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Il primo dei nostri problemi è il pd

di Eugenio Orso - 17/06/2014

Fonte: Pauperclass


Crisi strutturale, delocalizzazioni, disoccupazione massiva endemica, redditi popolari in calo, la morsa dell’euro? Certo, si tratta di questioni rilevantissime che stanno uccidendo l’Italia. Poi viene la corruzione politico-affaristica diffusa, che è un riflesso importante della crisi italiana complessiva.

Schiacciati dalle oligarchie finanziarie occidentali che hanno inventato la globalizzazione e l’unionismo europide, costretti in un semi-stato privo di sovranità alla mercé dei potentati esterni, gli italiani, in maggioranza, non capiscono da dove arrivano i colpi che ricevono in continuazione, non riescono a individuare il potere che li opprime, dandogli chiaramente un nome, un cognome e un indirizzo. Al punto di offrire il consenso al pd, che di questo potere è il principale servo nel paese, o la chiave di volta a livello nazionale, se si preferisce.

Allora per ridare una speranza d’indipendenza e riscatto al paese è necessario attaccare il pd, senza risparmiare i colpi. Una forza di resistenza organizzata e sufficientemente articolata sul territorio (se solo ci fosse!) dovrebbe avere come primo obiettivo la distruzione del pd.

Ricettacolo di collaborazionisti delle merchant bank e cane da guardia nostrano dell’eurolager, diffusore della peggior propaganda unionista e neoliberista, il pd costituisce il cuore del governo collaborazionista e ha in mano, ormai, gran parte delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche. Lo stesso sistema della corruzione diffusa, di matrice politico-affaristica, ha come primo riferimento la formazione euroserva (Greganti redivivo, Orsoni a Venezia, eccetera).

Si dirà che semmai il primo problema, per noi come per gli altri europei, è il sistema di potere sovranazionale che fa capo alla grande finanza, gestito dall’alto senza intrusioni della volontà popolare. Si dirà che il vero cuore di questo sistema è una classe dominante spietata, che si è divorata la vecchia borghesia proprietaria nazionale e che imperversa determinando politiche, trattati, governi. Si dirà, ancora, che gli strumenti di cui si vale sono gli organi della mondializzazione neoliberista, il controllo della moneta e le banche centrali private come la bce. Tutto vero, naturalmente, ma è bene comprendere che per attaccare la dimensione sopranazionale si deve prima “far pulizia” nella dimensione nazionale, spazzando via i servi locali. Per poter attaccare il nemico principale nella dimensione sopranazionale, prima bisogna partire da quella nazionale, a livello inferiore, eliminando con cura i suoi servitori e ascari, immediatamente raggiungibili e più vulnerabili.

Il motivo anzidetto mi consente di affermare che il primo dei nostri problemi è il pd, tolto di mezzo il quale aumenterebbero le speranze di indipendenza, di riacquisizione della sovranità monetaria, di ripristino delle produzioni nazionali e di livelli occupazionali decenti. Non sto parlando di dinamiche elettorali, di seggi, di vittorie alle politiche e alle amministrative, ma, esplicitamente, di una lotta di liberazione vera. Ecco che il pd diventa il punctum dolens per questo paese, o se si vuole l’ostacolo interno che ne impedisce la liberazione.

Alcuni l’hanno capito, sia pur confusamente, e cercano come possono di attaccare il pd, ma sempre, finora, in modo piuttosto blando e perciò destinato ad avere effetti marginali o nulli. Recentissima la notizia di un piccolo atto di vandalismo contro la sede piddina in via Forlanini a Firenze. Un ordigno di fabbricazione artigianale, piazzato nel cortile dello stabile che ospita la sede cittadina e regionale del partito collaborazionista, ha annerito una facciata e incrinato il vetro di una finestra. Azione spicciola e vandalica che la propaganda sistemica definisce pomposamente “terroristica”. Ebbene, non è certo questa la via per colpire il pd, procedendo con piccoli atti vandalici isolati, senza ottenere alcun effetto rilevante (se si escludono le necessità manutentive per ovviare al danno materiale). Altrettanto inefficaci, se non irrilevanti, sono state le azioni di protesta (dei No-Tav, dei Disoccupati Organizzati) contro la sede piddina nazionale di via del Nazareno in Roma. Per non parlare dell’imbrattare i muri di edifici che ospitano circoli pd, attività che lascia il tempo che trova porgendo il destro alla propaganda per gridare “al lupo, al lupo!”.

Sarebbe necessario togliere l’acqua al pesce con azioni sistematiche, nella logica di un’efficace controviolenza rivoluzionaria. Quanti sono i “circoli” del pd? Dal sito ufficiale della formazione euroserva risulta che ce ne sono di tre tipologie: territoriale, d’ambiente (luoghi di lavoro e/o di studio) e on-line. Se non erro, per quanto riguarda la numerosità sono un po’ meno di diecimila, con una buona dispersione territoriale nella penisola. Logico. Si tratta dell’unica formazione politica ancora ben strutturata, presente ovunque nel paese, coccolata dal capitalismo finanziario e sponsorizzata dai poteri forti esterni. Gran numero di sedi e dovizia di risorse.

Una popolazione rincretinita, indebolita e ricattabile può dare fin troppe “leve” e adesioni al partito collaborazionista. Più aumenta il disagio economico e sociale, più c’è il rischio di scivolare nelle bassure della piramide sociale, maggiori sono le possibilità di ricattare, di creare false speranze, di plagiare per il pd. Falsi tesseramenti a parte, sono centinaia di migliaia gli imbecilli, i ricattati, i vili che aderisco al pd (non ottocentomila come si strombazza, ma forse mezzo milione o qualcosa in più). In genere, costoro si sentono sicuri e credono di contare qualcosa, oppure lo fanno perché lobotomizzati, privi di capacità di critica, ridotti nella condizione di scambiare l’artefice del loro male per il salvatore. Per non dire delle clientele interessate.

Essendo migliaia i circoli del pd, dispersi in tutte le province da nord a sud, non ci sarebbero forze della repressione poliziesca sufficienti, con i numeri attuali, per metterli tutti sotto protezione ventiquattr’ore su ventiquattro per sette giorni settimanali.

Di seguito voglio dedicarmi a mere fantasie, cose che mai e poi mai oggi, per com’è l’Italia, potrebbero accadere. Prendetelo per un esercizio di fantapolitica.

Nel regno della pura ipotesi, senza riscontri nella realtà attuale, una forza nazionale di liberazione che avesse come primo obiettivo quello di mettere fuori gioco il partito collaborazionista, o almeno di ridimensionarne drasticamente il livello di consenso e di isolarlo nel paese, dovrebbe far tesoro delle considerazioni sviluppate finora. Anzitutto, niente azioni estemporanee, individuali, improvvisate, che avrebbero un impatto molto limitato provocando, al più, la caduta di qualche calcinaccio, l’imbrattamento dei muri o la rottura di qualche vetro. Niente tentativi d’irruzione di manifestanti disarmati in sedi importanti, come quella del Nazareno, che sono protette se non blindate, ma attacchi sistematici, pianificati, a sorpresa e ben distribuiti sul territorio nazionale, che si concentrerebbero contro circoli periferici poco vigilati, distanti da commissariati e caserme dei carabinieri, dove tutti si aspettano che nulla possa accadere. I danni materiali e biologici conseguenti avrebbero l’effetto di ridurre il consenso (della parte peggiore della popolazione) al partito euroservo, inducendo non pochi a prendere le distanze, a non rinnovare le tessere, ad andarsene a gambe levate, a non supportare apertamente. Questioni di sicurezza personale. Non andarsela a cercare, soprattutto se non si hanno ideali o non si ha il necessario coraggio per difenderli. Ciò toglierebbe progressivamente l’acqua al pesce, isolando sempre di più traditori e collaborazionisti nel contesto sociale, rompendo il filo clientelare che porta tessere e voti.

Tornando alla realtà, dopo un breve esercizio fantapolitico nel regno dell’immaginario, dobbiamo riconoscere che pur essendo il pd il primo dei nostri problemi, e quindi il nemico interno da sconfiggere, certe azioni vandaliche raffazzonate, come quella di Firenze della scorsa notte, si possono evitare per alcuni buoni motivi: a) i danni marginali, talora inesistenti, che si producono; b) il battage mediatico che sfrutta l’accadimento, a favore del sistema e del pd, ribaltando la frittata; c) la possibilità che un certo numero di azioni di questo tipo offra il destro per inasprire la repressione e colpire il dissenso. Buone ragioni per desistere e cercare forme di lotta più paganti, puntando con intelligenza a conseguire risultati. Con il peggiorare e l’estendersi della situazione di disagio sociale (siamo a sette milioni fra disoccupati e inoccupati “scoraggiati”), è possibile che i piccoli atti vandalici contro le sedi del pd si moltiplichino. Avanzando il malessere e il bisogno, si riesce a riconoscere più facilmente il vero nemico. Ciò non toglie, però, che queste azioni scoordinate, blande e improvvisate possono fare più male che bene agli stessi che le compiono. In mancanza di un chiaro progetto politico alternativo e di strutture organizzate di liberazione, il pd collaborazionista ed euroservo continuerà a tenere in pugno il paese (per conto terzi) e i danni ai suoi “circoli” potranno essere facilmente e prontamente riparati.

Chi vuol capire capisca …