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Un’amatriciana non ci salverà

di Alessio Mannino - 30/08/2016

Un’amatriciana non ci salverà

Fonte: vvox

Si moltiplicano le "amatriciane solidali" per aiutare le popolazioni colpite dal sisma. Come al solito, la situazione é grave ma non seria

Le varie “amatriciane solidali” a sostegno dei terremotati ce le potevamo risparmiare. Tutto fa brodo per raccogliere fondi, direte voi. Francamente no, non proprio tutto. Pensare che ad Amatrice, a Pescara del Tronto e nelle altre località distrutte, gli abitanti piangano i loro morti ammassati in tende dovendo affrontare già i primi freddi, con la paura degli sciacalli, nella totale incertezza su se e quando rivedranno la propria casa in piedi, coi bambini che dovranno superare lo shock e l’angoscia di aver perso chissà per quanto tempo una vita normale, e contemporaneamente a Milano e e in altri posti d’Italia si organizzano mangiate di massa che di certo non si faranno in rispettoso silenzio ma, all’italiana, facendo una gran caciara, dà un gusto di cattivo gusto al pur nobile intento di solidarietà. Là si deve ancora elaborare il lutto, e qua si spadella in allegria, dando una troppo facile e comoda opportunità di lavarsi la coscienza con due forchettate di guanciale, cipolla, pomodoro e pecorino.

Se, come a Torino, l’offerta é libera, i sistemi per donare ci sono (sulla sicurezza dei quali é ben vero che si può dubitare, ma il dubbio allora vale per tutti, anche per le piazzate all’amatriciana). Nessuno pretende che chi lavora e deve badare alla sua vita e alle sue responsabilità parta volontario, che é la miglior prova possibile di fraternità fra italiani. Ma far festa a tavola, coi superstiti ancora caldi estratti da pochi giorni dalle macerie, é la solita italianata priva di qualsiasi stile, delicatezza, sensibilità. E’ il nostro eterno modo commediante di gestire le tragedie: non può mai mancare il momento conviviale, fra un bucatino e un bicchiere di vino. Mai che si tenga un contegno all’altezza della situazione, quando la situazione é grave. In Italia, la situazione é sempre grave, ma mai seria.

L’amatriciana é un piatto buonissimo, gloria a chi l’ha inventata, e la pasta fa parte della nostra storia e del nostro essere italiani. Ma non facciamo ridere: non c’é niente da ridere, adesso. C’è un tempo per tutto. Il tempo di farsi una bella ingozzata di sugo d’Amatrice ci sarà, quando vedremo una gestione del post-emergenza che non sia come le penose new town a L’Aquila o la maldestra ricostruzione nel Molise. E quando avremo imparato a non buttare i soldi in opere inutili o non prioritarie, anziché impegnarci in una prevenzione anti-sismica e idrogeologica seria. Seria vuol dire dura, profonda, lunga, per cui ci vorrebbero due generazioni. Meno spaghettate e più serietà, per favore.