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Renzi e Merkel uniti a Berlino

di Eugenio Orso - 18/03/2014

Fonte: pauperclass


Se Totò e Peppino, ai loro tempi erano divisi a Berlino, a causa di un muro mai abbastanza rimpianto, Renzi e Merkel ci sono parsi uniti sempre a Berlino, in letizia e relativa concordia. Sì, perché il “golden boy” del collaborazionismo nostrano se n’è andato in visita proprio là, nella tana del lupo posthitleriana. I crucchi gli hanno tributato persino gli onori militari, nonostante il disprezzo che covano per gli italiani e gli altri mediterranei. Angela Merkel, che se ne frega di quanto sangue costeranno le riforme in Italia, dice d’essere rimasta veramente impressionata, trattandosi di un cambiamento strutturale. Se ben ricordate, quando Monti ci massacrava con le controriforme, la Merkel dichiarava che era un piacere “lavorare” con Mario.

L’eurokapò Schaeuble, vero ministro delle finanze nell’euroreich, che ha incontrato il suo collega Padoan messo all’economia dai poteri esterni, avverte che non è rinviabile il “consolidamento delle finanze statali”. Qui sta il punto, il vero vulnus che farà cadere tutto il castello di carte renziano. Un futuro fatto di fiscal compact, tre per cento (o addirittura due virgola sei) non derogabile, riduzione forzata del debito al ritmo di cinquanta o sessanta miliardi l’anno. Il patto di bilancio europeo è sacro – almeno per l’Italia – e combinato con la soglia invalicabile del tre per cento deficit/ pil, impedirà automaticamente l’aggancio di qualsiasi ripresa o ripresina. Non ci vuole molto a capirlo, sempre che non si sia euroservi liberisti e per di più in aperta malafede.

Sono ancora attive tutte le gogne che l’eurolager riserva all’Italia e l’”allentamento del rigore”, alla fine della fiera, state pur certi non sarà possibile. Non si riforma l’irriformabile, cioè unione, trattati e moneta unica, e la distruzione del manifatturiero nazionale continuerà, a tutto vantaggio dei tedeschi. I toni a Berlino sono stati però concilianti, di parziale approvazione delle Renzi-riforme, essenzialmente perché si avvicinano le elezioni che rinnoveranno il parlamento europide. Ventotto paesi interessati con oltre mezzo miliardo di abitanti, ma fra un paio di mesi tutto sarà finito. Poi, dopo una pausa di relativa bonaccia – naturalmente se gli “euroscettici” non trionferanno ovunque in modo sorprendente e clamoroso – calerà la definitivamente la tela sui presunti sogni di Renzi. Senza che si cambi verso rispetto a questi anni di crisi indotta, di perdita completa della sovranità e di politiche recessive. Gli astuti crucchi cesseranno di fingere di approvare, seppur con qualche riserva, e non gli reggeranno più il sacco. A quel punto chiederanno a gran voce, e così la commissione e la bce, interventi drastici e urgenti per ridurre il debito e per restare sotto il tre per cento deficit/ pil. Possiamo immaginare cosa accadrà allo spread e quel che faranno i mercati.

In questi due mesi di trepida attesa il “golden boy” può scatenarsi, simulare il cambiamento con annunci a sensazione e incassare qualche buona parola dai veri potenti, ottenendo non la revisione degli accordi “in sede europea”, non l’allentamento del rigore, ma soltanto qualche simpatico buffetto sulla guancia. Per ora, gli è concesso di ritardare le manovre lacrime e sangue – che poi si faranno come nessuno al mondo e neppure in Grecia – in attesa del compimento del rito elettorale. E’ ancor giovane, ma dovrà crescere in fretta, mettendo da parte intemperanze e annunci, soprattutto dopo le elezioni di fine maggio. Se si brucerà in quattro e quattr’otto, poco male. Pioverà dall’alto una personalità tecnica, o presunta tale, per prendere il suo posto. Senza che sia necessario ricorre alle elezioni politiche, giacché il semestre italiano di presidenza ue e il probabile rincrudire della crisi lo sconsiglieranno.

In attesa di eventi drammatici per il paese che matureranno in estate, grazie ai media italiani – abili a nascondere o confondere la realtà come fanno sempre – abbiamo visto un quadretto liliale, confortante e trasparente. Renzi e Merkel uniti a Berlino, in concordia e letizia, nel confronto a testa alta fra due paesi chiave dell’unione europide. Per ora, niente più compiti a casa o punizioni dietro la lavagna. Grazie all’esperienza pregressa e le cupe prospettive future, noi però sappiamo bene che non è così.