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Berlusconi, Luxuria, la destra, la sinistra…

di Alessandro Campi - 30/09/2014

Fonte: istitutodipolitica


untitledSilvio Berlusconi ha fatto sapere a Vladimir Luxuria (per il tramite della sua fidanzata, Francesca Pascale) quello che, quando da capo del governo era impegnato nella difesa dei valori cattolici e dei temi eticamente sensibili, non ha mai avuto il coraggio di dire al cardinale Bagnasco. E cioè che lui è favorevole ai matrimoni tra omosessuali. In passato – come si ricorderà – il Cavaliere fece battute grevi sui gay, con l’idea di alimentare la sua immagine da sciupafemmine impenitente. Ma si sa anche che, libertino e libertario prima che liberale, su certi temi lui non ha mai avuto dogmi o pregiudizi.

Le sue sortite odierne in materia, come suole dirsi, di diritti civili sono dunque coerenti con la sua posizione autentica. D’altronde si è sempre definito un moderato, mai un conservatore. E sulla questione dei valori, se ha condotto delle battaglie politiche anche virulente, come all’epoca del “caso Eluana”, lo ha sempre fatto per ragioni tattiche e strumentali. Gli serviva il consenso del Vaticano e lo ha conquistato vestendo, senza crederci, i panni del moralista intransigente. Non è mai stato nemmeno, come certi intellettuali della sua cerchia, un ateo devoto, ma sempre e soltanto un pagano gaudente. Quanto alle zie suore, di cui s’è sempre vantato, gli sono servite per presentarsi come un uomo di sani principi e un po’ all’antica sino a che non si è reso conto che gli italiani, anche grazie alla sua pedagogia televisiva, avevano nel frattempo cambiamento radicalmente la loro scala di valori. E avevano smesso di vedere nella Chiesa o nella dottrina religiosa il faro della loro condotta privata e sociale.

Ma se le cose stanno così, se Berlusconi va culturalmente a braccetto con Luxuria, “dov’è la destra, dov’è la sinistra?”, come si chiedeva il buon Gaber. Che differenza esiste ancora tra queste due antiche categorie della politica. Se c’è, dicono in molti, probabilmente essa non passa più attraverso un diverso modo di intendere i rapporti tra etica privata e sfera sociale. In generale, in materia di diritti civili sembra davvero che si sia entrati, tutti quanti, nell’età della post-ideologia. Non ci sono valori o credenze morali che possano discriminare differenti posizioni politiche o renderle riconoscibili dall’esterno. Fuori d’Italia è così da un pezzo. Cameron, leader dei conservatori britannici, ha sempre detto di essere uno strenuo difensore della famiglia. Aggiungendo come postilla: “comunque formata”. Sempre in ritardo sulla modernità, alla fine anche noi italiani ci stiamo uniformando ad uno standard più civile e avanzato.

Probabilmente sono davvero cambiati i costumi e la mentalità. Soprattutto tra i giovani, si sostiene, l’omosessualità (visto che questo è il tema del giorno) è vissuta ormai come una condizione normale, nel senso di qualcosa di pienamente accettato: un orientamento affettivo tra gli altri, rispetto al quale non c’è né da scandalizzarsi né da abbandonarsi, come capitava alla gioventù di un tempo, a sconcezze e doppi sensi grevi. Su certe posizioni, immediatamente bollate come retrograde e incivili, pesa ormai l’interdetto e argomentarle risulta, oltre che sconveniente, persino difficile.

Ma forse, ragionando così, ci si sta spingendo troppo in avanti, sino ad immaginare un mondo che (ancora) non esiste. Bisognerebbe infatti distinguere tra la rappresentazione per così dire pubblico-ufficiale di certe questioni (ad esempio i matrimoni tra omosessuali o la possibilità per questi ultimi di adottare) e il modo con cui esse vengono vissute al livello personale e intimo dai singoli. Forse – la suggeriamo come ipotesi di lavoro – esiste una discrasia, non pienamente percepita o colpevolmente rimossa, tra il discorso pubblico, che ormai vive di convenzioni e tabù linguistico-culturali nel segno del politicamente corretto, e la dimensione privata-individuale, dove la forza del pregiudizio o il legame tra valori e scelte politiche ancora rivestono una certa forza.

Un refrain continuamente ripetuto è che la politica, crollate le ideologie e le credenze forti, sotto l’incalzare della secolarizzazione, si è fatta pragmatica. Ma forse quello che appare un progresso civile nel segno della tolleranza è solo conformismo o adesione a nuovi tabù, dopo aver superato quelli antichi. Chissà, la distinzione tra destra e sinistra che non esiste più a livello dei partiti e della loro propaganda ufficiale, esiste invece a livello sociale e pre-politico. Esiste probabilmente un conservatorismo dei sentimenti e dei valori che la politica attuale ha deciso di rimuovere ma che prima o poi troverà il modo di esprimersi in una qualche forma organizzata. È già accaduto che posizioni e sentimenti giudicati collettivamente inaccettabili abbiamo improvvisamente fatto breccia sulla scena politica. Il populismo, tanto biasimato nei discorsi ufficiali, è in fondo quella posizione politica che rende visibile il sommerso o l’indicibile presente nella nostre società avanzate, che di tollerante spesso hanno solo la facciata.

Che sia un bene o un male, l’esistenza di questo livello sommerso pronto ad erompere e che non basta denunciare come retrogrado, è difficile dirlo, dipende dai convincimenti di ognuno. Il banale problema che si vuole sollevare è la cattiva – o troppo semplicistica – rappresentazione della società che spesso viene data da chi dovrebbe rappresentarne istanze e umori. Per chiudere, così come abbiamo iniziato, con Berlusconi: dichiarandosi a favore dei matrimoni tra omosessuali ha parlato ai suoi potenziali elettori o si è semplicemente tolto uno sfizio personale? O peggio ancora ha voluto dimostrare, a chi lo ha sempre considerato un pericolo pubblico e un vecchio arnese culturalmente parlando, che lui in realtà è uno al passo coi tempi?