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Quale futuro?

di Paolo De Gregorio - 24/07/2016

Quale futuro?

Fonte: Paolo De Gregorio

 

Il fattore strategico, economico, militare, geopolitico che ha determinato la politica estera americana dopo la caduta del comunismo, è senza dubbio il controllo sui paesi petroliferi del Medio Oriente, intervenendo senza scrupoli, a mano armata, dovunque fosse minacciata l’egemonia delle multinazionali USA in quell’area, innescando una forte destabilizzazione la cui più cruda conseguenza è quella del terrorismo e dell’esodo verso l’Europa di centinaia di migliaia di persone.

Democratici o repubblicani al potere la politica estera non è mai cambiata ed è apparsa una linea decisa più dal Pentagono e dalle multinazionali petrolifere che dalla politica.

Il fattore nuovo, che mi fa sperare in una svolta epocale della politica estera USA, è rappresentato dal fatto che ormai sono una nazione autosufficiente dal punto di vista energetico, con l’utilizzo degli scisti bitumatosi, presenti in grandi quantità nel proprio sottosuolo e di una quota importante derivante dalle energie rinnovatili (20%).

L’altra novità è che il probabile nuovo presidente Trump abbia parlato di eccessivi costi della Nato, facendo capire il diminuito interesse degli USA in quell’area, tutt’altro che pacificata, dove il suo pragmatismo di miliardario probabilmente vede più uscite che entrate, oltre al vantaggio di non essere più nel mirino islamico nel caso di un ritiro militare totale dallo scenario mediorientale.

E’ evidente che tale possibile mutazione della strategia geopolitica USA aprirebbe scenari nuovi, la Russia diventerebbe un punto di riferimento per la pacificazione in Siria, un nuovo rapporto con la Turchia à già in atto, e l’Europa avrebbe tutto da guadagnare da normali rapporti con la Russia e con il Medio Oriente pacificato.

L’enorme risparmio economico generato dallo scioglimento della Nato e dalla chiusura di centinaia di basi americane in Europa, potrebbe essere impiegato nella direzione di centri europei di ricerca avanzata per arrivare anche noi a raggiungere l’autosufficienza energetica con rinnovabili di nuova generazione capaci di generare pace e lasciare per sempre il petrolio nella sua sede naturale: sotto terra.

Investire in rinnovabili anziché in bombardieri significherebbe un balzo in avanti nella evoluzione del cervello umano, ancora primitivo nel concepire guerre e distruzioni ambientali, proprio oggi che abbiamo le conoscenze scientifiche e i mezzi per vivere tutti lavorando meno, facendo meno figli, ma soprattutto assicurando un futuro alle nuove generazioni, salvando l’ecosistema non bruciando più gli 80 milioni di barili di petrolio al giorno che condannano la terra alla desertificazione e a cambiamenti climatici catastrofici.

A casa nostra giudichiamo Renzi, favorevole alle trivelle in mare, come un minorato mentale da cacciare via al più presto, magari con un bel NO al referendum di ottobre sulle sue schiforme.