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Ecco perchè Budapest non sarà mai come Kiev

di Mauro Indelicato - 26/11/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


L'Occidente vuole rovesciare il premier ungherese Victor Orban.

  

Stesso copione, stessa strategia, stesse scene: l’Ungheria di Viktor Orban, rischia nei prossimi mesi di diventare sempre di più un bersaglio da parte di chi ha interesse a destabilizzarla ed a mandare fuori causa il governo di Budapest, poco affine, come si sa, ai diktat europei e delle lobby internazionali. Nazionalizzazione delle risorse naturali, controllo stretto sulla banca centrale, bandiere europee sparite dal Parlamento, cacciata del Fondo Monetario Internazionale, drastico ridimensionamento del debito pubblico; questa soltanto una parte di quanto portato avanti da Viktor Orban dal 2010 in poi, anno della sua elezione, troppo secondo chi l’Ungheria altro non deve essere che un piccolo staterello colonia della colonia di Bruxelles. Viktor Orban si è ‘permesso’ di ridare senso di appartenenza nazionale, senso di identità e soprattutto grande voglia di indipendenza ad una nazione uscita malconcia tanto dal regime comunista, quanto da quello, ben peggiore, dei primi anni post comunisti; non solo una politica autonoma riconquistata, ma anche numeri e statistiche che, a livello economico, sono solo un miraggio per quei paesi europei un tempo trainanti ed oggi ridotti sul lastrico da una politica di austerità che sta cancellando diritti e futuro alle giovani generazioni.

In Ungheria oggi si lavora, il paese cresce, gli introiti aumentano e da un punto di vista politico Budapest sta diventando un punto di riferimento per tanti europei che vedono in Orban l’unico capo di governo esemplare all’interno dell’UE, quella stessa UE da cui oggi gran parte degli ungheresi vorrebbe uscire. Da questi risultati, si evince come mai oggi Orban viene etichettato come il mostro del mese da combattere secondo molti media europei; la pressione su di lui aumenta, le prime avvisaglie si sono avute nel mese di settembre, quando il governo degli Stati Uniti reclamava ufficialmente contro quello di Budapest per un presunto ‘peggioramento’ delle condizioni della libertà di stampa e del rispetto dei diritti civili. Un abbassamento del ‘rating’ della democraticità che, come sempre, poggia su più che discutibili valori a stelle e strisce e che, già da principio, rimarca lo stile a dir poco presuntuoso di Washington di ergersi a paladina dei diritti umani a livello mondiale, secondo quelle che sono le proprie regole. Dopo i richiami formali del governo USA, ecco che a Budapest sono scattate le ‘prove di primavera’; la scusa è stata data dal progetto del governo Orban di tassare internet e far pagare un tot per ogni giga consumato.

 L’opposizione è scesa in piazza agitando in alto smartphone e tablet davanti al parlamento; un modo simbolico per mostrare gli oggetti con il quale ci si connette a Viktor Orban, ma anche un modo simbolico, certo impossibile dire se voluto e non voluto, che mostra chi veramente c’è dietro a quelle proteste: oggetti prodotti dalle più attive multinazionali agitati sotto il naso di Orban, vuol in qualche modo significare che le lobby internazionali non lasceranno tanto facilmente campo libero all’attuale governo Budapest. Orban ha ritirato in ogni caso tale disegno di legge, ma alcune manifestazioni sono andate avanti; è dal 2013 che comunque è in progetto di destabilizzare il paese magiaro: proprio nel luglio di quell’anno, Orban è rimasto solo miracolosamente illeso da un misterioso incidente automobilistico in Romania. Dopo quell’esperienza, il premier ungherese ha tenuto un discorso alla nazione in cui spiegava i concetti del Nuovo Ordine Mondiale, dei suoi pericoli e di quello che vuole attuale in Ungheria e nel resto d’Europa, parlando senza mezzi termini del fatto che mai come adesso il vecchio continente si trova in grande pericolo. Proprio un mese prima, si è appreso che alla riunione del Bilderberg del 2013 tenuta a Londra, il tema ungherese era al primo posto: si prospettava di innalzare Orban al ruolo di ‘grande dittatore europeo’ già per le elezioni dell’aprile 2014. Ma l’ampio consenso popolare ricevuto sia nelle urne che nelle piazze, per via di un’economia ungherese sempre più in forma e per una stabilità politica senza precedenti, ha fatto slittare il piano di qualche mese.

 I media europei stanno provando da qualche settimana a far passare l’Ungheria per un paese paralizzato da scioperi e manifestazioni, ma da Budapest le notizie che arrivano sono di segno opposto; vero che vi è un’opposizione comunque forte, che gode pur sempre di un 25% di consensi ed è anche ipotizzabile che da qualche mese sia anche più forte per via di voci di finanziamento che stanno affluendo dall’occidente, ma la stragrande maggioranza degli ungheresi è con il governo e non pensa minimamente a replicare a Budapest quanto accaduto a Kiev. Budapest non sarà mai la vera Maidan; e l’arrogante occidente inizia ad accorgersene. Nonostante sia già da due mesi che ogni tanto nei tg si sente parlare di ‘oceaniche’ manifestazioni a Budapest, dalla capitale ungherese nulla in realtà sembra essere cambiato. Non ci sono venti di primavere pagate dall’occidente, nessuno scenario ucraino per l’Ungheria. Del resto, pensare che l’Ungheria possa cadere e disgregarsi così facilmente, vuol dire non guardare e notare le differenze magiare rispetto alla situazione di Kiev. L’Ungheria infatti, a differenza dell’Ucraina, è un paese più compatto sia per la sua dimensione geografica e sia per le sue componenti etniche, che lo rendono più omogeneo e quindi meno passibile di divisioni interne. In Ucraina, come si sa, acuire il nazionalismo ucraino contro la componente russa è stata la carta vincente per chi tifava per una Kiev destabilizzata; ma non è finita qui: l’Ungheria infatti, come detto prima, ha un’economia più florida e meno condizionata da cricche di potere oligarchiche come in Ucraina. Questo fa sì che la società risulti anch’essa più compatta, con meno disuguaglianze ed in cui quindi appare molto più difficile aprire brecce da cui fare entrare tutto il marcio che l’occidente vorrebbe imporre.

Lungi dal pensare che Orban sia immune dalle scure dei potentati finanziari occidentali, però di sicuro Budapest ha degli scudi più resistenti rispetto a Kiev; la resistenza ungherese, è per adesso l’unica all’interno dei governi UE. E non fa paura a Bruxelles ed a chi comanda realmente su Bruxelles per la sua importanza a livello economico, quanto invece per il precedente storico che sta creando, essendo quello di Orban l’unico governo dei 28 a ripudiare apertamente la politica comunitaria ed andare sempre più verso Mosca. Quando ci si accorgerà che sarà più difficile di quanto si pensi ribaltare il governo di Budapest, si cercherà comunque di relegare l’esperienza ungherese ai suoi confini: ecco dunque perché nei prossimi mesi, se la primavera sulle rive del Danubio non si colora di stelle e strisce, si sentirà parlare ugualmente ed in maniera molto marcata dell’Ungheria di Orban ed ovviamente non in chiave positiva.