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Siria; l'intervento russo e le ambiguità dell'Occidente

di Bogdana Ivanova e Talal Khrais - 05/10/2015

Fonte: assadakah

 

La determinazione con cui Mosca interviene nello scenario siriano scompagina tutti i giochi. È tempo di scelte, nel tempo in cui McCain confessa: la CIA addestra jihadisti

 

Si è spezzato il monopolio delle immagini di guerra del Pentagono. Le avete già viste: una ventina di raid condotti dai piloti russi e siriani hanno centrato in pieno diversi obiettivi dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIS, ISIS o Daesh, ndr) sul territorio siriano. A Hama, Telbise e nelle campagna di Latakia i terroristi chiedevano aiuto via radio. Nei prossimi giorni, secondo l'esperto militare strategico Amin Hoteit, cambierà lo scenario, perché Putin ha ben capito che gli occidentali non fanno sul serio contro ISIS e soci, e che il loro vero bersaglio è Bashar al Assad e non il terrorismo.
Almeno 30 mila sono i combattenti stranieri in Siria che hanno attraversato la frontiera dalla Turchia, sostenuti direttamente da Ankara sotto gli occhi dei servizi occidentali. Non solo: grandi paesi come la Francia, gli Stati Uniti e il Regno Unito - con l'onnipresente denaro delle monarchie arabe petrolifere - hanno fornito gli armamenti più moderni. I combattenti stranieri si sono uniti ai terroristi di Daesh e di al-Qa'ida in Iraq, Siria, e Libia.
Più volte Le Nazioni Unite hanno dato l'allarme. Secondo i servizi britannici tutto ciò pone da subito una minaccia immediata alla sicurezza globale. I bombardamenti della Coalizione in alcuni casi hanno portato dei benefici a livello locale ma lo Stato Islamico sul piano generale è cresciuto dall'inizio degli attacchi.
L'aumento del numero dei c.d. "foreign fighters" non fa che preoccupare, perché tra le fila dei combattenti stranieri c'è sempre più gente che va a combattere in Siria e Iraq perché motivata e radicalizzata. Si tratta di un fenomeno inquietante perché si tratta di gente che ama la morte come noi amiamo la vita.
In precedenza Parigi aveva dichiarato che gli attacchi aerei sulle posizioni dei combattenti di ISIS in Siria erano "difensivi": ciò esprime la volontà dei francesi di creare un equilibrio (anzi, uno stallo) tra uno Stato che si difende dal terrorismo e gruppi oscurantisti che lo vogliono smantellare.
Secondo la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, azioni simili, senza il via libera del Consiglio di Sicurezza dell'ONU e sprovviste anche dell'autorizzazione di Damasco, violano il diritto internazionale e rafforzano i gruppi armati: «Mi piacerebbe a questo punto sapere di più sul concetto di "autodifesa", quando essa assume la forma di attacchi aerei su uno Stato sovrano senza alcuna autorizzazione, ovvero al di fuori del diritto internazionale».
Gli Stati Uniti non vogliono combattere il terrorismo, secondo il generale Amin Hoteit: a suo avviso, con la scusa della Coalizione, a Washington volevano impedire alla Federazione Russa di avere un ruolo, tanto meno rafforzarsi, nella regione mediorientale. I russi non hanno perso tempo, hanno chiesto agli occidentali di sgomberare i cieli della Siria perché non si può tollerare l'avanzata dei terroristi sotto gli occhi degli alleati. Nessun esperto crede ai "tentativi" dell'Amministrazione statunitense di ergersi come il paladino della lotta contro l'ISIS.
La stessa stampa americana offre le migliori prove del fatto che la CIA e il Pentagono hanno armato e addestrato forze estremiste islamiche con lo scopo primario di rovesciare il Presidente Bashar al-Assad. Quello che è accaduto negli ultimi tre anni in Siria, distruzione e morte, è il risultato delle scelte americane, in primo luogo. È da ricordare che, nel maggio 2013, il senatore USA John McCain incontrava in Turchia colui che si sarebbe autoproclamato califfo dello Stato Islamico, il famigerato Al-Baghdadi.
Oggi McCain è talmente spiazzato dalla determinazione russa, da diventare un reo confesso. Le agenzie diffondono infatti una sua sbalorditiva dichiarazione che leggiamo dal Televideo RAI:

«I raid aerei russi in Siria hanno colpito i ribelli addestrati dalla CIA. Lo ha denunciato il presidente della commissione Difesa del Senato USA», il repubblicano McCain.
"I loro attacchi sono stati contro individui e gruppi che sono stati addestrati dalla CIA", ha riferito l'ex candidato alla Casa Bianca, notando come ciò mostri la vera priorità di Mosca, "rimettere in piedi Assad. "Posso confermare che ci sono stati attacchi contro il Libero esercito siriano armato e addestrato dalla CIA", ha aggiunto il senatore.»

Un corollario di questa confessione spudorata è l'implicita ammissione che il vero intervento militare USA in Siria, al di fuori di ogni norma internazionale, c'era sì, ma era rivolto contro il nemico numero uno dell'ISIS: Bashar al-Assad. Washington diventa più debole, perde terreno, e non ha più nulla da perdere nello svelare in modo così plateale le cose che conoscevamo già ma che non dovevamo conoscere. Anche le ipocrisie si stanno consumando, e si rivelano le vere preferenze, senza più schermi che le possano nascondere. È tempo di scegliere.
E a Mosca hanno scelto: la decisione della Duma di usare anche il proprio peso militare, indica la necessità di elevare la risposta russa a questo livello, naturalmente d'accordo con il governo siriano.
I russi hanno aspettato a lungo prima di intervenire. Ma attraverso la Turchia, cioè un paese membro della NATO, continua ancora oggi il rifornimento di armi e di tutte le tecnologie necessarie per il Califfato, mentre l'Arabia Saudita e le altre petromonarchie del Golfo assicurano il supporto finanziario. Tutti questi protagonisti, che agiscono sotto l'ala americana, hanno un unico obiettivo strategico: la demolizione dello Stato siriano.
La Russia ritiene un grave errore il rifiuto a collaborare con le forze siriane nella lotta contro il terrorismo; oltre a Damasco, di fatto nessuno lotta contro il terrorismo, ha affermato il presidente russo Vladimir Putin intervenendo all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. «Pensiamo sia un enorme sbaglio rifiutarsi di collaborare con il governo siriano e le sue forze armate che stanno combattendo il terrorismo con valore, faccia a faccia. Dovremmo poi riconoscere che nessuno, tranne le forze armate del Presidente Assad e le milizie curde, sta combattendo veramente lo Stato Islamico e le altre organizzazioni terroristiche in Siria» - ha sottolineato Putin.
«Non posso che chiedere a coloro che hanno causato questa situazione: vi rendete conto adesso di ciò che avete fatto? Ho tuttavia il timore che nessuno mi risponderà. Infatti, le politiche basate sulla presunzione, sul credersi eccezionali e godere di impunità, non sono mai state abbandonate» - ha aggiunto il presidente russo.
L'uomo del Cremlino ha esortato ad aiutare il governo legittimo di Bashar al-Assad in Siria, oltre che a sostenere il governo della Libia e dell'Iraq. «Soprattutto credo che sia della massima importanza ripristinare le istituzioni governative in Libia, sostenere il governo dell'Iraq e fornire una completa assistenza al legittimo governo della Siria.», - ha affermato Putin.
Putin ha esortato ancora una volta a formare una grande coalizione contro l'ISIS. Secondo il capo di Stato russo, i protagonisti di questa coalizione devono essere i Paesi musulmani. «Lo Stato Islamico non solo li minaccia direttamente, ma arriva a dissacrare una delle più grandi religioni del mondo con crimini sanguinosi. L'ideologia dei fondamentalisti fa una caricatura dell'Islam e perverte i suoi autentici valori umanistici.» Putin ha detto queste cose davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite appena cinque giorni dopo aver inaugurato a Mosca la più grande moschea d'Europa. Non a caso.
Il suo discorso all'ONU è passato facilmente da questo piano spirituale a un altro molto più materiale, quando - quasi con ironia - ha commentato il ruolo delle sanzioni nella politica internazionale: «al giorno d'oggi le sanzioni unilaterali che aggirano la Carta delle Nazioni Unite sono diventate un elemento quasi fisso del panorama. Oltre a perseguire obiettivi politici, queste sanzioni servono come mezzo per eliminare la concorrenza».
Non è da escludere che questo passaggio abbia colpito moltissimo la confindustria tedesca, ancora sotto shock per la sanzione da 18 miliardi alla Volkswagen. In Germania in questi giorni si fa a gara, fra politici e imprenditori, nel dire che le sanzioni alla Russia vanno tolte. Ulteriore segnale che Mosca sta cambiando molti equilibri nel mondo. La Siria ne è il sintomo più evidente.