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Hollande, i guasti del puritanesimo all'americana

di Massimo Fini - 19/01/2014

Nella conferenza stampa di martedi' François Hollande a un giornalista che gli chiedeva della sua relazione con un'attrice, rivelata dal settimanale scandalistico Closer, con appostamenti dei suoi fotografi davanti all'abitazione dove si sarebbero svolti gli incontri, clandestini perchè Hollande è tuttora legato alla cosiddetta 'première dame', la giornalista Valérie Trierweiler, il presidente si è rifiutato di rispondere. E ha perfettamente ragione. Gli affari privati di un uomo politico (a meno, naturalmente, non si concretino in reati) non devono riguardare l'opinione pubblica ma solo i diretti interessati. Ma mentre 84% dei francesi ha fatto sapere, attraverso un sondaggio, che questa vicenda non sposta di un ette il giudizio, positivo o negativo, su Hollande e la stampa di quel Paese, almeno quella seria, si è comportata complessivamente con sobrietà, ponendo caso mai delle questioni sulla sicurezza del presidente, in Italia i principali quotidiani hanno dato grande risalto alla notizia, pubblicandola in testa in prima pagina, e 'Porta a Porta' vi ha dedicato una puntata con la presenza di due direttori di giornali specializzati in gossip e di alcune squibe che hanno subito trasformato la trasmissione, nonostante i disperati tentativi di Vespa, in un indegno pollaio.

L'insopportabile puritanesimo americano sta raggiungendo, insieme ad altre nefandezze, anche l'Europa. Negli Stati Uniti non si vota un Presidente ma la sua intera famiglia che, naturalmente, deve essere da 'Mulino bianco'. In Europa non era mai stato cosi', almeno fino a ieri (già il concetto di 'prèmiere dame', con ufficio e sei collaboratori all'Eliseo, contravviene questo civile costume).

In Italia il principale oggetto di questo pruriginoso e torbido interesse per gli affari sentimentali o sessuali di un uomo politico è stato Silvio Berlusconi. Col bel risultato di mettere sullo stesso piano vicende irrilevanti e atti gravissimi, spesso coperti dalla prescrizione ma sfociati alla fine in una condanna definitiva per una colossale frode fiscale (a proposito, ma quando costui comincierà a scontare la sua pena, invece di stare sempre a mezzo?). Il lettore mi puo' dar atto che io non mi sono mai occupato delle donne di Berlusconi (nè sul Gazzettino nè sull'altro giornale cui collaboro Il Fatto Quotidiano) e se in qualche caso l'ho fatto è stato per difendere il suo diritto ad avere la vita privata che più gli piace. Qualche anno fa l'Espresso mi chiese se non c'era proprio nulla che mi piacesse di Berlusconi: «Solo la discrezione di sua moglie». Veronica Lario infatti non si è mai posta come 'prèmiere dame', è sempre stata al suo posto, senza romperci i corbelli.

Confesso che rimpiango i democristiani di una volta. Che non ci hanno mai inflitto le loro mogli e tantomeno le loro amanti (eppure le avranno avute anche loro, le cose cominciarono a guastarsi con Craxi). Della moglie di Giulio Andreotti (di cui Gianni Letta ha giustamente lamentato la mediocrità della commemorazione che ne è stata fatta di recente in Senato) non sappiamo quasi nulla e dei suoi quattro figli ancor meno. Ci ricordiamo solo della sua efficentissima segretaria, Enea, ma questo è un fatto politico. Io rimpiango addirittura le mogli dei dirigenti sovietici che, prima di Gorbaciov e della sua insopportabile Raissa (distruggi un Impero e andrai a Sanremo) non comparivano mai in pubblico e la cui esistenza si scopriva solo ai funerali degli anziani mariti, infagottate in lise pelliccette di Astrakan. A questi bizzarri rimpianti ci costringe la devastante volgarità, dilagante in tutti i campi, dell'oggi.