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Carcere per i negazionisti? Così ci mettiamo sullo stesso piano dei boia di Charlie

di Massimo Fini - 24/02/2015

Fonte: Il fatto quotidiano




Il negazionismo è un reato che – come ogni reato d’opinione – non dovrebbe esistere in una democrazia. Una democrazia è tale infatti quando accetta anche le visioni che le paiono più aberranti. Questo è il prezzo che paga a se stessa. Altrimenti – sindacando su cosa si può oppure non si può dire – si trasformerebbe in una teocrazia laica.
Con il reato di negazionismo, oltretutto, si impedisce anche la ricerca storica. Lo studioso David Irving – reo di aver scritto un libro negazionista, anzi secondo me parzialmente negazionista – è stato arrestato nel 2005 in Austria e condannato a 3 anni di carcere (che poi conta relativamente se siano stati ammazzati 6 milioni di ebrei oppure 4, la gravità è nel fatto di essere uccisi in quanto ebrei, o palestinesi, o malgasci).
INVECE IL DIRITTO di ricerca storica è una delle grandi conquiste dell’Illuminismo, oppure vogliamo tornare ai tempi del cardinale Bellarmino, che tappava la bocca a Galileo?
Tra l’altro già oggi il nostro codice è pieno di reati liberticidi – per esempio il vilipendio della bandiera, delle Forze armate e del capo dello Stato – che potevano pure essere compresi in periodo fascista, ma che in democrazia la contraddicono.
Per non dire poi della legge Mancino sull’istigazione all’odio razziale. L'odio è un sentimento, come la gelosia, e non può essere impedito. I peggiori regimi totalitari puniscono le azioni, le opinioni, ma non mi risulta che abbiano mai messo le manette ai sentimenti. Io ho il diritto di odiare chi mi pare, ma è ovvio se gli torco anche solo un capello devo finire in gattabuia. L’unico vero limite che può porre una vera democrazia è quello della violenza.
Si sostiene che la legge sul negazionismo colpisca “atti lesivi della dignità umana”. Io dico che o i principi vengono sostenuti integralmente oppure, anche con una sottilissima deroga e con le migliori intenzioni, si apre una breccia in cui sai dove cominci ma non dove vai a finire. Se quello è un “atto lesivo”, allora non si potrà dire più nulla.
TRA L'ALTRO il grande movimento di “opinione” a favore di una legge sul negazionismo e la tambureggiante campagna sulla Shoah, che dura da decenni, hanno finito sicuramente per rafforzare l'antisemitismo. E, al riguardo, lo storico americano ebreo Norman Gary Finkelstein ha scritto – con molto coraggio – L’industria dell’Olocausto.
Dobbiamo accettare anche la parola che ci fa orrore. La democrazia deve essere tollerante, e la tolleranza della democrazia non deve essere scambiata per debolezza. È anzi la sua forza. Se una democrazia ritiene di avere valori così superiori tali da imporre veti alle opinioni, allora non è democrazia ma totalitarismo mascherato. Perché ha tanto indignato l'attacco a Charlie Hebdo? Perché è stato un attacco violento e intollerante contro un’opinione seppure per molti repellente. Vogliamo metterci sullo stesso piano?