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Quanti sono gli jihadisti in Europa?

di Michele Rallo - 27/01/2017

Quanti sono gli jihadisti in Europa?

Fonte: Arianna editrice

Quanti, fra i musulmani residenti in Europa, possono essere considerati potenziali terroristi? A questa domanda ha cercato di fornire una risposta l’Europol; che non è un ricettacolo di pericolosi populisti, ma l’European Police Office, ovvero l’organismo ufficiale dell’Unione Europea preposto alla lotta alla criminalità.

Un anno e mezzo fa, nell’estate del 2015, l’Europol diffuse un rapporto ufficiale, a mio parere fin troppo prudente. Secondo tale rapporto, su 26 milioni di musulmani allora residenti nell’Unione Europea (presumo sia regolarmente che in attesa di regolarizzazione), v’erano circa 5.000 individui che erano ritenuti “jihadisti pronti a colpire”. Di quel rapporto detti conto su queste stesse pagine («Dopo gli ultimi attentati: quanti sono gli uomini dell’ISIS in Europa?» su “Social” del 3 luglio 2015), permettendomi di integrarlo con alcune mie considerazioni: a parte i 5.000 “soldati” dell’ISIS – scrivevo – «quanti fra quei 26 milioni, pur senza arruolarsi sotto le luttuose bandiere dell’ISIS, sono di idee fondamentaliste, e perciò ipoteticamente disponibili a fiancheggiare il terrorismo, se non anche – in uno scenario futuribile – a prendere le armi contro i Paesi che li ospitano?» Il nodo della questione – osservavo – stava proprio in quella “nazione islamica” di 26 milioni di anime, che le autorità di governo europee avevano consentito si installasse entro i confini dell’Unione: quasi a voler imporre un multiculturalismo artificiale ad una Europa cristiana e laica, cui il sentire islamico è totalmente estraneo.

Ma lasciamo stare le mie personali considerazioni, e torniamo ai numeri dell’Europol. Dunque, nel 2015 le armate del Califfo potevano contare su una “quinta colonna” europea di circa 5.000 uomini. Quanti sono diventati oggi, dopo un anno e mezzo di ulteriore sbracamento di fronte ad una invasione travestita da migrazione? Dopo l’accelerazione imposta per misteriosi disegni dalla signora Merkel e servizievolmente fiancheggiata dai due giuggioloni mediterranei, Renzi e Tsipras? Lascio la risposta alla stessa Europol, il cui vicedirettore Wil van Gemert è stato sentito, proprio in questi giorni, dalla Commissione Schengen del parlamento italiano.

Ed ecco i nuovi numeri dello jihadismo europeo, riferiti da Van Gemert alla nostra commissione parlamentare. Non si parla più genericamente di “musulmani in Europa”, ma di due diversi filoni: quello dei “musulmani con cittadinanza europea”, cioè degli stranieri che una legislazione incosciente ha fatto diventare italiani, francesi, tedeschi, eccetera; e quello dei “migranti di religione islamica”, cioè di quella enorme massa di immigrati irregolari che aspetta di transitare fra i “musulmani con cittadinanza europea”. Ebbene, secondo le ultime catalogazioni della stessa Europol, i numeri sono adesso ben più preoccupanti rispetto a quelli del 2015: gli elementi “legati all’estremismo islamico” sarebbero 4.000 fra i “cittadini europei” e ben 34.000 fra i “migranti”; per un totale di 38.000 potenziali jihadisti, fra elementi attivi ed elementi “in sonno”. C’è da rabbrividire: in un anno e mezzo, secondo la medesima fonte, si è passati da 5.000 a 38.000! Ed è una fonte – si tenga ben presente – che appartiene a quel medesimo apparato UE che sostiene la bontà dei processi di accoglienza e di integrazione.

In altre parole, abbiamo un esercito nemico dentro le nostre frontiere; probabilmente – ma è una mia personale considerazione – non soltanto impegnato nella preparazione di qualche sanguinoso attentato, ma anche in attesa di prendere le armi per impossessarsi di un lembo di territorio europeo.

E che il pericolo sia tutt’altro che trascurabile lo desumo anche da notizie che apprendo da fonti diverse dall’Europol, e che sono state rigorosamente ignorate da giornali e televisioni; con qualche lodevole eccezione, come quella rappresentata dal sito del giornalista investigativo Maurizio Blondet. Da quella fonte – dunque – apprendo che in Spagna sono stati recentemente scoperti quattro depositi clandestini (e speriamo che non ce ne siano altri) dove erano custodite 12.000 armi automatiche riconvertite: cioè, ufficialmente disattivate, acquistate legalmente da mercanti d’armi di pochi scrupoli, riattivate e messe illegalmente in vendita attraverso canali clandestini. È un settore – questo – regolarmente utilizzato dalla criminalità organizzata per approvvigionarsi di armi, ma per quantitativi infinitesimamente minori. E invece – riferisce Blondet citando il sito militare francese Stratediplo – 12.000 fucili d’assalto (con l’aggiunta di alcune mitragliatrici antiaeree e financo di cannoni da 30 mm) «bastano ad equipaggiare metà della fanteria francese attuale, o metà della fanteria spagnola».

Non v’è dubbio, quindi, che l’arsenale in questione non fosse destinato alle piccole esigenze della criminalità organizzata, ma ad una struttura militare clandestina. Quale? Ufficialmente non è dato sapere. Ma non credo che ci possa essere tanta scelta. E il pensiero va a quei 38.000 nomi già censiti nel database di Europol, ed ai chissà quanti che sono probabilmente sfuggiti alla catalogazione della polizia europea.

Anche di questo dobbiamo ringraziare i nostri governanti e gli angelici assertori di una “società aperta”. Così aperta da accogliere amorevolmente anche un esercito nemico.