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Il contrattacco degli Stati Uniti in America Centrale

di Nil Nikandrov - 18/02/2014



el_salvador_mapDopo il recente vertice della Comunità degli Stati latino americani e caraibici (CELAC), dove gli Stati Uniti non erano presenti, Washington cerca di vendicarsi in America Centrale. Il 2 febbraio vi sono state le elezioni presidenziali e parlamentari in El Salvador e Costa Rica. La maggior parte delle previsioni indicavano la possibilità che i politici di sinistra andassero al potere in questi Paesi: in Costa Rica il leader del Fronte Ampio, Jose Maria Villalta, e in El Salvador, Salvador Sanchez Ceren, candidato della Fronte di Liberazione Nazionale Farabundo Marti (FMLN). Non è stato escluso che ci potrebbe essere un secondo turno alle elezioni, in quanto in entrambi i Paesi vi sono numerosi candidati presidenziali, l’elettorato è diviso ed è difficile ottenere abbastanza voti per vincere. Questo è ciò che è avvenuto.
In Costa Rica, Villalta è stato inaspettatamente eliminato dalla corsa presidenziale, dopo aver preso il terzo posto tra i candidati. La campagna propagandistica condotta contro di lui dagli oligarchi locali e dall’intelligence degli Stati Uniti, che lo ritraevano come “agente bolivariano” finanziato dai Paesi “populisti”, ha svolto un ruolo. “I miei avversari non mi potevano accusare di corruzione, così mi hanno chiamato comunista” lamenta Villalta. Ora Araya Monge, candidato del Partito di Liberazione Nazionale, e Luis Solis Rivera del Partito d’azione dei cittadini, la cui piattaforma politica è descritta dai media come “di sinistra”, si batteranno per la vittoria. Tuttavia, non bisogna farsi illusioni. La “sinistra” di Solis Rivera è molto dubbia. Era sempre nell’ambasciata statunitense da quando studiava presso la Tulane University di New Orleans e presso l’Università del Michigan, alla Fulbright Scholar. Solis Rivera potrebbe essere definito seguace della politica di Oscar Arias, l’ex presidente del Costa Rica e agente d’influenza di Washington in America Centrale utilizzato per attaccare sempre i “regimi populisti”. Washington ha assicurato che manterrà il controllo del Costa Rica, indipendentemente da quale dei candidati rimanenti trionfi al secondo turno il 6 aprile. Gonzalo Gallegos, inviato in Costa Rica dal dipartimento di Stato nell’agosto 2013, è responsabile del risultato voluto dagli Stati Uniti. Conobbe l’ambiente locale 20 anni fa, durante il suo primo incarico all’estero, quando era direttore del Centro Culturale Costaricense-Nordamericano tradizionalmente usato come copertura dagli agenti della CIA. Maturò ulteriore esperienza presso gli Interessi degli Stati Uniti all’Avana e poi fu in Nicaragua, Colombia, e Trinidad e Tobago. La sua laurea in National Security Strategy del National War College testimonia la natura delle sue attività. Fu anche responsabile della cooperazione tra il dipartimento di Stato e il Pentagono. Tra i compiti di Gallegos durante il suo incarico in Costa Rica, vi è il rafforzamento dei legami militari e garantire l’uso del territorio del Costa Rica per il dispiegamento di navi dell’US Navy ed aerei dell’US Air Force. Gli Stati Uniti hanno ottenuto il via libera per espandere la propria presenza militare nel Paese nel 2010, quando Laura Chinchilla andò al potere. Era in sintonia con gli argomenti dell’ambasciata statunitense: il Costa Rica è un Paese attraverso cui la droga passa per gli Stati Uniti. Il Costa Rica non ha un proprio esercito, così è implicito che l’aiuto statunitense sia necessario nella lotta al traffico di droga. Chinchilla persuase facilmente il parlamento che tale collaborazione fosse necessaria. Inviò una nota sul tema dell’ambasciata degli Stati Uniti ai legislatori, senza tradurlo dall’inglese allo spagnolo. Secondo le agenzie stampa, i rappresentanti votarono quasi all’unanimità a favore. Forse è per questo che il Costa Rica è sempre più chiamato “protettorato degli Stati Uniti”. L’americanizzazione del Paese procede a un ritmo accelerato.
Nei momenti di picco della “guerra al traffico di droga” o degli “interventi umanitari”, vi sono  decine di navi nelle basi, dalle portaerei ai mezzi anfibi, aerei da combattimento e almeno tremila soldati, marines e agenti dei servizi segreti. Il Costa Rica è parte della zona strategica creata da Washington al fine di controllare un ampio territorio ricco di idrocarburi, risorse minerali e acqua.  Punti strategici di tale zona sono in Florida, Puerto Rico, Colombia, Honduras, Panama, Haiti e le isole di Curacao e Aruba… la collaborazione del Costa Rica nella militarizzazione statunitense della regione è percepita con allarme in Nicaragua, essendovi controversie territoriali irrisolte nelle relazioni bilaterali dei due Paesi, in particolare sul fiume San Juan. Il problema è reso più acuto dalla costruzione imminente del Canal Grande nicaraguense, nella zona adiacente. Si è teorizzato che Washington stia deliberatamente cercando di fomentare il conflitto tra Costa Rica e Nicaragua contro questo imponente progetto cinese-nicaraguense.
In El Salvador, il candidato FMLN Sanchez Ceren ha ricevuto quasi il 49% dei voti. Il suo principale rivale, Norman Quijano dall’Alleanza Repubblicana Nazionale (ARENA), ha ricevuto il  10% di voti in meno. Il secondo turno si terrà il 9 marzo. Sanchez Ceren ha dichiarato che in America Latina un tale divario nei risultati è praticamente una garanzia di vittoria, ma il suo partito farà il massimo sforzo per ottenere ulteriori voti, prima di tutto tra coloro che hanno votato per la coalizione Unità (Unidad), che ha avuto il terzo posto (oltre l’11% dei voti). Secondo Sanchez Ceren, dopo il primo turno Elias Antonio Saca, candidato della coalizione di Unity, l’ha chiamato per congratularsi del suo successo. Ceren ha sottolineato: “Non ho alcun dubbio che nel secondo turno coopereremo”. Ha anche esortato imprenditori, organizzazioni civili, donne, giovani, tutti i salvadoregni di tutte le forze politiche solidali a sostenere lui e il suo partito. Va detto che ideologicamente Unità è più vicina ad ARENA, ma i conflitti tra i loro leader hanno spinto questo partito a negoziare con il FMLN. Sanchez Ceren, un ex-comandante della guerriglia marxista, è diventato un politico socialdemocratico ed è quindi fondamentalmente accettabile per Unidad.  Sanchez Ceren fu vicepresidente nella prima amministrazione del FMLN (2009-2014), guidata dal politico indipendente Mauricio Funes. La sua incoerenza e la preferenza per i dogmi neoliberisti in economia, e contatti occulti con gli statunitensi, hanno più di una volta evocato la censura della leadership politica del FMLN. Così nelle elezioni attuali hanno rinunciato al piano di usare un candidato presidenziale “indipendente”.
A giudicare dai risultati del primo turno, l’elettorato non ha perso la fede nel partito. Tuttavia, l’ex comandante sarà gradito dall’amministrazione Obama come presidente? Anche senza di lui ci sarà un piantagrane in America Centrale, il Nicaragua di Daniel Ortega. Fonte di molti problemi, mantenendo legami con Russia, Cina, Iran, Cuba e altri Paesi dell’ALBA, l’Alleanza Bolivariana dei Popoli della Nostra America. Per questo motivo, si può assumere che ora, dietro le quinte della campagna elettorale in El Salvador, l’ambasciata degli Stati Uniti si sia attivata per creare un blocco ARENA-Unidad. In tale caso, Norman Quijano avrebbe la chance di vincere. Si ricordi che nella campagna elettorale è assistito da Juan Jose Rendon, specialista in eventi di questo tipo che vive in Florida. I media latino-americani hanno scritto molte volte della sua responsabilità nei confronti della CIA. Ha lavorato con i colombiani Alvaro Uribe e Manuel Santos, il messicano Enrique Pena Nieto e altri, facilitando notevolmente la loro ascesa al potere. L’El Salvador ha stretti legami politici ed economici con gli Stati Uniti dove, secondo i dati ufficiali, almeno 2,5 milioni di salvadoregni (su 6 milioni) risiedono. Nel 2013 le rimesse raggiunsero i 4 miliardi di dollari. Ai salvadoregni viene costantemente ricordato, in varie forme, che un presidente ostile agli Stati Uniti distruggerà la consolidata armonia dei rapporti, che non può non incidere sulla loro prosperità. Nel rafforzare la propria posizione in America Centrale, gli Stati Uniti devono bloccare sia il processo d’integrazione nel quadro della CELAC, sia sviluppare il proprio piano, l’Alleanza del Pacifico.

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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora