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Un'Europa amerikana? No, grazie

di Ugo Gaudenzi - 07/07/2014

Fonte: Rinascita

L’avanzata delle forze nazionaliste e indipendentiste nell’Europa della cosiddetta “Unione” europea sta provocando una controffensiva su più fronti dei regimi liberaldemocratici di destra e di sinistra delegati da Washington (e - soprattutto -  dal centro reale, la grande finanza, del potere mondialista) ad  amministrare “il mercato” europeo.

Tale reazione puo’ essere identificata in tre essenziali direttrici.

L’immediata firma del Ttip, il trattato transatlantico di libero commercio che gli Stati Uniti vogliono imporre alla “loro” Europa già colonizzata per eliminare gli ultimi brandelli di sovranità economica, sociale e nazionale (con l’adozione di tribunali di arbitrato in grado di fare tabula rasa di ogni norma, legge o consuetudine emanata per la tutela e la protezione di lavoro, sanità, ambiente o imprese strategiche,  da parte delle nazioni europee).

L’immediata rivisitazione istituzionale, dall’interno stesso degli Stati nazionali europei, della loro organizzazione nazionale. Con la parcellizzazione degli Stati unitari e con una loro forte regionalizzazione e decentramento delle decisioni in grado di annullare ogni  sostanziale potere sovrano di programmazione e autotutela economica, sociale, militare e culturale.

Una sollecitazione verso politiche di sviluppo – dalla nascita dell’ “Ue” neglette in favore di idiote e suicide politiche di “decrescita” – per contrastare ogni possibile consolidamento della cooperazione ed integrazione con l’est dell’Europa e con la grande potenze riemergente, la Russia. Naturalmente – e vergognosamente – “alternative” alle grandi opere infrastrutturali – energetiche e dei trasporti – già varate da Mosca e offerte all’integrazione nella parte occidentale del continente.

Ognuna di queste direttrici di fatto anti-europee ha i suoi aedi e fautori locali. Ma anche consistenti opposizioni.

Sia il Trattato transatlantico, con il suo carico antisociale e i suoi rinnovati vincoli alla dominazione dell’usura internazionale, sia la politica di contrasto verso l’Est europeo, ripugnano trasversalmente non soltanto alla gran parte dei popoli europei ma anche ad alcuni governi che, nonostante l’arruolamento nel fronte liberalcapitalista occidentale, restano nonostante tutto gelosi della propria sovranità nazionale economica. Uno per tutti, la Germania, dove forte è il dissenso non soltanto delle forze euro critiche e socialmente più avanzate, ma degli stessi “padri fondatori” della Germania unita, gli ex cancellieri Helmut Schmidt e Gerhard Schroeder.

Sulla direttrice dell’erosione “dall’interno” dell’unità nazionale, due – apparentemente agli antipodi – le manovre di destabilizzazione.

Quella che giunge il 4 luglio all’Assemblea nazionale di Francia, con la proposta di Francois Hollande di ridurre, quasi dimezzandole, a 14 le “regioni” metropolitane francesi, con forti modifiche ai “dipartimenti” napoleonici e con un accorpamento forzato dei comuni. Un piano, quello di Valls, il primo ministro, che già nel 2013 era stato bocciato da un referendum popolare in Alsazia. E che si trova ad affrontare la radicale opposizione del Front National, dei centristi e dei gollisti ortodossi. Ma che può poggiarsi su una “vecchia” maggioranza parlamentare non scalfita dalla disfatta alle recenti europee.

E quella che sembra studiata a tavolino per rendere ardua la costruzione di un reale e pericolosissimo (per il liberalcapitalismo occidentalista) “fronte comune” degli euro-critici e degli euro-scettici: un fronte variegato costituito da forze micro e macro-nazionaliste, con le prime identificate come possibili facili “prede” di un’idea di “Europa delle regioni” spezzettata in tanti "distretti" ma coordinata dai vertici burocratici di Bruxelles.

E’ evidente il potenziale venefico di tale mistura.

Una pozione avvelenata che il “semestre italiano” – a guida del presidente-non-eletto del consiglio italiano Matteo Renzi – ha il compito di attuare anche in Italia.

Con un’accelerazione dei negoziati Usa-Ue per la firma del Ttip entro l’autunno; con un’esecuzione delle riforme interne istituzionali (legge elettorale tagliola o porcata-bis, modifiche costituzionali, pseudo-federalizzazione dell’Italia, con accorpamento delle province in regioni o aree metropolitane e con forzate unioni comunali); creazione di eteree nuove “agenzie garanti” di liberalizzazioni, deregolamentazioni e privatizzazioni; partecipazione a un “grande piano infrastrutturale” Ue di contrasto alle similari iniziative o realizzazioni russe: dalla rete di porti-depositi per le importazioni di gas da scisto made in Usa (per “tagliare” le forniture russe, quelle già in atto e quelle prossime con il South Stream balcanico) al grande progetto russo infrastrutturale “Razvitie”, un grandioso programma di sviluppo integrale – di trasporto, telecomunicazioni, ricerca avanzata - su una fascia eurasiatica di 200 km di ampiezza e lungo il continuum territoriale Atlantico-Pacifico.

Non ultimo con lo sbandieramento dello stato di “alleanza contro natura” delle due principali forze euro-critiche nazionali: i 5 Stelle di Grillo con l’Ukip di Farage e gli altri “scettici” – ma ultraliberisti europei – e la Lega federalista di Salvini con il Front National nazionalista di Marine Le Pen.

Questa l’ondata di veleni che verrà diffusa a piene mani tra luglio e dicembre di questo 2014.

Ma (c’è un ma), questi sono i desiderata atlantici. Non è affatto detto che il Ttip verrà firmato, che la Germania inghiottirà suo malgrado un contenimento della propria sovranità, soprattutto economica ma anche di buone relazioni con la Russia dalla quale dipende per il 30% (come l’Italia) per le forniture di energia; che un Hollande ancora tramortito dalla disfatta elettorale riuscirà a imporre le sue ipotesi di riforma di uno Stato nazionale che si vanta di essere tale dai carolingi in poi; che in un’Italia che vedrà cadere in un baratro fiscale – fatto di nuove stangate da approvare con la legge di stabilità (sic) autunnale – il proprio residuo gracilissimo sopravvivere, le opposizioni non reggeranno alle provocazioni del neo-occidentalista Renzi. Né che in tutti gli altri Stati dell’ovest europeo possano essere cloroformizzati gli oppositori.

Un' ultima chiosa. Per quanto riguarda la nostra patria comune, vale la pena ricordare che già 2063 anni fa, con la lex Roscia, Cesare dittatore, la Gallia Italica ricevette la cittadinanza piena della Repubblica di allora. A poco meno di un anno dalla battaglia di Farsalo, tutte le città del Nord Italia – quella che alcuni oggi chiamano Padania - che godevano di diritti inferiori (diritto latino) ottennero per legge il plenum ius, diventando municipia, cioè comunità di cittadini che assumevano tutti i diritti e i doveri della comune e sovrana cittadinanza.

Ecco perché è oggi il tempo di una “Lega Nazionale”.

Federare ogni nazione in un’Europa dei popoli, lungo tutto il grande continente, da Dublino a Vladivostok, sarà il passo successivo alla riconquista della libertà.