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La Grande Guerra non è mai finita

di Luciano Fuschini - 14/12/2015

Fonte: Il Ribelle

    

Il papa parla di guerra mondiale in atto, “a pezzi” secondo la sua espressione linguisticamente non felicissima. Alcuni negano che ci sia una guerra mondiale, essendo normale che esistano conflitti locali in qualche area del mondo. Altri parlano di terza guerra mondiale in corso. Infine i più pedanti precisano che questa sarebbe la quarta, classificando come terza la cosiddetta “guerra fredda”.

Sono tutti discorsi futili.

Si è cominciato a numerare le guerre mondiali quando scoppiò quella del 1939-45. Allora si ritenne di doverla chiamare seconda, non tenendo conto dell’opinione oggi prevalente fra gli storici che la cosiddetta seconda guerra mondiale non fu altro che il prolungamento della prima, in fondo un’unica terribile guerra civile europea, con diramazioni in altri continenti.

Lo stato di guerra è una condizione normale fra le società umane, tanto che i più cinici (o i più realisti?) concepiscono la pace come niente altro che una tregua fra due guerre, una pausa in cui ogni potenza si prepara e si riposiziona per affrontare la guerra successiva nelle condizioni più favorevoli.

Le guerre fra l’impero persiano e l’Ellade furono già intercontinentali, come quelle di Alessandro Magno e di Roma. Le invasioni dei mongoli nel nostro Medioevo furono guerre intercontinentali, investendo Asia orientale, Asia occidentale ed Europa orientale.

La guerra dei 7 anni, alla metà del XVIII secolo, fu un conflitto mondiale perché si combatté in Europa e nelle colonie francesi e inglesi dell’America e dell’Asia, coinvolgendo le tribù locali. Le guerre napoleoniche furono mondiali nello stesso senso.

Lo iato si verificò con la guerra del 1914-18, non per la sua intercontinentalità, che come abbiamo visto non era affatto una novità, ma per il salto qualitativo rispetto a tutti i conflitti precedenti.

Mai prima c’era stata una simile mobilitazione di tutte le risorse dei Paesi in conflitto, economiche, umane, propagandistiche. Mai si era visto un simile macello. Mai ci si era spinti fino a concepire e a usare armi di sterminio di massa come i gas, la chimica al servizio di un modo vile di colpire il nemico, fuori dalla logica dell’eroismo in battaglia che aveva contraddistinto tutte le guerre precedenti.

Fu chiamata giustamente non “prima guerra mondiale” ma la Grande Guerra.

Quel conflitto non è mai finito.

Dopo l’intervallo degli anni ’20, riprese sui vari scacchieri del mondo. Gli anni ’30 videro già almeno tre grandi scontri. In Asia orientale, fra cinesi e giapponesi, una mischia furibonda fra masse enormi. In Africa orientale, per iniziativa italiana. In Spagna, una sanguinosissima guerra civile, dove era regola non fare prigionieri, che si internazionalizzò, con le interferenze di Germania e Italia dalla parte di Franco e con l’afflusso di volontari da diversi Paesi a sostegno del governo repubblicano: un quadro che ricorda quello attuale in Siria, sia per la ferocia della lotta sia per le intromissioni esterne.

Già negli anni Trenta c’era una guerra mondiale, che continuava la Grande Guerra.

Il ’45 ha segnato una nuova tappa di un orrore che non ha soluzione di continuità, con la scoperta dei campi di sterminio e con l’uso della bomba atomica, ancora più vile e più distruttiva dei gas di 30 anni prima.

La guerra mondiale “a pezzi”, direbbe Bergoglio, è ripresa immediatamente. I conflitti coloniali, i più lunghi e sanguinosi dei quali furono quello vietnamita e quello algerino contro i francesi; le guerre fra il neonato Stato di Israele e gli arabi, il massacro fra indù e pachistani, la terribile guerra di Corea, il decennale conflitto vietnamita, nella fase americana che seguì quella francese,  durante il quale sulla penisola indocinese fu sganciato il triplo del tonnellaggio di bombe sganciate in tutto il mondo durante la cosiddetta seconda guerra mondiale, fra cui ordigni al napalm e defolianti che hanno avvelenato vasti territori, dove ancora oggi nascono vite deformi. Il macello quasi decennale fra Iran e Iraq, in quegli anni ’80 che videro anche il lungo conflitto che oppose i jihadisti afghani agli invasori sovietici.

Sono solo alcuni episodi di una guerra che fu fredda solo in Europa.

Il crollo dell’URSS non fu affatto liberatorio, come non lo era stato quello della Germania nazista. Il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale in realtà è stato la continuazione di una guerra ininterrotta. Prima guerra del Golfo, conflitto nell’Africa orientale, ritorno dei massacri in Europa con le guerre che hanno dissolto la Jugoslavia. Nel nuovo millennio, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, tante tappe di una guerra mondiale che invero non ha soluzione di continuità.

Non ci sono prime, seconde, terze e quarte guerre mondiali. C’è un’unica Grande Guerra, quella che è iniziata nell’estate del 1914 e continua tuttora. Una Guerra diversa dalle precedenti perché totalizzante, votata allo sterminio, con l’accumulo di mezzi che per la prima volta nella storia dell’umanità possono annichilire la vita su questo pianeta.

Si tratta di un’unica Grande Guerra, il cui rimbombo ci sovrasta dal 1914.

La Guerra non escatologica ma apocalittica.

Non escatologica perché il termine evoca il conflitto ultimo e decisivo fra il Bene e il Male.

Qui non ci sono un Bene e un Male che si affrontano nel duello finale, come nei filmacci hollywoodiani.

C’è piuttosto una mischia generale fra interessi contrapposti, imperialismi che si contendono mercati, fondamentalismi che alimentano odio etnico e settario, in uno scenario che è apocalittico in quanto prospetta la possibilità della distruzione definitiva.

Anche la pazzia dilagante, le uccisioni senza movente plausibile, il delirio degli allucinati che aumentano in misura esponenziale, l’esplosione demografica, le migrazioni insensate che attraversano i continenti, parlano di un’apocalisse in atto. Un custode del sacro come dovrebbe essere un papa, ne avvertirebbe il passo cadenzato che cresce da quel 1914. La guerra mondiale “a pezzi” è linguaggio da politologi e da strateghi. Ci aspetteremmo parole in cui echeggiassero le antiche profezie, degne dei tempi eccezionali che stiamo vivendo.