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Questa legge elettorale é uno scandalo. Anzi due

di Gian Maria Bavestrello - 22/01/2014

Fonte: Heimat

Almeno due aspetti mi hanno colpito negativamente dell’ipotesi di legge elettorale sorta dall’incontro tra Renzi e Berlusconi. Tralascio i dubbi legati al ballottaggio di coalizione e al fatto che nessuna legge, in regime di bicameralismo perfetto,  è in grado di assicurare l’ “investitura” di un premier sostenuto da una maggioranza parlamentare. Questo perché l’esito della Camera può non coincidere con quello del Senato. Tralascio anche la domanda sul perché il 35,01% dei voti dovrebbe dar diritto al jackpot del 55% e sul perché non si preveda il ballottaggio in caso nessuna delle coalizione superi il 50% più 1 dei voti. Non credo ci sia risposta. Ciò che però mi ha suggerito queste poche righe è un vero e proprio scandalo che si continua a tramandare dal Porcellum ad oggi. Anzi due: le liste bloccate e le soglie di sbarramento.

L’Italia, lo sappiamo, è una Repubblica parlamentare. Il cittadino elegge i propri rappresentanti in camera e senato e si fa da parte, demandando a loro la responsabilità di votare la fiducia a un governo e di eleggere, ogni sette anni, il Capo di Stato. Posto che questi parlamentari “nominati” agiscono senza vincolo di mandato, e cioè non sono vincolati alle linee del partito, la sola e unica entità che siamo liberi di scegliere, quale sovranità rimane nelle mani dei cittadini? Proviamo a semplificare ancora: uno Stato in cui il cittadino non elegge né il Capo dello Stato, né il Presidente del Consiglio né i parlamentari che fiduciano il Presidente del Consiglio ed eleggono il Capo dello Stato, si può dire democratico? In uno Stato come questo la sovranità appartiene davvero al popolo?


La soglia di sbarramento, dal canto suo, viene giudicata da tempo necessaria per frenare la moltiplicazione dei partiti e la tentazione italica di scindere l’atomo, trasformando il Parlamento nel palcoscenico dell’individualismo radicale. Degli “one man party”. D’accordo. Ma a parte il fin troppo semplice aggiramento della barriera in sede parlamentare, dove per l’assenza del suddetto vincolo di mandato ognuno può trasformare il proprio scranno in una sorta di “stato sovrano”, indipendente dalla lista in cui è stato eletto, cosa ne è di quella che abbiamo sempre chiamato la sacralità del voto? Accade questo: voi votate un partito non coalizzato che rimane sotto la soglia dell’8%. Ipotizziamo che si fermi al 7,9%. Un risultato di tutto rilievo, che si traduce in oltre 3 milioni di cosensi. Il vostro voto, che nell’esempio fatto non appare nemmeno “minoritario” e “marginale”, viene annullato, sequestrato e ripartito tra i partiti main stream. Con tanti ringraziamenti. Almeno si avesse il buon gusto di non assegnare a terzi i voti dei partiti rimasti sotto la soglia, cancellando per la legislatura i relativi seggi! Ma no, sicuramente non sarebbe costituzionale. Ebbene chiedo: vale la pena giocare con queste regole oppure anche voi avete la sensazione che la partita sia ancora truccata?


A nulla vale l’obiezione che anche nei sistemi maggioritari forze numericamente significative vedano la propria rappresentanza azzerata o ridotta ai minimi termini. Nel maggioritario vigono regole diverse, prevale una logica altra, discutibile ma oggettiva e superiore ai capricci di politici più interessati a creare scenari artificiosamente favorevoli che a scoprire e applicare principi superiori di giustizia, armonia, equità, equilibrio. Quello, vale a dire, che dovrebbe fare un legislatore. Nel maggioritario, dicevamo, vige la logica uninominale, per la quale uno solo vince e tutti gli altri perdono. Nessun voto viene scippato, perché lo scopo di questo sistema non è assegnare i seggi in misura proporzionale ai voti, ma in ragione dell’affermazione numerica di un candidato su un altro. Questa è democrazia, o quantomeno una forma di democrazia, dove le regole sono terze rispetto alle ambizioni dei contendenti.