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Quell’erotismo così cristiano. Quando la morale è la via al (vero) piacere

di Gian Maria Bavestrello - 14/01/2014

Fonte: heimat


L’attesa, il sogno che prende forma, il desiderio che cresce, il pudore che lentamente lascia spazio e tempo all’intimità. Infine il coronamento della passione, e il corpo di lei che si concede senza filtri, senza schermi di lattice, vita pronta a generare vita, terra fertile, vergine, pronta a ricevere il seme maschile. Quanto sa essere erotica la modellistica cristiana, e quanto potrebbe essere fecondo uno dei rapporti tra i più complessi, taciuti e fraintesi della storia!

Tacciato di essere nemico del corpo, della passione e del desiderio, l’amore cristiano tocca il vertice dell’erotismo come nessun’altra dottrina, in materia, sa fare. Tantomeno dal sessantotto in poi. Anzi. La sessualità laica e post-sessantottina della nostra epoca, benché apparentemente libera e priva di tabù, aperta ai più diversi gusti del singolo, appare indotta, sterile, ipocondriaca e nevrotica. Si scinde schizofrenicamente tra l’attrazione verso la carne e l’ansia contraccettiva. Induce e coltiva fantasie attraverso la pornografia più o meno esplicita, spostando il punto sorgivo del desiderio nella sfera cerebrale a discapito della pura istintualità sita nel basso ventre.

Questo è il primo atto di de-naturalizzazione del sesso, gesto che trasforma l’intimità in un oggetto di dibattito ossessivo, di aspettative malriposte, di fraintendimenti, di misura della realizzazione personale, di frustrazione destinata a far capolino sul lettino di uno psicanalista. Il secondo è l’insistenza con cui molti sessuologi o presunti educatori sessuali insistono sulla neutralizzazione dell’atto sessuale propriamente detto: la penetrazione maschile nella vagina. La strategia è duplice: da un lato la presunta auto-sufficienza dei preliminari, a dispetto dell’ etimologia; dall’altro il mito del “preservativo”, che è quanto di più anti-erotico la mente umana possa immaginare. L’atto d’indossare il preservativo, i 10-15 secondi che interrompono carezze ed effusioni, ghigliottinano ogni autentica aspirazione erotica, depotenziando l’atto a mero esercizio ginnico e privando la coscienza di quelle emozioni sottili e vibranti che decidono quanto intensa può essere l’esperienza del sesso. Il preservativo non è sesso, è al contrario la negazione della sessualità e cioè del contatto intimo, spontaneo, trasmutativo e totale tra gli organi genitali.

E’ il cristianesimo, paradossalmente, a riabilitare l’eros e a garantirne ancora, tra polemiche accesissime, la pensabilità: non solo condannando la pornografia esso suggerisce di mantenere l’immaginazione in quell’equilibrio altrimenti minacciato dall’influenza di immagini esterne, prive di sviluppo interiore e di completezza sensoriale; non solo, dunque, evita che l’ impeto di una fantasia sviata contamini e corroda un desiderio impegnato nel proprio percorso di crescita ed espansione, ma concepisce il sesso nella sua pienezza, giudicando illecito ogni atto contraccettivo. Anche il coito interrotto, che priva uomo e donna del culmine erotico, della gioia più intensa, di ciò che spiega, in ultima istanza, la sottile ragione di quell’alchimia chiamata amore che la natura sollecita in noi. E’ sorprendente notare come l’immoralità coincida, sia in questo caso che nell’uso del contraccettivo, con la castrazione del piacere, con la sua menomazione, con la sua decurtazione, che interviene anche qualora la donna usi contraccettivi per via orale. L’essenza dell’eros non è tanto nell’atto in sé, quanto nelle possibilità dischiuse da quest’atto, nella potenzialità generativa del coito, nell’apertura di una nuova dimensione inevitabilmente rischiosa e densa di incognite.

Nulla, sul piano sessuale, è più edonistico del cristianesimo, impegnato da secoli a costruire una modellistica fondata sull’attesa, sul piacere della scoperta, sull’invito a procedere fino alle conseguenze ultime di questo viaggio, a viverlo nella sua interezza senza paura, andando incontro alla vita nella sua inesplicabilità.

Certamente le obiezioni saranno molteplici: l’importanza di proteggersi da malattie veneree, di prevenire gravidanze indesiderate, la libertà di vivere esperienze pre-matrimoniali o al di fuori del matrimonio, specialmente in un’epoca in cui ci si sposa in tarda età anche per ragioni contingenti legate a studio o lavoro.

Tutto vero. Non è possibile liquidare semplicisticamente questi temi né agevole proporre la morale sessuale cristiana nella sua integrità. La questione è però un’altra: è collocare nella loro giusta posizione le diverse istanze. Da un lato una modernità laica e pansessualista, di sentimenti liberali, con il gusto della pornografia oscena ma nemica di un erotismo vissuto come rischio inaccettabile, contrario all’integrità biologica come valore assoluto e all’utililità individuale come misura del bene morale (non a caso l’educazione sessuale è innanzitutto un’educazione nei confronti del rischio e dunque un’educazione anti-erotica);  dall’altro il cristianesimo, così rigido nelle sue richieste di gestire la propria vita sessuale e tuttavia instancabilmente proteso verso l’eros. Così austero nella sua propaganda e tuttavia costantemente rivolto alla cura del desiderio in vista di una sua compiuta soddisfazione. Chi è il “bigotto”?