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Fallacia dell'antropocentrismo

di Simone Torresani - 22/01/2017

Fallacia dell'antropocentrismo

Fonte: Il giornale del Ribelle

 

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Sull' inusuale (ripetiamo: inusuale, non "eccezionale") ondata di maltempo e neve che ha colpito i versanti adriatici ed orientali della Penisola e sulle nuove scosse sismiche nelle medesime aree già provate dagli eventi del 24 agosto e 30 ottobre scorsi, che hanno provocato una slavina con la conseguente devastazione di un hotel sul Gran Sasso, si sta dicendo e si sta scrivendo molto. E come per tutte le cose in cui molto si dice e si scrive, si son versati inchiostri di pagine e fiumi di parole in alcuni casi sensate, in altre fuori luogo. Fermiamoci un secondo e proviamo a ragionare, non disdegnando un sincero silenzio di raccoglimento per gli eventi che stanno mettendo a dura prova l'Abruzzo, terra orgogliosa e forte giustamente definita "nobile tra le nobili" nella ampollosa ma anche ingenuamente commovente "Orazione per la sagra dei Mille" di Gabriele d' Annunzio.

 

Che in Italia la parola "prevenzione", specialmente per la messa in sicurezza da eventi estremi di un territorio tanto immensamente bello quanto tragicamente fragile, dove almeno i 3/4 dei Comuni sono in dissesto idrogeologico, sia sconosciuta nel vocabolario è a quasi tutti cosa nota. Lo stesso hotel sinistrato, isolato nel massiccio appenninico vicino a tre canaloni di montagna e in posizione tanto panoramica quanto infelice per la sicurezza, edificio che ricorda sinistramente l'"Overlook Hotel" del romanzo "Shining" di Stephen King, ne è una delle prove palesi. Si cercherà giustamente di ricostruire le responsabilità di soccorsi più volte sollecitati e sempre in ritardo, si esamineranno tutti i presunti permessi edilizi e abusi, si parlerà di mancata prevenzione, appunto. Eppure qualcosa non torna: come sappiamo, molte frazioni sono isolate e senza corrente elettrica, sommerse dalla neve, ed uno dei soccorritori della Protezione Civile ha detto che "neppure il gatto delle nevi riusciva a viaggiare nella muraglia di neve". Ecco, in questa frase sta buona parte del dramma dei clienti dell'hotel e della tragica valanga: in tali parole è contenuta tutta la vacuità, la fallacia, la presunzione caduta di una civiltà, di un pensiero antropocentrico che ha innalzato l'Uomo sopra la biosfera dal quale dipende, isolandolo in una mortifera "turris eburnea" e in una virtuale bolla di sapone che al primo colpo d' aria si dissolve. Non fraintendiamo: la prevenzione serve come il pane, in un territorio fragile come l'Italia e la questione del dissesto idrogeologico e la messa in sicurezza sul territorio sono punti cardine, sono imperativi improrogabili. Case abusive, costruzioni su fiumare, ecomostri e speculazioni, cementificazione selvaggia devono essere sanzionate e stroncate, il territorio protetto e recuperato. Quella che noi contestiamo è la polemica sterile fine a sé stessa, le chiacchiere da talk show, le ricostruzioni dei presunti (pseudo) esperti, le dietrologie idiote, i "se e i ma".  Vi sono momenti in cui l'uomo, assieme a tutta la sua tecnica e tecnologia, sono davvero il Nulla assoluto dinnanzi alla "ira occulta e ruinosa" (prendiamo ancora a prestito d' Annunzio nella sua "Orazione") di una Natura che, come aveva ben capito quel genio di Giacomo Leopardi, è a-morale, cioè priva di morale, cioè agente in funzione di sé stessa e non di certo per i comodi e gli affari dell'uomo. Essendo a-morale, la Natura ha la duplice funzione di madre e di matrigna: benefica e tratta male l'uomo e a volte le due cose si mischiano e si intersecano in un complicato gioco di scatole cinesi. Probabilmente anche i soccorsi pronti e rapidi avrebbero fatto fatica ad evacuare clienti e personale dell'hotel abruzzese, in quanto le tempeste di neve, come ripetiamo inusuali ma non eccezionali -qualsiasi manuale meteo contempla le retrogressioni d' aria gelida dalla Russia ai Balcani con moto antiorario, che forma vortici pericolosi di bassa pressione nel levante d' Italia- avevan reso persino arduo a quelle meraviglie della meccanica chiamate "gatto delle nevi", di tenere le strade. Quello che è successo, dunque, è un miscuglio di errori edilizi (come si fa a costruire sotto un canalone di montagna?) certamente ma anche di fatalità, altro termine ormai desueto nel dizionario della postmodernità. Non solo siamo una civiltà dell'iperbole, ma anche innaturale, nel senso che ci siamo allontanati dalla biosfera, dalla Natura e dalle sue leggi e suoi cicli. Rimozione della sacralità della Natura, sostituzione sugli altari del Dio trascendente col dio della tecnologia, ci hanno portato ad essere un vero e proprio corpo estraneo nella biosfera. Si pensa e si perde tempo nel pensare che con la tecnologia tutto si può prevedere ed evitare. La vera prevenzione è altra: non evitare "a priori" ogni evento catastrofico, ma pensare e vivere il territorio diversamente, curarlo e rispettarlo, in modo che "a posteriori" i danni provocati da sismi ed elementi, che sempre ci sono stati e ci saranno, siano per lo meno ristretti e limitati. Ma servirebbe una mentalità diversa, che da tempo abbiamo perso.