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Immigrazione incontrollata. Soggezione europea, sudditanza italiana

di Gianni Petrosillo - 11/04/2016

Fonte: Conflitti e strategie


 

Gli esseri umani sono tutti fratelli. Come Caino e Abele. Se si affrontano temi socialmente critici e geopoliticamente rilevanti, come l’immigrazione, con la retorica antitetico-polare dei buonisti di sinistra e dei cattivisti di destra l’unico effetto che si ottiene è la rissa tra polli. Le zavorre culturali degli uni e degli altri, in singolar tenzone, ci sviano dalla questione aumentando la confusione. Il politicamente corretto di sinistra e il rozzamente scorretto di destra sono due facce della stessa medaglia. Tout se tient, diceva De Saussure.
L’immigrazione può essere una risorsa ma anche un serio problema. Ed oggi è, soprattutto, un fenomeno fuori controllo. Non tutti quelli che arrivano da noi possono essere accolti e integrati, anche se nessuno dovrebbe essere trattato da cane. Chi non ha le carte in regola deve essere, educatamente, riportato indietro per il suo bene e per il nostro. Se volessimo prevenire i guai dovremmo addirittura abbattere i barconi prima della partenza e smetterla di usare i nostri mezzi costieri come traghetti. Servono al pattugliamento delle acque territoriali e come tali devono essere utilizzati.
In questa fase storica, l’Europa non può permettersi la porosità dei confini e l’afflusso indiscriminato di profughi e di clandestini. Non abbiamo la capacità di gestire questa marea di disperati, siamo in crisi economica e ne va della tenuta sociale dei nostri sistemi. A ciò aggiungiamo che qualcuno sta approfittando di questI drammi umani per ricattarci e per influenzare le nostre scelte internazionali. Sì, perché l’invasione via terra e via mare dell’ “orda stracciona”, subdolamente manovrata, diventa un perfido modo per esporci al caos esterno e inocularlo all’interno con scopi di destabilizzazione. Si tratta di un cavallo di troia. Come scrive l’analista americano John Keegan: “Gli Stati dell’Europa occidentale, tìsicamente contigui a nazioni con centinaia di migliaia di giovani che cercano in tutti i modi di emigrare e le cui legislazioni basate sui diritti civili non prevedono il rimpatrio coatto dei clandestini, anche dopo che la loro condizione di illegalità è stata provata, hanno difese meno efficaci. I problemi di sicurezza con cui devono misurarsi gli Stati dell’Europa occidentale non solo sono senza precedenti in termini di scala o intensità, ma sembrano senza soluzione. Le comunità sospette si ingrossano ogni giorno di più, cosicché le cellule di cospiratori e di aspiranti attentatori che nascondono al loro interno acquisiscono un sempre maggiore anonimato e una sempre maggiore libertà per preparare le loro azioni”.
Quei parlamentari nostrani che usano il moralismo umanitario per fini politici, versando lacrime di coccodrillo quando gli islamisti attaccano giornali di satira (anche se di cattivissimo gusto) o insanguinano le capitali europee con attentati dinamitardi, sono la quinta colonna che tradisce l’Europa. Portano in processione l’equino infido dal quale spunteranno i nostri nemici con l’aggravante di farlo di proposito perché asserviti a manine straniere. Come scrive sapientemente il sociologo Francesco Alberoni: “Gli europei, così come non hanno un esercito, non hanno neppure una leadership: si sono sempre lasciati guidare dagli americani che hanno impedito l’unificazione economica fra Europa occidentale e Russia per indebolirle entrambe e si sono alleati con gli arabi e il loro petrolio. Poi hanno combinato un sacco di disastri in questi Paesi e in cambio hanno concesso ai loro abitanti di emigrare a piacimento in Europa. Se avessero voluto, gli americani con i loro alleati arabi avrebbero potuto far finire la guerra in Libia e, sempre se avessero voluto, avrebbero chiesto alla Turchia di pattugliare le sue coste e non far partire neanche un gommone per la Grecia. I soldi per l’ospitalità dei profughi li avrebbe volentieri messi l’Europa. Ma non lo hanno fatto perché loro e i loro amici islamici vogliono una Europa debole. L’unica cosa che gli americani non vogliono è che l’Europa si metta d’accordo con la Russia perché un loro accordo creerebbe una potenza che cambierebbe radicalmente le cose. E gli europei non lo capiscono”.
Il nostro paese, data la sua condizione geografica, è diventato un crocevia migratorio, una piattaforma di smistamento dei reietti in ogni angolo d’Europa, con la sua quota-parte imposta burocraticamente ed accettata acriticamente. Distribuiamo e introiettiamo complicazioni anziché essere avamposto di neutralizzazione dei guai. Questa posizione strategica, che poteva essere benefica, si sta rivelando uno svantaggio perché Stati Uniti ed Ue calano dall’alto le loro decisioni sulla nostra testa senza richiederci alcun parere. Esattamente come accaduto con la guerra alla Libia che ha scalzato il nostro alleato Gheddafi facendo degenerare la situazione con i risultati che sappiamo. Se, invece, avessimo potuto scegliere il da farsi secondo i nostri interessi nazionali avremmo recato un beneficio a tutto il Continente. Se ci fosse stata lasciata la possibilità di agire da trait d’union tra sud del mondo, vicino-oriente ed il resto dell’Eurasia avremmo tentato una sintesi virtuosa delle contraddizioni in ballo che, invece, vanno vieppiù incancrenendosi. Ma è proprio questo che ci viene impedito e l’incapacità di divincolarci da tali ceppi ci relega ai margini di un’Unione a sua volta sempre meno protagonista sullo scenario globale. Tra i deboli della comunità europea siamo diventati i più deboli a causa dei ferali piani statunitensi sul Belpaese. La nostra classe politica incapace ed impotente è il riflesso di questa atroce sudditanza.