Sono ormai tanti i segnali che indicano come Renzi sia in realtà uno strumento della finanza, in particolare delle banche e delle assicurazioni, ed a questo proposito attiriamo l’attenzione sulle due ultime “operazioni” da lui effettuate in questo senso.

La prima, che è stata ampiamente discussa, è quella relativa alle banche popolari: uno degli ultimi “presidi” di storia economica nazionale e di finanza a misura d’uomo sta per essere smantellato rendendo conquistabili quelle banche locali e popolari da parte dei grandi complessi finanziari, anonimi e lontani dalle realtà locali, probabilmente stranieri ma – anche se fossero italiani – concentrati nelle capitali economiche che sono Milano e Torino. E ciò si aggiunge alla “privatizzazione” della “Banca d’Italia”, effettuata sotto il governo Letta ma senza alcuna osservazione critica da parte dell’allora sindaco di Firenze.

In tal modo, si potrà arrivare ben presto ad avere il sistema bancario e finanziario italiano posseduto per la maggior parte del suo patrimonio da entità straniere con due gravi conseguenze:

  • che i risparmi od i proventi delle attività produttive italiane vengono utilizzati per investimenti od operazioni finanziarie di imprese o Stati esteri;
  • che gli utili, anche sulle operazioni effettuate in Italia, sono trasferiti all’estero, con deflusso netto di capitali;
  • che non vi sarà nessuna “solidarietà nazionale” per l’acquisizione dei Titoli di Stato o di altri strumenti atti a ridurre il debito pubblico italiano od a finanziare operazioni di pubblico interesse.

Per quanto riguarda invece le assicurazioni, esistono innanzitutto tutte le considerazioni di tipo finanziario svolte per le banche, in quanto la stragrande maggioranza delle compagnie di assicurazioni operanti in Italia appartengono a società straniere o sono, come le “Generali”, formalmente italiane di fatto ma nella realtà multinazionali. Ma, a parte quest’aspetto, un’attenzione va dedicata al recentissimo disegno di legge definito “sulla concorrenza” il quale, in realtà, punta solo a ridurre le garanzie, i diritti e le libertà di scelta dei cittadini assicurati.

Il proprietario di un’autovettura, per avere diritto ad un ipotetico sconto non definito, dovrebbe installare a sue spese o la cosiddetta “scatola nera” od addirittura un apparecchio per misurare l’eventuale tasso alcolico; dovrebbe indicare subito, al momento del fatto, i testimoni dell’incidente, cosa non sempre possibile; dovrebbe portare la propria autovettura per la riparazione dal carrozziere indicato dall’Ania, l’Associazione delle Compagnie di assicurazione, anziché dalla sua officina di fiducia, e tutto ciò in nome della libertà!

Ma vi è un aspetto ben più grave, quello dei risarcimenti dei danni fisici. La proposta di legge di Renzi cancella decenni di dibattiti e sentenze, anche di Cassazione, sul “danno biologico” ed istituisce un cosiddetto “danno non patrimoniale” basato su tariffe elaborate dal governo su basi più basse delle attuali (che sono quelle stabilite, come da sentenza della Cassazione, dal tribunale di Milano). Ma c’è di più: la dizione “danno non patrimoniale” potrebbe ricomprendere anche il “danno morale” o “precium doloris” che veniva aggiunto alle indennità per i punti d’invalidità temporanea o permanente spettanti, con un ulteriore diminuzione dell’esborso per le assicurazioni in caso d’incidenti.

Vi è poi un altro punto, che va a favore di banche ed assicurazioni: la possibilità di esonerare i notai per la stipula di atti di compravendita per un valore inferiore a 100.000 euro, la cui autentica può essere fatta da un avvocato, mentre le spese delle visure – una volta a carico del notaio e comprese nella parcella – sono a carico degli acquirenti mentre l’avvocato stipulante dovrà munirsi di polizza assicurativa. In caso della presenza di un mutuo bancario, avremo così che la banca che concede il prestito si fa pagare le spese dell’avvocato, le visure e la polizza di assicurazione, presumibilmente per un importo totale superiore all’attuale.

Infine, nel disegno di legge sulla concorrenza vi è un altro aspetto che favorisce le assicurazioni e riguarda i fondi di previdenza complementare. Finora, una legge fatta nel 2005 dal governo Berlusconi prevedeva che i lavoratori dipendenti potevano usufruire di un contributo esentasse da parte del datore di lavoro da attribuire al fondo pensione di categoria, unitamente ai contributi propri del lavoratore e del suo trattamento di fine rapporto. Però, se il lavoratore si trasferiva ad un fondo costituito da banche o compagnie di assicurazione, comunque al di fuori della propria categoria, il contributo del datore di lavoro si perdeva in quanto esso derivava da un accordo contrattuale tra le parti.

Ebbene, il disegno di legge in questione prevede invece di abolire questo vincolo: il lavoratore potrà trasferire la sua posizione presso un altro fondo non di categoria (ad esempio, i “pip”, piani previdenziali individuali) continuando ad usufruire del contributo del datore di lavoro. Poiché questo vantaggio era un freno per l’acquisizione di clienti da parte delle assicurazioni, Renzi ha pensato di abolirlo!

Insomma, da questo succinto esame si rileva come in modo subdolo Renzi stia facendo norme che anziché favorire la vera concorrenza e l’abbattimento dei costi per i cittadini, in realtà fanno incrementare gli utili del sistema finanziario e ridurre i diritti o le alternative autonome dei cittadini. Questo quindi è il vero volto di questo governo: assoggettamento ai desiderata delle banche e delle assicurazioni, oltre che della principale di queste istituzioni, ossia la Banca Centrale Europea.