasse Letta, capo del governo provvisorio d’occupazione euroglobalista, Napolitano “semipresidenzialista alla francese”, ma nella realtà il solito figlio di puttana dei potentati esterni, oltre a designare il capo del governo si arroga ben due poteri: uno costituzionale, cioè quello di sciogliere le camere, e l’altro, di fatto e di ricatto, cioè le sue dimissioni, con automatica impennata dello spread e annesso attacco speculativo internazionale.

Bersani con Monti: un’immagine dal recente passato. Una fotoricordo dell’epoca della grande crisi. Li rimpiangeremo fino alle lacrime, i due nella fotoricordo? Chissà … ma i dubbi, purtroppo, son pochi.

In fede antisistemica