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La religione della terra

di Franco Arminio - 27/01/2014

Fonte: comune-info



Lightning storm

Finalmente sto meglio-sento di essere nuovamente legato alla terra!

Peter Handke


Non sono figlio di contadini. Non ho mai lavorato la terra, non vivo in campagna. Insomma, non ho molti titoli per parlare di agricoltura, vecchia o nuova che sia. In effetti io non conosco i nuovi agricoltori. Conosco gli anziani che una volta erano contadini. Li trovo sperduti in paesi sperduti. Hanno le radici in un tempo lontano e adesso sono qui in un tempo che non capiscono. Sono in esilio. Hanno sguardi e posture che a volte commuovono: il lirismo degli sconfitti. Tutto questo forse c’entra poco con le nuove attività agricole, di fatto un vecchio contadino mi fa più simpatia di un vecchio borghese. E sento che la via della campagna è la via del futuro. Non si tratta di dismettere la civiltà industriale, ma di metterla al servizio del mondo agricolo. Non so se lavorare la terra servirà a salvare il mondo, ma ho fiducia in chi fa il formaggio, mi piacciono i filari delle viti, gli alberi di arance, le balle di fieno. E provo simpatia anche per le terre vuote, per i paesaggi inoperosi. Mi piacciono i sassi, le crete, mi piacciono i cardi e i fiori che spuntano ai bordi delle strade.

La nuova agricoltura significa anche che lo sfruttamento della terra non deve essere forsennato. Fare poco e bene. Sono per un agricoltura poetica, anche se non so bene cosa possa significare e in che misura possa esistere. Di certo alcune cose non mi piacciono del contadino che si fa imprenditore agricolo: non mi piacciono, solo per fare un esempio, le buste di concime lasciate nei solchi, il disordine intorno alle masserie.

Non mi piace che neppure il fatto che le campagne sono troppo spesso abitate da persone che non lavorano i campi, ma stanno lì solo perché hanno trovato lo spazio per dare sfarzo alle proprie villette. Amo il grano che cresce. Amo gli orti e chi porta agli amici i prodotti degli orti. Mi commuove un amico che mi regala una bottiglia di vino della nuova annata.

Nella terra dovrebbe avvenire una nuova alleanza. I giovani insieme agli anziani, gli uomini e le donne. Dare alla parola contadino un prestigio che non ha mai avuto. In televisione oltre all’andamento della borsa si dovrebbe parlare dello stato del raccolto. L’unica avvertenza che mi sento di introdurre è che la terra non deve diventare una nuova retorica e così pure l’ecologia o lo sviluppo sostenibile o la decrescita. Lavorare in agricoltura non risolve niente se l’idea di fondo rimane quella del ricavo, se l’economia rimane il centro di tutto. Quando parlo di nuovo umanesimo delle montagne vagheggio una società in cui l’uomo si decentra, dismette vecchie e nuove arroganze, facendosi creatura tra le creature e non velleitario padrone di tutto.

La nuova agricoltura serve ad allontanarci dal’egoismo e dal disincanto, dalle tossine della società della comunicazione che sta producendo sempre più una comunicazione senza società. Gli umani che stanno nella terra possono abbrutirsi come quelli che lavorano in borsa, dipende molto dall’aria che tira. Una nuova spinta rivoluzionaria è fondamentale per evitare che tutto alla fine si risolva in furbizie ed egoismi.

Ho sempre pensato che un uomo che sappia usare il computer e riconoscere un pero selvatico è un uomo interessante. So che c’è tanto lavoro da fare per dare lavoro ai giorni nel settore agricolo. Ma io non posso fingere di guardare la faccenda da questa prospettiva. A me non interessa raccolto ma il grano che cresce, possibilmente coi papaveri dentro. Io non zappo, ma so che una passeggiata in campagna dà più energia di una passeggiata in città. So che abbracciare un albero dà un piacere che pochi esseri umani ti possono dare. So che un cibo fatto con ingredienti sani e freschi ti dà molta più vita di una vincita in borsa.

Dobbiamo essere molto generosi con chi lavora nei campi e con chi sta pensando a come organizzare meglio questo lavoro, come avvicinare i giovani alle fatiche rurali. I prossimi anni avremo molte persone su questa strada, e sarà un affollamento benefico. Nella terra c’è posto. Le persone possono incontrarsi, possono formare delle piccole comunità, democratiche e calorose. Alla fine l’agricoltura è anche una forma di preghiera. Si fa il cibo per il mondo, in fondo si aiuta la vita a rimanere in vita. C’è da pensare che la zappa ha qualche parentela lontana con la teologia. Contadini di tutto il mondo, ci sarebbe da pregare per voi, perché voi siete la più bella religione del mondo.

 

*Franco Arminio è scrittore e «paesologo». Questo articolo è stato pubblicato sul suo blog. Geografia commossa dell’Italia interna (Bruno Mondadori, 2013) è il suo ultimo splendido libro. Altri articoli di Arminio sono qui.