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Venti di guerra nella striscia senza pace nel silenzio assordante della comunità internazionale

di Alessio Caschera - 16/03/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


L’obiettivo del governo ultradestra Netanyahu-Lieberman è chiaro: bisogna rioccupare Gaza. Del resto, a dirlo esplicitamente è stato il ministro degli esteri Lieberman, leader del partito xenofobo Yisrael Beiteinu, ai microfoni di Channel 2: “Dopo un attacco del genere non c’e altra alternativa che la piena rioccupazione della Striscia di Gaza".

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Non sembra esserci pace per Gaza e la sua gente. La scorsa notte una pioggia di piombo si è abbattuta su tutta la striscia, causando diversi danni e alcuni feriti. Il bombardamento israeliano è avvenuto in risposta al massiccio lancio di razzi artigianali verso le città di Sderot, Ashdod e Ashqelon, prossime al confine con Gaza. Come spesso accade in queste situazioni, quando a fronteggiarsi sono le fazioni palestinesi e l’esercito di Tel-Aviv, non è semplice capire chi abbia acceso la miccia. Certo, in questo caso la risoluzione dell’arcano non è particolarmente difficile: a provocare il lancio di razzi delle brigate Al-Quds, sono stati gli omicidi mirati di Tsahal. Nelle ultime settimane l’escalation di violenza nei confronti della striscia è cresciuta in maniera esponenziale.

L’obiettivo del governo ultradestra Netanyahu-Lieberman è chiaro: bisogna rioccupare Gaza. Del resto, a dirlo esplicitamente è stato il ministro degli esteri Lieberman, leader del partito xenofobo Yisrael Beiteinu, ai microfoni di Channel 2: “Dopo un attacco del genere non c’e altra alternativa che la piena rioccupazione della Striscia di Gaza”. La tesi del ministro è stata poi confermata da un altro membro dell’esecutivo, Steinitz, al vertice dell’ufficio per l’intelligence: “presto o tardi – ha dichiarato dovremo prendere il controllo di Gaza per sbarazzarci del regime di Hamas. Non c’è bisogno di occuparla stabilmente, basta rimuovere da Gaza chi spara razzi contro di noi. Quando verrà il momento – e il momento è molto vicino – l’operazione dovrà essere rapida”. Sembra tutto pronto,quindi, per una nuova guerra. E nonostante la tregua annunciata tra le parti, grazie alla mediazione egiziana, la situazione è tutt’altro che vicina alla normalizzazione, come suggeriscono diversi cooperanti internazionali presenti nella striscia. Ma, aldilà della retorica muscolare dei membri del governo, in realtà, una guerra vera e propria non converrebbe a nessuno. Non converrebbe sicuramente al premier Netanyahu, alle prese con i sommovimenti dell’opinione pubblica, dopo le imponenti manifestazioni antimilitariste delle scorse settimane, che hanno portato in piazza migliaia di persone tra ultraortodossi e giovani pacifisti. Più che un ingresso massiccio di truppe nella striscia, quello che Israele ha in mente sono piccoli, ma devastanti raid su obiettivi militari, per punire il lancio di razzi e per non mostrarsi del tutto insensibili verso le richieste dei cittadini che vivono ai confini con Gaza.

Del resto la questione palestinese è diventata quasi secondaria nell’agenda dell’amministrazione Netanyahu. Ormai con le nuove leggi, contrarie al diritto internazionale, sulle colonie, il governo ha sbaragliato le timide resistenze dell’ANP e del sempre più accondiscendente Abu Mazen, riuscendo ad imporsi con forza. Sul fronte palestinese, una guerra contro Israele sarebbe in questo momento controproducente, considerate anche le difficoltà di Hamas, dovute alla messa al bando e allo stop di ogni tipo di finanziamento da parte egiziana. Se l’esercito di Tel-Aviv entrerà a Gaza, di certo le milizie della resistenza non si tireranno indietro e, come annunciato, cercheranno di difendere ogni metro di quella che è diventata la più grande prigione a cielo aperto del mondo, ma difficilmente si arriverà a questo punto. Il lancio ripetuto di razzi artigianali è,ad oggi, l’unico strumento che hanno i miliziani per fare la voce grossa e rispondere alle continue violazioni israeliane. Israele lo sa e per questo difficilmente si esporrà più del dovuto, il gioco non varrebbe la candela. Ma a Tsahal piace provocare, per questo, se la situazione rimarrà su questo binario, potremmo assistere ad un remake dell’operazione “Pilastro di difesa”, intervento aereo massiccio dell’aviazione, ma senza un vero e proprio ingresso fisico di truppe.

A pagare il costo più alto saranno i civili, stretti nella morsa mortale tra Israele e il governo di Hamas, abbandonati da Ramallah. Se la tregua non durerà la guerra sarà inevitabile, e se ci sarà, a dare il via all’aggressione saranno le truppe israeliane. Tutto nel silenzio assordante della comunità internazionale, troppo impegnata a difendere i suoi interessi energetici in Ucraina, per rendersi conto che, se c’è qualcuno da difendere dalle aggressioni, non è il governo nazista di Kiev, ma il popolo palestinese, continuamente minacciato da un vicino così grande e potente che spesso fa paura.