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La moneta cattiva scaccia la buona

di Cristoforo Barberi - 18/08/2013

 


 

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La legge di Gresham, finanziere inglese, enunciata nel 1551,stabilisce che la cattiva moneta in circolazione scaccia quella buona. In parole povere le monete consumate o addirittura manomesse, diminuendo di peso, perdono il valore intrinseco, essendo di materiale prezioso, rispetto a quelle fior di conio.

Si creano così due sistemi monetari, uno gestito dai furbi e da chi può accumulare ed uno corrente usato dai fessi, dai poveri e da chi è costretto a farle circolare. I primi conservano e incassano monete nuove, pagano con le vecchie, i poveri non hanno tempo o possibilità di scelta ed usano le monete più correnti che sono come sono.

Sembra una banalità ma si creano due economie su piani diversi.

Questo concetto era stato addirittura descritto da Aristofane nella commedia “ Le Rane” ben quattro secoli prima di Cristo.

Questo chiaro concetto può essere esteso a vari campi dell’economia nel senso che ogni irregolarità danneggia la parte sana dell’economia stessa. Più si estendono sistemi irregolari, nel breve periodo apparentemente più vantaggiosi, più cresce la povertà generale nel lungo periodo. Alla fine non c’è più ricchezza per nessuno!

Il lavoro in nero oltre che irregolare danneggia il lavoro in chiaro. L’evasione fiscale danneggia il sociale. La concorrenza sleale ruba mercato all’economia regolare. L’offerta eccessiva fa calare i prezzi; sono cose che tutti possiamo riscontrare nella realtà odierna; ma si comincia ad intravvedere la fine che si farà.

La globalizzazione che permette una vasta mobilità dei popoli illude i poveri ad abbandonare i loro paesi, anziché spingerli a svilupparli, e li incanala verso i paesi più ricchi con il miraggio che sia conveniente per tutti. Per i poveri vale l’aspirazione ad un miglior tenore di vita, per i ricchi vale il calcolo di disporre di maggiore manodopera onde supplire alle carenze create dallo stato sociale, che permette ancora a molti di loro di vivere senza lavorare.

Una visione un po’ miope perché non considera i numeri della demografia: i ricchi destinati a diventare poveri sono circa un miliardo di esseri umani, i poveri sono circa cinque miliardi e saranno destinati solo ad essere solo un po’ meno poveri. I primi sono in forte decrescita, i secondi in crescita esponenziale. Il pianeta quindi può già specchiarsi, per il futuro, in quello che oggi sono la Cina o l’India; non potrà andare meglio.

Vale sempre il vecchio concetto che disponendo di una sola torta se la mangiamo in quattro le fette avranno una dimensione, se la dividiamo in venti, ammesso che basti, le fette avranno ben altra dimensione.

Chi si sposta verso i paesi ricchi apparentemente contribuirà all’arricchimento ma alla lunga scardinerà il sistema sociale: sanitario ed assistenziale. Il loro alto numero accrescendo la domanda di lavoro abbasserà i salari prima e gli stipendi poi, quando arriveranno poveri ma saranno diplomati o laureati.

In Italia ad esempio il salario base di un lavoratore non qualificato è ormai di trecento euro al mese, dieci euro al giorno, un euro l’ora. Ciò era assolutamente impensabile solo cinque o dieci anni fa.

E dire che esperti economisti e governanti per anni hanno sostenuto che ciò era una risorsa: lo è stato per tutti coloro che sfruttano questa gente. La vera risorsa sarebbe stato potenziare la crescita ordinata dei paesi poveri, combattere la corruzione e la cattiva ridistribuzione delle ricchezze naturali o prodotte dall’uomo nei loro paesi.

Può sembrare che queste idee siano false o che nascondano l’egoismo di chi avendole capite vuole essere lasciato in pace.

Non è così perché la famosa torta deve prima essere ingrandita e ciò è possibile operando proprio nei paesi poveri dove gli spazi sono enormi, le ricchezze naturali più abbondanti e braccia e menti molto più numerose.

Tornando al discorso della moneta, se importiamo povertà aumenteremo la povertà, se aumentiamo il lavoro nero sarà a scapito di quello in chiaro, se impostiamo una economia irregolare sarà a scapito di quella regolare, se salta lo stato sociale salta per tutti.