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La Decrescita Felice

di Mauro Villone - 07/07/2014

Fonte: La Stampa


Rio de Janeiro - Favela di Vila Canoas

Qualcosa di molto utile e concreto per tutti

Secondo le filosofie orientali, e il buddismo in particolare, le quattro sofferenze fondamentali della vita sono: nascita, malattia, morte e…. crescita (e conseguente invecchiamento). D’altra parte è intuitivo. Anche un criceto, senza necessariamente essere illuminato, si rende conto che queste grandi trasformazioni della vita sono punti cruciali che causano, per forza di cose, sofferenza. D’altra parte si tratta di cambiamenti importanti, e proprio all’interno di essi è insito, almeno in parte, il misterioso significato dell’esistenza.  

Il punto è che la crescita globale (non individuale), di cui si ostinano a parlare politici con poche idee ed economisti miopi, è una cosa che in realtà non è degna di questo nome. La ragione è semplicissima. Anziché di sana vera crescita sul piano umano e del vero benessere e qualità della vita, si tratta di un aumento dello sbattimento in termini di lavoro, stress, consumi, raccolta rifiuti, depauperamento delle risorse e inquinamento, erroneamente valutato con parametri ormai non più sufficienti per dare una corretta idea di quello che è lo sviluppo di un paese. Parametri che convergono tutti in un unico fattore, considerato come una sorta di emanazione divina dai “senza idee”: il PIL.  

Per me è tutto chiaro, come un cristallo di quarzo. Per chi non lo fosse c’è un libro che circola ormai da quasi un decennio in Italia, e che non ha certo bisogno della mia tardiva recensione, il quale spiega nei dettagli come il PIL sia in realtà sì un parametro, ma che serve soltanto a dare una valutazione di come si spendano inutilmente più soldi ed energie per dare l’impressione dello sviluppo, quando in realtà si tratta di una sorta di anestesia globale. Serve per indurre la gente a non pensare alla perdita di valori profondi, di tradizioni, di qualità vera della vita, alla mancanza di significato e di equilibrio. Il libro si intitola “La Decrescita Felice” ed è scritto da Maurizio Pallante. 

Naturalmente, l’idolatrato (più uno straziante latrato che un ido) PIL è “intoccabile” perché serve ai produttori di cianfrusaglie di ogni genere a tenere bordone ai loro scagnozzi “senza idee” in posizioni chiave per continuare a perpetrare la truffa dello sviluppo, quando siamo in realtà in una situazione ormai insostenibile. Ma torniamo al libro che, oltre ad essere maneggevole, molto divertente e ricco di dati raccolti molto seriamente, è anche una riflessione umanistica di livello su quella che è la nostra vera situazione attuale. Se tutto ciò fossero “solo” buone idee di qualcuno, condivise da me poi…, sarebbe un conto. Peccato che il libro di Pallante abbia già venduto decine di migliaia di copie, e il Movimento per la Decrescita Felice, da lui ispirato e avviato, sia ormai una realtà consistente, in crescita (questa volta usato pertinentemente) in tutta Italia e in tutto il mondo. 

Una crescita così consistente da produrre la Prima Conferenza Nazionale, intitolata “DECRESCITA OCCUPAZIONE E LAVORO. UTILIZZARE I GIACIMENTI DI ENERGIA E DI MATERIA CHE SI SPRECANO PER CREARE OCCUPAZIONE UTILE SENZA ACCRESCERE IL DEBITO PUBBLICO”. 

Ha avuto luogo Lunedì 16 giugno scorso alla Camera dei Deputati, in via Campo Marzio 74, aula dei gruppi parlamentari, con diretta streaming sul sito www.decrescitafelice.it  

Per non dilungarmi ulteriormente rimando ai siti sottostanti per il programma che vi si è svolto nel corso della giornata e per le idee ivi espresse e dibattute. Per ora mi limito a segnalare quali sono stati relatori, oltre naturalmente a Maurizio Pallante: Giordano Mancini, Emanuele Piccinno (economista), Günther Reifer (Terra Institute), Marta Guindani (MDF), Luciano Monti (docente Luiss), Ermes Drigo, Mauro Sarotto, Claudia Salvestrini (Polieco), Alessandro Cascini, Consorzio Volkswagen, Giovanni Leoni, Cooperativa Coraggio, Gigi Perinello (Astorflex), Michil Costa (Terra Institute), Giuseppe Dalpasso. 

 

E alcuni dei temi trattati, delle idee prospettate e dibattute: 

• Sfruttare i giacimenti di energia e materia che si sprecano per arretratezza tecnologica. 

• Il numero dei disoccupati cresce. Eppure lavori utili da fare ce ne sarebbero. E sono lavori che ripagano i loro costi d'investimento, senza accrescere i debiti. Come mai gli economisti, i politici, gli industriali e i sindacalisti non li vedono? 

• Uscire dall'incantamento della crescita del prodotto interno lordo: non è la quantità, ma la qualità, che può rilanciare l'economia e creare occupazione utile. 

• Avviare una nuova fase economica fondata sulla bioeconomia. Può avere la stessa portata della ricostruzione post-bellica in termini di slancio progettuale, innovazioni tecnologiche, diffusione e miglioramento del benessere.  

• Promuovere il rispetto delle persone e degli ambienti per tornare a fare del lavoro un'attività che migliora il mondo e la vita degli esseri umani. 

• Come favorire la domanda di beni di qualità in modo da assorbire l'offerta dei prodotti immessi sul mercato dalla bioeconomia?  

• Con quali dotazioni finanziarie iniziali si può avviare una ricostruzione qualitativa dei danni arrecati agli ecosistemi dalla crescita quantitativa? 

• La nuova fase economica non è tutta da inventare. Esistono esempi concreti che chiedono solo di essere potenziati e moltiplicati. 

• La ristrutturazione energetica degli edifici: un'edilizia che abbatte i consumi energetici e produce più energia (pulita e rinnovabile) di quella che consuma.  

• La produzione energetica distribuita. Piccoli impianti finalizzati a ridurre le emissioni di CO2 nella misura proporzionalmente maggiore in relazione agli investimenti. L'autosufficienza energetica. Ridurre la dipendenza energetica del nostro paese. Riduzione progressiva dei finanziamenti pubblici con l'obiettivo di arrivare alla loro abolizione. Aumento dell'efficienza, riduzione degli sprechi, fonti rinnovabili, generazione diffusa. Microcogenerazione e solare termodinamico in piccoli impianti, fotovoltaico in piccoli impianti per autoconsumo con vendita delle eccedenze, minieolico, mini-idroelettrico con acqua fluente. 

• Valorizzazione della diversità biologica, la sovranità alimentare, settore agricolo svincolato dalle logiche delle grandi catene della vendita. Filiere corte, gas, agricoltura biologica di qualità, autoproduzione. L'autosufficienza alimentare. 

• Riavvicinare produzione e consumo. Commercializzazione diretta tra produttori e acquirenti 

• Recuperare le materie prime secondarie contenute negli oggetti dismessi. 

• La fase economica iniziata nel dopoguerra si è chiusa. Vogliamo smetterla di tentare di riproporre strategie che si sono rivelate inefficaci? Vogliamo cominciare a percorrere nuove strade? 

 

Bene amici. Ce n’è abbastanza per avere fiducia nelle possibilità concrete di cambiare. In tre parole: “di Crescere Veramente”.