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Il picco del petrolio, mai dire mai

di Fabrizio Maggi - 22/07/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


I progressi tecnologici non compensano gli sforzi sempre più difficoltosi nel vincere la geologia terrestre e nel localizzare le risorse petrolifere rimanenti. Le nuove scoperte non tengono il passo dei consumi. Viviamo aggrappati a riserve “facili”, risalenti a molti anni fa, sperando che una nuova invenzione prenda il sopravvento prima dell’inizio del declino della produzione. Non molto rassicurante come prospettiva.

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Morris Adelman è morto il mese scorso. Ai più il suo nome non dirà un granché ma il mondo dei lobbisti petroliferi gli aveva eretto un piedistallo: Adelman, economista di Harvard, era famoso per il suo articolo in cui preconizzava che il petrolio non sarebbe mai finito. Potevamo stare tutti tranquilli.
La sua morte riapre l’annoso dibattito sul fraintendimento del concetto di “picco” proposto per la prima volta da Hubbert. 
Il geofisico statunitense Marion King Hubbert ha lavorato nella compagnia petrolifera Shell dal 1943 al 1968 e, conoscendo bene le dinamiche e i costi di estrazione delle risorse, elaborò una teoria che identificava il picco massimo di estrazione di una risorsa mineraria, oltrepassato il quale la produzione imbocca un inevitabile declino. Il picco per il petrolio secondo Hubbert è stato raggiunto negli anni Settanta.

Sin qui la teoria. Come si può facilmente immaginare, le compagnie petrolifere hanno ben presto adottato contromosse basate sullo stravolgimento delle basi scientifiche degli assunti, trasformando l’analisi del ritorno economico in una previsione sulla quantità precisa di risorsa ancora disponibile da estrarre. Hubbert e i suoi collaboratori sono stati dipinti come uccelli del malaugurio, saccenti e disinformati, e accusati di aver formulato delle ipotesi catastrofiche assolutamente infondate.
Eppure nessuno ha mai scritto che il petrolio sarebbe finito e che ci saremmo trovati di fronte a serbatoi improvvisamente vuoti. Il punto in questione è un altro: la nostra società è progredita sfruttando fonti di combustibili fossili presenti sulla superficie (quindi facili da estrarre) e abbondanti (quindi sicure, in grado di garantire una programmazione futura). L’EROI (Energy Return of Investment), cioè il ritorno economico dovuto allo sfruttamento di un giacimento, negli anni Trenta del secolo scorso era altissimo, all’incirca di 100 a 1. Con l’energia prodotta da un barile di petrolio se ne potevano estrarre altri 100. Attualmente l’EROI è sceso a 10 a 1, e la curva di discesa continua.
Nel corso degli ultimi anni non siamo più riusciti a individuare giacimenti prosperi e accessibili come quelli dell’Arabia Saudita o dell’Iraq e abbiamo fatto fronte all’aumento di richieste grazie agli investimenti tecnologici che ci hanno permesso di scovare grosse sacche di combustibili in luoghi precedentemente non accessibili. Ma la tecnologia ha un costo crescente e, nonostante il vertiginoso aumento dei prezzi del petrolio, la produzione complessiva globale diminuisce in maniera inesorabile.
I dati sono stati gonfiati inserendo nel computo complessivo anche il Gpl e i biocarburanti; se però scorporiamo i dati relativi al solo petrolio, i numeri fotografano una produzione calata di un quarto:

Liquidi totali (inclusi Gpl e biocarburanti):

Crescita dal 1998 al 2005: 11.7 %

Crescita dal 2005 al 2012: 5.7 %

Petrolio:

Crescita dal 1998 al 2005: 9.9 %

Crescita dal 2005 al 2012: 2.7 %

L’industria petrolifera sta ridimensionando gli investimenti in esplorazione e sviluppo, anche a fronte dei prezzi medi record del greggio mondiale, a causa di un aumento di cinque volte dall’anno 2000 delle spese del cosiddetto capitale a monte destinato alla ricerca di nuovi giacimenti, mentre l’aumento della produzione è stato nettamente inferiore. Anche con prezzi del petrolio al di sopra dei 100 dollari, il costo e il misero ritorno sull’esplorazione e lo sviluppo stanno spingendo le compagnie a tagliare le loro precedenti spese sontuose.
Tutto ciò può significare solo una cosa: meno petrolio consegnato in futuro. Non finiremo il greggio per mancanza di liquido, smetteremo di estrarlo perché non sarà più conveniente.

La tecnologia ci ha evitato di finire il petrolio ma le innovazioni avrebbero dovuto generare un eccesso produttivo e prezzi bassi. I progressi tecnologici non compensano gli sforzi sempre più difficoltosi nel vincere la geologia terrestre e nel localizzare le risorse petrolifere rimanenti. Le nuove scoperte non tengono il passo dei consumi. Viviamo aggrappati a riserve “facili”, risalenti a molti anni fa, sperando che una nuova invenzione prenda il sopravvento prima dell’inizio del declino della produzione. Non molto rassicurante come prospettiva.

 

Sitografia

http://ugobardi.blogspot.it/2014/04/linizio-della-fine-le-compagnie.html

http://resourceinsights.blogspot.it/search?updated-min=2014-01-01T00:00:00-08:00&updated-max=2015-01-01T00:00:00-08:00&max-results=24

http://it.wikipedia.org/wiki/Ritorno_energetico_sull’investimento_energetico#Petrolio

http://it.wikipedia.org/wiki/Picco_di_Hubbert