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Il denaro corrompe, ecco la dimostrazione della scienza

di Luca Aterini - 11/02/2014

Fonte: greenreport


 

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Tu non sei un lupo. Probabilmente non lavori neanche a Wall Street. Ma il denaro ti piace più di quanto vorresti ammettere, e ti rende famelico e disonesto, proprio come i broker sui quali si è gettata la macchina da presa di Martin Scorsese. E se invece non vale per te, sappi che è comunque questa la triste regola generale. Che il denaro corrompa lo si è sempre saputo, ma altra cosa è dimostrarlo: eppure ci sono appena riuscite due intraprendenti ricercatrici (proprio nella terra madre del lupo in questione, gli Usa), e una di loro è italiana doc. L’economista Francesca Gino, da poco promossa full professor a Harvard, e la co-firmatrice dello studio Time, Money and Morality, Cassie Mogilner, hanno condotto una complessa serie di esperimenti in laboratorio per giungere a questo risultato.

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«Abbiamo utilizzato diversi metodi per portare le persone a pensare al denaro oppure al tempo – spiega Francesca Gino a greenreport – Ricerche condotte da altri ricercatori in passato hanno dimostrato che il pensare ai modi in cui poter guadagnare denaro fa emergere il lato più egoista e autocentrato della persona. La nostra ricerca mette in luce anche un altro aspetto. Pensare al guadagnare denaro rende le persone più propense a comportarsi in modo disonesto. Per esempio, in uno degli esperimenti che abbiamo condotto i partecipanti dovevano comporre delle frasi con parole associate: nel primo caso al denaro, nel secondo al tempo e nel terzo a parole neutre. Poi tutti i partecipanti hanno completato un test, su cui venivano pagati a seconda del numero di risposte corrette (riportate da loro). I partecipanti nella prima condizione, quelli che avevano parole associate ai soldi, hanno mentito  in misura significativamente maggiore rispetto ai soggetti che avevano parole neutre o associate al tempo».

Lo studio, ancora in press su Psychological Science – la più quotata rivista scientifica di psicologia al mondo – dà corpo a un importante elemento di novità per una società i cui valori sembrano comunemente ruotare all’unico (o quasi) centro di gravità rappresentato dal dio denaro. È consolante sapere che anche la disciplina economica riconosca invece che non c’è solo quello. «Benjamin Franklin ha detto il tempo è denaro – ricorda Gino – ma tempo e denaro sono due risorse diverse. Le persone utilizzano denaro e tempo in modo diverso, e sono influenzati dal pensare a denaro e tempo in modo diverso. Le persone di solito si paragonano sulla base di queste risorse: quante ne hanno, e come le spendono. Pensare al tempo rende le persone più generose e propense a compiere atti di beneficienza e più stimolate alla ricerca di relazioni sociali. Come spendiamo il nostro tempo riflette chi siamo e, dato che ognuno di noi vuole mantenere una buona immagine di se stesso, corretta e morale, il focalizzarci sul tempo ci induce ad essere in linea con quest’insieme di rappresentazioni mentali».

Concentrarsi sul tempo sembra indurre nelle persone comportamenti più etici, ma anche sostenibili? Non è una domanda trascurabile, data l’urgenza ambientale che stiamo vivendo. Il lungo termine non sembra l’orizzonte temporale prediletto dalla nostra mente, ed è anche per questo che non è ancora chiaro come disegnare politiche in grado di coinvolgere i cittadini nella lotta, ad esempio, al cambiamento climatico. Su questo punto Francesca Gino si muove cauta, ma possibilista. Osservati dal lato sociale, i risultati dello studio dimostrano «che trovare il modo di riflettere su di noi e sul lungo termine può portare dei benefici nel campo dell’etica».

Ma anche dal punto di vista ambientale focalizzare l’attenzione sul tempo può portare vantaggi, come conferma Gino:  «Il tempo attiva categorie cognitive relative al Sé. Quindi il punto cruciale è pensare a chi siamo, evocare ricordi che richiamano il nostro Sè. Nessuno di noi vuole immaginarsi come una persona cattiva e sleale. Infatti in uno dei nostri esperimenti, i soggetti che avevano parole associate ai soldi baravano di meno se eseguivano il compito davanti ad uno specchio. In questo modo il semplice vedere la propria immagine riflessa allo specchio rendeva i soggetti più consapevoli del proprio Sé facendo diminuire la percentuale di soggetti che baravano». Se gli occhi sono davvero la finestra dell’anima, come recentemente dimostrato da un’altra ricerca pubblicata su Pnas, e le pupille si dilatano in caso di impegno mentale o attenzione emotiva (un ottimo indice dell’energia mentale), a questo punto il loro diametro dovrebbe essere massimo per lettori in vena di cambiamenti e per di decisori politici.

C’è infatti una speranza in più per chi, disegnando adeguate politiche che tengano conto di questo comportamento umano – una sfida importante per gli architetti sociali del nudge –, pensa si possa contribuire ad avere ricadute pratiche per migliorare una società come la nostra, dove la disonestà sembra dilagare e la sostenibilità ambientale rimanere l’ultimo dei pensieri.