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Boeing 777 – Volo MH17: contesto geopolitico e precedenti storici

di Daniele Bernava - 28/07/2014

Fonte: millennivm


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Non è di certo una novità l’abbattimento o l’esplosione di un aereo civile in volo.

Nei casi non chiariti, l’esame del contesto geopolitico può aiutare a fare luce sugli eventuali colpevoli di fatti così tragici, in cui sono morte persone innocenti.

Da giorni, in primo piano nei mezzi di comunicazione, tiene banco l’immane tragedia del volo MH 17 della Malaysia Airlines, diretto da Amsterdam, nei Paesi Bassi, a Kuala Lumpur, in Malesia.

L’aereo è precipitato il 17 Luglio 2014 nei pressi di Donetsk, a 50 km dal confine con la Russia.Le indagini sono ancora in corso, le incognite sono molte, quindi non si è trovata ancora la causa del disastro, che è costato 298 vittime. Secondo l’Ucraina e gli USA sarebbero stati i separatisti filorussi con un missile del sistema Buk, di fabbricazione russa, a colpire il velivolo, mentre secondo la Russia potrebbe essere stato addirittura un caccia ucraino, tuttavia ad ogni ora emergono particolari nuovi, quindi si resta nel campo delle ipotesi. Quello che è sicuro è lo scenario geopolitico esplosivo nella regione, dove da mesi si combattono da un lato le truppe governative di Kiev,con un documentato apporto di mercenari e agenti stranieri, dall’altro i russofoni, sostenuti dalla Russia logisticamente. L’Ucraina è un importante territorio strategico,che consente al mondo russo di agganciarsi all’Europa economicamente, essa è crocevia dei rifornimenti energetici russi all’Europa. L’attuale governo ucraino, decisamente filo-occidentale, vorrebbe portare l’Ucraina nella NATO e nella Unione Europea, mentre i russofoni non vogliono integrarsi in tale processo, visti i risultati della UE in altri Paesi, dargli torto risulta alquanto difficile. Non si tratta però di un conflitto tra due parti di un solo Paese, vista l’estrema importanza che riveste in Europa. Vi sono ingerenze esterne che tentano di spostare verso Ovest o verso Est l’ex granaio dell’Unione Sovietica. Si sta mostrando palese l’ingerenza americana, che non ha mai nascosto le sue mire egemoniche in Ucraina. Si può menzionare la “bibbia” di tale strategia egemonica, il libro “La Grande Scacchiera” di Zbigniew Brzezinski, ex membro dell’amministrazione Carter e facente parte del Council of Foreign Relations, organismo privato che guida la politica estera USA. Secondo lo stratega politico, togliendo l’Ucraina dall’influenza russa, si relegherebbe la Russia stessa a potenza quasi esclusivamente asiatica, perdendo l’”euroasiaticità” che la contraddistingue da secoli. La Russia odierna è un spina nel fianco dell’amministrazione americana, ostinatamente ancorata ad una visione unipolare del mondo. Di certo, se gli USA riuscissero a strappare l’Ucraina alla Russia, segnerebbero un importante punto a suo favore nello scacchiere mondiale. Non è difficile immaginare, visti gli enormi interessi in campo, che si possa ricorrere ad una “guerra sporca” pur di favorire e tutelare i propri interessi strategici, anche se ciò comporta la morte di civili innocenti.

Negli ultimi quattro decenni, anche se non mancano episodi antecedenti, si sono verificati disastri, accidentali o voluti, su cui la geopolitica ha avuto un ruolo determinante, che hanno contribuito ad acuire crisi e tensioni internazionali, tra singoli Paesi o blocchi di alleanze.

La Libia fu protagonista diretta e indiretta in due sciagure dell’aria.

Il 21 Febbraio 1973 un aereo della Libyan Arab Airlines, diretto dal Cairo a Tripoli, si ritrovò sulla penisola del Sinai, a causa di malfunzionamenti delle strumentazione di bordo ed alle avverse condizioni meteorologiche.
Il Sinai fu occupato da Israele dopo la vittoriosa “guerra dei sei giorni”, i cui rapporti con la Libia erano tesissimi, a causa del conflitto arabo-israeliano, che di lì a breve sarebbe culminato nella guerra dello “Yom Kippur”. L’aereo intercettato dall’aviazione israeliana tentò di evitare l’imposizione all’atterraggio in territorio ostile, ma ciò gli costò l’abbattimento da parte dei caccia con la stella di David. I morti furono 108.

La Libia, assieme all’Italia, si ritrovò immischiata in un secondo disastro, il 27 Giugno 1980, nella famigerata strage di Ustica, di cui fino ad oggi non si è riusciti a trovare una verità definitiva.
Bomba a bordo? O un missile sparato da un caccia francese diretto a colpire il presunto aereo di Muhammar Gheddafi, che doveva transitare dalle parti di Ustica? Ipotesi che non sono mai state confermate definitivamente. Sulla seconda vi sono indizi evidenti circa una battaglia aerea nei cieli del Tirreno di 34 anni fa, cosa anche affermata dal defunto presidente italiano Francesco Cossiga. Quel che è certo, è il contesto geopolitico torbido e turbolento di quegli anni, in cui la Libia voleva essere protagonista in un continente africano da sempre preda di interessi occidentali. In quel caso sembrano fossero ostacolati quelli francesi, ipotesi che rafforzerebbe la tesi del missile del caccia transalpino per colpire il Rais di Tripoli, che verosimilmente transitò nel Tirreno in aereo in quel giorno nefasto. A rafforzare la tesi della battaglia aerea fu il ritrovamento di un MIG 23 libico precipitato in Calabria, nell’estate di quell’anno. L’Italia in quel contesto ebbe un ruolo,visto che collaborò attivamente con i libici sia militarmente che economicamente. I francesi nel 2011, seppur con 31 anni di ritardo, si sono tolti il sassolino Gheddafi dalla scarpa. Il clima politico internazionale di quegli anni è in ogni caso responsabile di ciò che avvenne, viste tutte le vicende giudiziarie, compresi depistaggi e morti sospette di persone informate sui fatti. I morti furono 81, che attendono ancora giustizia.

Successivo a quell’evento, fu l’abbattimento accaduto il primo Settembre 1983, stavolta senza dubbi, di un Boeing 747 sudcoreano della Korean Air Lines , diretto da Anchorage, in Alaska, a Seul, in Corea del Sud, da parte di un caccia sovietico.
L’aereo andò fuori rotta e violò lo spazio aereo sovietico sulla Kamchatka, per via di un errore d’impostazione dell’autopilota, commesso dai piloti stessi. Il velivolo fu abbattuto da un caccia sovietico nei pressi dell’isola di Sakhalin, vicino il nord del Giappone. A quei tempi la tensione tra USA e URSS era altissima, forse all’apice, sia a causa della politica di Reagan, sia a causa dell’invasione sovietica dell’Afghanistan. Reagan cercò di sfiancare l’Unione Sovietica con una corsa al riarmo insostenibile per il sistema economico di quest’ultima. Essa si sentì minacciata e si trovò in quegli anni impegnata in un dispendioso conflitto in Afghanistan,volto ad arginare il tentativo americano di accerchiamento, per mezzo di stati ostili, dell’URSS. Quest’ultima quindi optò per l’azione militare per rompere tale offensiva. Il volo fuori rotta, in un contesto così teso, fu interpretato dalle autorità sovietiche come una possibile azione di spionaggio occidentale, visto che nonostante le prove fornite dagli USA, non si è mai dimostrato che i sovietici fossero sicuri di trovarsi di fronte un volo con finalità civili. Anche qui, il colpevole fu la tensione tra due Paesi, a pagare purtroppo furono ancora una volta dei civili, in questo caso con 269 vittime.

Nel 1988, precisamente il 3 Luglio fu la volta dell’Iran, all’epoca ancora in guerra con l’Iraq di Saddam Hussein.
Il volo Iran Air 655, diretto da Bandar Abbass, in Iran, a Dubai, negli Emirati Arabi, fu colpito da un missile partito dall’incrociatore USA Vincennes, che ufficialmente avrebbe scambiato l’Airbus A-300 iraniano per un F-14 da guerra iraniano. Il tutto successe perché un elicottero americano fu colpito da proiettili provenienti da naviglio militare iraniano. Fu un incidente di guerra. Bisogna sottolineare che il clima politico era immerso nella già citata guerra Iraq-Iran. Gli Stati Uniti pattugliavano il golfo Persico per proteggere le petroliere e i mercantili che vi transitavano, spesso obiettivi di attacchi da parte dei due Paesi belligeranti. Gli americani all’epoca non erano in guerra contro l’Iran, nonostante la rivoluzione di Khomeini del 1979, ufficialmente era considerato stato ostile, ma sottobanco armavano gli iraniani. Su ciò scoppiò pure lo scandalo Iran-Contras, in quanto si scopri’ successivamente che la vendita delle armi ai seguaci degli ayatollah serviva a finanziare i Contras, guerriglieri anticomunisti in lotta contro i Sandinisti in Nicaragua. Lo scenario decisamente ambiguo si rivelò pure con l’assistenza da parte degli USA all’Iraq, compresa la vendita di armi. In parole povere gli Stati Uniti, lucravano molto facendo affari con i due contendenti, cosa che fecero anche altri Paesi, come l’Unione Sovietica. Oltre che per danaro, fu evidente l’intenzione di far esaurire le parti in causa, ritenute scomode sia ad Ovest che ad Est della “Cortina di ferro”. Il pattugliamento non fu di certo solo a scopo precauzionale. Il numero di vittime fu di 290. Gli USA non ammisero mai l’errore, né si scusarono, ma nonostante ciò risarcirono l’Iran.

La storia, purtroppo, ci ha mostrato dei precedenti terribili.
Dove vi sono interessi così alti, le probabilità di simili ed oscure tragedie diventano molto maggiori.
Nella geopolitica tutto è calcolo, non c’è posto per le emozioni né per i sentimentalismi dell’uomo comune.
I morti potrebbero anche essere cinicamente utili a qualcuno sul tavolo del compromesso, financo per allargare la propria sfera d’influenza. Oltre alla fatalità, all’errore, potrebbero celarsi logiche politiche difficilmente comprensibili ai più.