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L’esodo di Atatra sotto il volo del drone di Hamas

di Michele Giorgio - 15/07/2014

Fonte: Il Manifesto


Gaza. Migliaia di sfollati palestinesi bivaccano nelle scuole dell'Unrwa in attesa dell'offensiva di terra di Israele. Hamas sorprende di nuovo il mondo mandando verso Israele droni armati. Ieri nuovi raid aerei contro la Striscia e lanci di razzi verso lo Stato ebraico

Maher al Atar spunta all’improvviso tra le povere case della cam­pa­gna di Ata­tra, nel silen­zio totale di que­sta zona a nord di Gaza abban­do­nata dagli abi­tanti. Die­tro di lui, poco alla volta, appa­iono i suoi parenti, incu­rio­siti dall’arrivo di una auto­mo­bile carica di gior­na­li­sti stra­nieri. E’ un’area ad alto rischio, da dove parte il 25–30% dei razzi lan­ciati da Hamas verso Israele. E, si dice, da que­sta zona è decol­lato ieri il drone “A1B Aba­bil” abbat­tuto da un mis­sile Patriot israe­liano sopra Ash­dod, ulte­riore prova dell’accresciuta capa­cità stra­te­gica delle Bri­gate “Ezze­din al Qas­sam”, il brac­cio armato di Hamas. Da Ata­tra, osser­vando dall’alto la costa a nord di Gaza, si scor­gono le indu­strie della città di Ash­qe­lon. «Sabato notte siamo scap­pati, dice­vano che Israele avrebbe prima bom­bar­dato e poi occu­pato Ata­tra, Beit Lahiya e Sala­tin – rac­conta Maher, facen­doci entrare in casa – siamo andati alla scuola dell’Unrwa (Onu) a Gaza city. Abbiamo dor­mito lì due notti poi que­sta mat­tina siamo tor­nati per qual­che ora a casa e per capire come sta la situa­zione in que­sta zona». Entrano nella stanza il fra­tello e sua moglie, poi un paio di ragazzi. «E’ qui che vogliamo stare ma abbiamo paura – aggiunge Maher – nel 2009 i sol­dati israe­liani giunti nel vil­lag­gio (durante l’operazione “Piombo Fuso”) ne com­bi­na­rono di tutti i colori. Arre­sta­rono molte per­sone e fecero scen­dere in una buca alcuni dei miei vicini minac­cian­doli di ucci­derli sul posto. Era una finta ese­cu­zione ma li fecero quasi morire dalla paura. Sta­sera tor­ne­remo alla scuola dell’Unrwa, non vogliamo cor­rere rischi». I pre­senti annui­scono, la memo­ria di quei giorni del gen­naio 2009 è ancora viva tra le gente di Ata­tra e della vicina Beit Lahiya. Maher e la sua fami­glia però sanno che scap­pare potrebbe voler dire la per­dita della casa. Cin­que anni fa gli sfol­lati al loro ritorno non riu­sci­vano più nem­meno a ritro­vare le loro abi­ta­zioni. I mezzi blin­dati israe­liani non ave­vano certo avuto riguardi per gli edi­fici e le infra­strut­ture civili. Ave­vano can­cel­lato le strade, lasciando un deserto colmo di mace­rie. La gente di Beit Lahiya rico­struì tutto. Ora si rischia di rivi­vere quell’incubo.

Nes­suno in verità ha ancora capito quanto sia con­creta l’intimazione lan­ciata dome­nica all’alba dai comandi mili­tari israe­liani. «Chiun­que tra­scuri le istru­zioni dell’esercito met­terà la vita di se stesso e della sua fami­glia a rischio. Atten­zione. Abban­do­nate prima di mez­zo­giorno le case. L’operazione dell’esercito sarà breve», era scritto in un volan­tino lan­ciato da aerei su Beit Lahiya, Ata­tra e Sala­tin. Pare che all’aviazione sia stato affi­dato il com­pito di bom­bar­dare a tap­peto la fascia di ter­ri­to­rio a ridosso dei tre cen­tri abi­tati, per distrug­gere, spie­gano fonti israe­liane, tun­nel, pre­sunti campi minati e depo­siti sot­ter­ra­nei di razzi, in anti­cipo sull’offensiva di terra minac­ciata da giorni da Israele. Le popo­la­zioni si sono messe in mar­cia prima, allar­mate dalle voci di un attacco imminente.

A migliaia sono andati verso le otto scuole ria­perte dall’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assi­ste i pro­fu­ghi pale­sti­nesi, dove non dovreb­bero esserci bom­bar­da­menti, anche se nes­suno dimen­tica che nel 2009 un isti­tuto ele­men­tare delle Nazioni Unite a Jaba­liya fu cen­trato da una can­no­nata israe­liana che fece morti e feriti tra gli sfol­lati. Per que­sto tanti tra i 17 mila in fuga hanno pre­fe­rito affol­lare la scuola Nas­ser di Gaza city, in appa­renza meno espo­sta a rischi, ma dove devono adat­tarsi a stare ammas­sati nelle aule e nei cor­ri­doi, con pochi ser­vizi igie­nici costruiti, peral­tro, ad altezza di bam­bino. Docce non ce ne sono. Di letti, brande o mate­rassi, nem­meno l’ombra. Non resta, allo stato attuale, che appog­giarsi ai pic­coli ban­chi ammas­sati a ridosso di una parete. «I disagi sono tanti, così abbiamo deciso di tor­nare a casa, almeno durante le ore di luce, di notte quando potreb­bero avan­zare i sol­dati israe­liani, andiamo alla scuola», ci dice Maher al Atar. Gli chie­diamo se è vero che Hamas ha obbli­gato la gente di Ata­tra, Beit Lahiya e Sala­tin a restare a casa, nono­stante l’intimazione giunta da Israele. «Abbiamo ascol­tato alla radio – ci risponde — l’esortazione a non abban­do­nare le nostre case giunta dal mini­stero dell’interno (di Hamas), però qui non è venuto nes­suno a dirci di non scap­pare o a minac­ciarci. Siamo andati via senza alcun ostacolo».

A favo­rire l’esodo a piedi, su un carro, su un asino, è stato anche il com­bat­ti­mento, il primo di terra tra mem­bri di Hamas e sol­dati israe­liani, avve­nuto all’una di notte di sabato nella vicina spiag­gia di Suda­nya, quando un com­mando arri­vato dall’altra parte del con­fine si è scon­trato con uomini di Ezze­din al Qas­sam. Uno scon­tro a fuoco vio­lento, con tre mili­ziani di Hamas uccisi e tre mili­tari israe­liani feriti. I lampi e le deto­na­zioni erano per­ce­pi­bili anche a Beit Lahya e Ata­tra. Molti abi­tanti non ci hanno pen­sato due volte e sono andati via. Visi­tiamo l’area dove è avve­nuto il com­bat­ti­mento, ter­mi­nato secondo il por­ta­voce mili­tare israe­liano con la distru­zione di un depo­sito di razzi pale­sti­nesi. In giro però non scor­giamo i segni di que­sta bat­ta­glia vio­lenta che ha fatto escla­mare ai coman­danti mili­tari israe­liani: «Mis­sione Com­piuta». Notiamo solo un largo e pro­fondo cra­tere sulla strada prin­ci­pale che attra­versa Suda­nya, frutto con ogni pro­ba­bi­lità dell’esplosione di una bomba sgan­ciata da un F-16. Sulla destra c’è il mare azzurro di Gaza e sulla spiag­gia le capanne per i bagnanti. Que­sta estate però dif­fi­cil­mente qual­cuno avrà la pos­si­bi­lità di godersi il sole e la brezza da que­ste parti.

Gaza vive nell’attesa di nuove esca­la­tion. Nes­suno si fa illu­sioni. La tre­gua è lon­tana. Hamas e Israele la vogliono solo alle loro con­di­zioni. Gli isla­mi­sti pun­tano alla revoca com­pleta del blocco di Gaza pur sapendo che non potranno otte­nerla. Chie­dono anche la libe­ra­zione dei dete­nuti poli­tici men­tre ieri Israele arre­stava in Cisgior­da­nia altri depu­tati di Hamas. Pesa più di tutto che giorni e giorni di bom­bar­da­menti israe­liani hanno ucciso almeno 174 pale­sti­nesi e ferito altri 1.200 (in buona parte civili) senza peral­tro avere fer­mato la potenza di fuoco dell’ala armata del movi­mento isla­mico. Anche il mini­stro cen­tri­sta israe­liano Yair Lapid, con­si­de­rato un mode­rato, chiede che la guerra vada avanti fino a quando non sarà inferto un colpo duris­simo ad Hamas. «Senza dub­bio l’esercito ha col­pito forte a Gaza ma non ha abba­stanza il brac­cio armato (di Hamas). Dare altri pesanti colpi ad Hamas signi­fica raf­for­zare la nostra posi­zione al tavolo del nego­ziato per il nuovo copri­fuoco e il nostro potere di deter­renza», spiega da parte sua l’ex capo dell’intelligence mili­tare Amos Yad­lin, secondo il quale ammon­te­rebbe a una cin­quan­tina il numero delle vit­time tra le fila del movi­mento isla­mi­sta. In sostanza, aggiunge Yad­lin, Hamas deve uscire con le ossa rotte dal con­fronto per poter accet­tare le con­di­zioni di Israele per la tre­gua. Il quo­ti­diano Yediot Ahro­not ha scritto che Neta­nyahu vuole il disarmo della Stri­scia di Gaza per sospen­dere l’offensiva “Mar­gine Pro­tet­tivo”, sul modello dell’accordo inter­na­zio­nale per il disarmo chi­mico della Siria.

I raid aerei e gli attac­chi dal mare su Gaza vanno avanti. Ieri, secondo i dati delle Nazioni Uniti, Israele ha spa­rato oltre 500 colpi con­tro vari obiet­tivi che hanno ucciso in 24 ore nove pale­sti­nesi. Una cin­quan­tina di mezzi coraz­zati e pezzi di arti­glie­ria sono in posi­zione lungo il con­fine. Da parte sua Hamas ha lan­ciato circa 200 razzi su varie città israe­liane, uno dei quali ha ferito due sorel­line di 11 e 13 anni a Lakya. L’allarme è scat­tato anche per la cen­trale ato­mica di Dimona. Infine razzi sono stati spa­rati anche dalla Siria verso il Golan occupato.