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Viene prima la Russia o la divisione destra/sinistra?

di Gennaro Scala - 14/05/2014

Fonte: Stato e potenza

 

Sono ancora molto attuali  i concetti (1), che riassumo brevemente, elaborati da Stalin a partire  dalla politica di Lenin nei confronti dell’“emiro afgano”. Essa sganciava i bolscevichi dalla divisione destra/sinistra: l’emiro afgano benché fosse espressione di forze feudali (di “destra”) nel contesto internazionale giocava un ruolo progressivo. (La fedeltà canina alle forze “progressiste e di sinistra” che ha distrutto il movimento comunista in Italia non fu caratteristica neanche di Marx).
 Tale principio è altrettanto valido oggi.  Chiediamoci: in Europa quali sono le forze che sono a favore della Russia di Putin? Per quanto riguarda i principali paesi Europei, in Germania maggiormente favorevole sembra la sinistra a partire dalle dichiarazioni di un leader storico del Partito Socialdemocratico come Gerhard Schroeder, oppure del leader di Die Linke Gregor Gysi, mentre invece in Francia più nettamente schierato per la Russia di Putin è il Front National di Marine Le Pen (il quale non è un partito neo-fascista). Per quanto riguarda l’Italia, sebbene Berlusconi (personaggio inconsistente e del tutto inaffidabile) sia stato rimesso in riga a furia  di inchieste della magistratura e di statuette in faccia, qualcosa degli antichi rapporti con Putin rimane, ad es. negli articoli de Il Giornale, a oggi il più obiettivo tra i giornali italiani sulle vicende in Ucraina, al contrario il Pd è forse il partito più anti-russo in Europa, mentre, tra le forze che rivendicano la loro appartenenza alla sinistra, le uniche decisamente schierate a favore della Russia sono gli ormai sparutissimi gruppi stalinisti-togliattiani (francamente non crediamo alla posizione filo-russa della Lista Tsipras viste le dichiarazioni della sua componente vendoliana).
 Questa panoramica molto generica è sufficiente a dimostrare che il sostegno alla Russia non ha un carattere né di destra né di sinistra, e neanche “rosso-bruno”, pensiamo al partito di Viktor Orbán di origine liberale. Come italiani dobbiamo appoggiare la Russia perché la deriva della politica statunitense sta creando enormi problemi al nostro paese, che ha perso quel residuo di autonomia di cui aveva goduto fino alla caduta di Berlusconi. A livello internazionale dobbiamo essere per un ordine multipolare in quanto favorevole ad una maggiore indipendenza nazionale. Quando l’indipendenza nazionale è messa seriamente in discussione, com’è il caso dell’Italia, la sua difesa non può essere una questione né di destra né di sinistra, ma bisogna chiamare a raccolta tutti coloro intenzionati seriamente a difenderla. Senza un sufficiente grado di autonomia nazionale non hanno senso le differenze politiche, perché qualsiasi partito vada al governo non potrà  attuare le proprie politiche, dovendo attuare le politiche imposte “dall’alto”.
Quindi è legittimo rivendicare l’eredità dell’antifascismo in quanto esso ha a che fare storicamente con le vicende ucraine, ma voler ricondurre la lotta contro i gruppastri neo-fascisti, strumento della politica di aggressione statunitense, alla sinistra è un grave errore politico, nel migliore dei casi, se non frutto di una manovra, da parte di alcuni, volta a riportare l’opposizione alla pericolosa politica di aggressione statunitense ed europea nell’alveo della sinistra, cioè di quelle forze che sono in Italia e in Europa, più decisamente anti-russe.
 In altri ambiti è giusto e normale che ognuno rivendichi la propria identità, ma per quanto riguarda la Russia sono convinto si debba porre tale rigida alternativa: o la Russia o la divisione destra/sinistra.

 
 
 
 
 
 Note:

1.  Stalin, Principi del leninismo:
“Nelle condizioni dell’oppressione imperialistica, il carattere rivoluzionario del movimento nazionale non implica affatto obbligatoriamente l’esistenza di elementi proletari nel movimento, l’esistenza di un programma rivoluzionario o repubblicano del movimento, l’esistenza di una base democratica del movimento. La lotta dell’emiro afghano per l’indipendenza dell’Afghanistan è oggettivamente una lotta rivoluzionaria, malgrado il carattere monarchico delle concezioni dell’emiro e dei suoi seguaci, poiché essa indebolisce, disgrega, scalza l’imperialismo, mentre la lotta di certi «ultra» democratici e «socialisti» «rivoluzionari» e repubblicani dello stampo, ad esempio, di Kerenski e Tsereteli, Renaudel e Scheidemann, Cernov e Dan, Henderson e Clynes durante la guerra imperialista, era una lotta reazionaria, perché aveva come risultato di abbellire artificialmente, di consolidare, di far trionfare l’imperialismo.
 La lotta dei mercanti e degli intellettuali borghesi egiziani per l’indipendenza dell’Egitto è, per le stesse ragioni, una lotta oggettivamente rivoluzionaria, quantunque i capi del movimento nazionale egiziano siano borghesi per origine e appartenenza sociale e quantunque essi siano contro il socialismo, mentre la lotta del governo operaio inglese per mantenere la situazione di dipendenza dell’Egitto è, per le stesse ragioni, una lotta reazionaria, quantunque i membri di questo governo siano proletari per origine e appartenenza sociale e quantunque essi siano «per» il socialismo. E non parlo del movimento nazionale degli altri paesi coloniali e dipendenti, più grandi, come l’India e la Cina, ogni passo dei quali sulla via della loro liberazione, anche se contravviene alle esigenze della democrazia formale,  è un colpo di maglio assestato all’imperialismo, ed é perciò incontestabilmente un passo rivoluzionario. Lenin ha ragione quando afferma che il movimento nazionale dei paesi oppressi si deve considerare non dal punto di vista della democrazia formale, ma dal punto di vista dei risultati effettivi nel bilancio generale della lotta contro l’imperialismo, cioè «non isolatamente, ma su scala mondiale»”.