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Tocqueville e Conchita Wurst

di Carlo Gambescia - 12/05/2014

Fonte: carlogambesciametapolitics







Al Visconte di Tocqueville  (quello  della Democrazia in America, la sottolineatura è per i nuovi amici di Facebook)  piacevano le donne.   Forse troppo. Era di sangue caliente.  Ma questa è un’altra storia… Cosa direbbe,  lui, uomo della prima metà dell’Ottocento di Conchita Wurst, la drag queen barbuta, uscita vittoriosa da quello che una volta era chiamato, più alla buona, Eurofestival? … Che hanno vinto  i picari, i commedianti girovaghi, gli imbonitori,  i fenomeni da baraccone.  
Per quale motivo?  Perché ha vinto l’eguaglianza,  l’inarrestabile macchina a vapore  dei moderni, genialmente preconizzata da  Tocqueville.   Il nostro Visconte colse una questione fondamentale.  Che la libertà  era  una cosa, l’eguaglianza un’altra. E che l’homo democraticus  -  da lui studiato da vicino nell’America jacksoniana -   tendeva   ad apprezzare  più l’eguaglianza che la libertà.     
Lezione inestimabile. E attuale.  Infatti,  in una  società, veramente libera,  ci si liberebbe con  una  risata dell’ uomodonnabarbuta Conchita Wurst.   E invece  no. Nella  società dell’eguaglianza a tutti costi - quindi non solo formale -  si deve condividere e  applaudire.  Perché altrimenti che eguaglianza sarebbe?  
Qualcuno penserà : Ma come? Grazie a Conchita  ha trionfato  la diversità?  Che c’entra l’eguaglianza?   Errore.  Non ha vinto la diversità  ha vinto  un modello di diversità,  che   si  cerca perfino di  imporre per  legge.   Perciò,  di qui  a qualche anno,  coloro che oggi non applaudono o addirittura osano ridere, potrebbero rischiare la prigione…