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Democrazia in Rete

di Luciano Fuschini - 01/07/2013

 


 

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Un’intervista di Serena Danna a Casaleggio, riportata dal sito Comedonchisciotte, finalmente ci offre un quadro preciso del pensiero di questo personaggio che ama stare dietro le quinte pur essendo il vero teorico del Movimento Cinquestelle.

Egli è convinto che la Rete rivoluzionerà ovunque le istituzioni rendendo possibile la democrazia diretta, nella quale i rappresentanti del popolo ne saranno soltanto i portavoce, revocabili in qualunque momento.

Sono idee meno nuove di quanto si pensi.

Rousseau nel Settecento e gli anarchici nell’Ottocento, pur non immaginando che un giorno si potesse disporre della Rete, avevano prospettato qualcosa di simile. Potrebbe sembrare strano, avendo presente la durezza della dittatura sovietica, ma lo stesso Lenin, che la fondò, nelle sue opere teoriche, prima della presa del potere, ipotizzava una vera e propria estinzione dello Stato, inteso come apparato burocratico-repressivo, a favore di una democrazia diretta in cui vigesse la rotazione delle cariche dirigenti e la revocabilità in ogni momento dei rappresentanti del popolo.

Riproporre il tema della democrazia diretta ha il grande valore politico di rimettere in discussione una democrazia rappresentativa che proprio in Occidente e in questi anni mostra tutta la sua falsità e inadeguatezza.

Tuttavia l’impostazione di Casaleggio ignora quello che è invece il tema decisivo della politica, quello che rappresenta il vero discrimine fra le varie forme di organizzazione della società: i meccanismi di selezione delle élite.

Casaleggio elude il problema teorizzando una democrazia diretta che esclude lo stesso concetto di élite dirigente, negando pertanto che a chi amministra la cosa pubblica si richiedano competenze specifiche, non alla portata di tutti.

Chi ragiona come lui presuppone una saggezza popolare che finora non si è espressa perché i ceti dirigenti le hanno impedito di esprimersi.

In realtà il valore dell’uguaglianza si dà nel solo àmbito della dignità della persona.

Il bracciante analfabeta ha diritto a vedersi riconosciuta la stessa dignità di persona del docente di scienze politiche, o di economia, o di diritto, o di sociologia, ma non ha il diritto di accampare le stesse loro pretese di competenza nell’amministrazione della cosa pubblica. Su questo scoglio si infrange l’utopia dell’uguaglianza in una democrazia in cui ognuno, obbedendo alla legge, obbedisce a se stesso in quanto legislatore.

Allora cosa resta fattibile del progetto avveniristico di Casaleggio?

Rimane la richiesta di una riforma costituzionale che preveda il referendum propositivo e senza quorum.  Rimane l’obbligo per tutti i candidati alle elezioni di risiedere nella circoscrizione in cui si presentano, in modo che siano noti agli elettori.

Pretendere dalla Rete una palingenesi è prospettare l’ennesima attesa illusoria.

Casaleggio ritiene che la Rete sia incompatibile col capitalismo, perchè permette di usufruire gratuitamente di beni non mercificati. Però quando prevede come molto probabile un’altra guerra mondiale, la configura come lo scontro fra il mondo della Rete democratica e quello degli autoritarismi, vale a dire la Cina, la Russia, l’Islam militante.

In definitiva, tutto il gran parlare di democrazia diretta e di nuovo mondo approda alla visione del conflitto finale fra l’Occidente democratico e i malvagi assolutismi di un Oriente autocratico.

Scopriamo così che il teorico della rivoluzione attraverso la Rete resta ben dentro gli schemi di un mondo la cui decadenza esige l’adozione di parametri di riferimento molto più radicalmente alternativi dei suoi.