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Sinai: Base USA?

di Nasser Kandil - 18/08/2013



sinaiDiscussioni, studi, seminari e workshop sul Sinai e la sua importanza strategica si svolgono negli Stati Uniti. Alcuni ricercatori sono giunti a due possibili equazioni che si riassumono dicendo che la sicurezza di Israele dipende non dal Golan siriano ma dal Sinai, e che la sicurezza di oleodotti e gasdotti dipende dal Sinai non da Homs in Siria. Altri rilevano l’importanza strategica del Sinai in Egitto rispetto ad al-Qusayr in Siria; tenendo conto della frontiere terrestri e marittime dei due Paesi, il Sinai è strategicamente più importante della Siria.
Di solito, tale interesse dei centri di ricerca su un particolare argomento non è privo di scopo e non si limita a scambiare opinioni, reagire o esagerare un evento su sicurezza o politica, tanto più che gli organizzatori di questi workshop sono anche i responsabili delle politiche del settore. Diversi studi condotti forniscono una pletora di informazioni importanti sul Sinai, concentrandosi in particolare sulla geografia che offre due aree costiere, zone montuose e un vasto deserto che rispondono, quindi, alle condizioni richieste dal Pentagono per creare basi militari permanenti. Anzi, mezzo milione di abitanti distribuiti su 60000 kmq significa che l’area di questa regione è trenta volte maggiore di quella di Gaza, mentre la sua popolazione è quattro volte inferiore. In altre parole, il Sinai è centoventi volte meno densamente popolato di Gaza, mentre la sua superficie è pari a tre volte quella di tutta la Palestina, sei volte quella del Libano e dei territori occupati nel 1967 e 1948. Inoltre, attraversato dal gasdotto del Sinai attualmente attivo, che trasporta gas egiziano in Giordania attraverso la Palestina, potrebbe anche ospitare condutture dai Paesi del Golfo al Mediterraneo.
Geograficamente, il Sinai occupa entrambe le rive del Golfo di Aqaba, fronteggiando le coste saudite sul Mar Rosso e lo stretto di Bab al-Mandeb, sbocco marittimo dei Paesi del Golfo verso le coste di Yemen, Somalia, Sudan, Eritrea ed Etiopia. Adiacente ad una delle due sponde del Canale di Suez, si affaccia anche sul Mediterraneo aprendosi in profondità sull’Egitto per terra e per mare, e fiancheggiando Giordania, Gaza e Neghev. Inoltre, può ospitare infrastrutture come basi per portaerei, missili da crociera, missili Patriot, stazioni radar giganti, stazioni di ascolto e comunicazione via satellite, e basi per le forze terrestri statunitensi, che potrebbero arrivare a centomila soldati con la garanzia di essere completamente isolati dalla popolazione locale. Altri studi si sono concentrati sulla storia risalente ad Abramo, affermando che il Sinai è la culla della civiltà e delle religioni. Basandosi, tra le altre cose, sul lavoro di Kamal Salibi, sottolineano che la Torah è nata nella penisola arabica ed i primi seguaci di giudaismo, cristianesimo e islam sono nati  lì, per non parlare della dinastia monoteista degli Hyxos che precedettero e governarono l’Egitto e il Bilad al-Sham [i Paesi del Levante].
E’ improbabile che questi studi siano oggetto di una rinascita d’interesse in un momento in cui le equazioni regionali, calcolate e imposte dagli Stati Uniti possano essere sovvertite dal rapido sviluppo della situazione in Egitto e dalla permanenza di Bashar al-Assad e dei pilastri istituzionali siriani. No, questi studi rimessi all’ordine del giorno non possono essere casuali, tanto più che gli Stati Uniti sono in procinto di adottare una nuova equazione basata su una minore dispersione delle forze e una ritirata strategica su nuove grandi basi, focalizzate su Asia e Africa, prima di avventurarsi nel ridispiegamento su mari e oceani. Tuttavia è ancor più probabile che la politica di sicurezza degli Stati Uniti dovrà ora concentrarsi sul Sinai. Questo può richiedere mesi e persino anni in cui si testeranno le diverse opzioni. Tra tali opzioni vi è trasformare questa zona in un rifugio per le varie reti di al-Qaida, in cui droni statunitensi potrebbero continuare la loro azione, o trasformarla in un rifugio per i Fratelli musulmani, che per la loro continuità geografica con gli altri Fratelli di Gaza, gli permetterebbe di lanciare una guerra aperta contro il caos in tutto l’Egitto. Un’altra opzione più fattibile sarebbe utilizzare ogni opportunità creando operazioni fasulle che, facendo finta di minacciare Israele, soprattutto la vicina Eilat, giustifichino il controllo diretto sul Sinai attraverso gigantesche basi militari, divenendo così la più grande portaerei degli Stati Uniti nel mondo.
Questo controllo degli Stati Uniti sul Sinai sembra essere diventato l’obiettivo strategico del momento. Da lì, sarà possibile compensare la perdita delle ricchezze petrolifere e gasifere dovute al loro scacco in Siria. Da lì, la sicurezza d’Israele sarà sotto il loro diretto controllo, così come Asia, Africa e Paesi del Golfo non potranno sfuggire alla loro vigilanza. Pertanto, si può dire che gli Stati Uniti si sono riallineati, ma non sconfitti! Gli occhi degli Stati Uniti sono puntati sul Sinai. Facciamo lo stesso, soprattutto gli egiziani e il loro esercito, ora che per il controllo del Sinai minaccia la sovranità dell’Egitto, sovranità che esige di liberarsi dai vincoli unilaterali degli “accordi di Camp David.”


Articolo tradotto dall’arabo da Mouna Alno-Nakhal
Nasser Kandil è libanese, ed ex-vicedirettore di Top-News-Nasser Kandil