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Il progetto imperialista di balcanizzazione della Siria prosegue con Trump

di Luciano Lago - 30/01/2017

Il progetto imperialista di balcanizzazione della Siria prosegue con Trump

Fonte: controinformazione

 

Coloro che ingenuamente pensavano in una possibile sterzata della politica imperiale USA con la nuova Amministrazione Trump, sono destinati a rimanere profondamente delusi.
Donald Trump, nonostante le apparenze, rappresenta la continuità’ della strategia di dominio USA con alcuni correttivi tattici che saranno applicati  in modo spregiudicato da Washington per sviare l’attenzione del mondo dai propri  obiettivi di dominio. Obiettivi di dominio che in pratica prescindono da chi sieda sulla poltrona della Casa Bianca ma che sono connaturati all’elite dominante che ha stabilito, a suo tempo, i suoi piani di lungo periodo e li porta avanti comunque con gli strumenti di sempre.

Il fulcro  essenziale della politica di dominio di Washington,  come accade da molti decenni,  ha per contorno la regione del Medio Oriente ed  è da ricercare nelle intenzioni di Trump di voler proseguire o meno, nella strategia  del caos e del doppio gioco sviluppata da Obama con risultati disastrosi per le popolazioni dell’area e con le conseguenti migrazioni di massa.

 

Il summit tenutosi ad  Astana ha dimostrato quale siano le posizioni della Russia, dell’Iran e della Turchia per risolvere la crisi siriana ma ha anche reso evidente  l’ambiguo atteggiamento USA, esclusi dal vertice salvo l’invito dell’ultimo momento fatto all’ambascioatore USA.  L’Iran, uno dei  veri vincitore sul campo, assieme alla Siria ed Hezbollah, tramite il suo cancelliere, ha con ragione sostenuto che, se si escudono  “i cani “ ( i gruppi terroristi  al Nusra e il Daesh) dalle conversazioni, non ha senso invitare i loro” padroni” (USA ed Arabia Saudita), anche se vi e’ stato il cambio della guardia alla Casa Bianca.

Non è possibile  pensare che Trump possa apportare  niente di nuovo sul  tavolo delle conversazioni ma si può capire quale sia la strategia di fondo della nuova Amministrazione ricavando alcuni concetti chiave da una intervista rilasciata da Trump al network ABC . Da questa intervista si evince  che il piano di smembramento della Siria procederà in modo più deciso da parte dell’Amministrazione USA che ha deciso di puntare le sue carte sui curdi appoggiando  la loro richiesta di una entità autonoma nel nord della Siria, così come avverrà per l’Iraq.  In pratica sembra chiaro che Trump punterà ad ampliare l’intervento militare USA  con il creare una enclave curda a nord della Siria  per realizzare una “zona di sicurezza” (quello che era il vecchio progetto USA-saudita), con base ad Hasaka, città a maggioranza curda. Salvo il fatto che, a differenza del progetto di Obama/Clinton  e John Kerry, si accantonerà  (per il momento) l’idea di uno stato sunnita (irrealizzabile per il presidio militare russo siriano) mentre nello stesso tempo il piano prevede la costituzione di una seconda zona di sicurezza al sud della Siria, verso la frontiera con la Giordania, espellendo i reparti siriani e di Hezbollah.  I russi in ogni caso  hanno già dichiarato che difenderanno l’integrità della Siria e non accetterano decisioni unilaterali circa presunte “zone di sicurezza”.

Mappa della Siria- Iraq

Tuttavia il vero obiettivo immediato di Washington sarà quello di   svincolare la Russia dall’alleanza con l’Iran, il paese chiave nel successo della resistenza siriana, considerato il nemico n. 1 dagli  USA, da Israele e dall’Arabia Saudita. Naturalmente ,”conditio sine qua non” per realizzare questo piano è convincere la Turchia ad accettare una entità curda sul suo confine settentrionale, fornendo delle garanzie ad Ankara mettendo altra posta sul piatto della bilancia. Impresa peraltro molto difficile ,vista la diffidenza di Erdogan verso gli USA dopo l’aver schivato il golpe architettato dalla CIA.

L’obiettivo, neanche tanto nascosto degli USA, è qullo di spezzare l’asse della Resistenza, quello costituito fra Siria-Iran-Hezbollah con l’appoggio russo e cercare di isolare l’Iran, allontanandolo dal teatro delle operazioni in Siria. Sarà l’obiettivo di Trump ma occorre considerare che gli USA, grazie alla disastrosa politica di Obama/Clinton/Kerry, hanno perso l’iniziativa in Medio Oriente e questa è passata nelle mani e nella diplomazia di Mosca che ha già portato dalla sua parte i più importanti paesi della regione, l’Iraq, l’Egitto e l’Iran, oltre alla Siria ed al Libano. Non si vede come la Russia potrebbe voltare le spalle al suo alleato strategico che  ha fornito alla Russia truppe di terra e cooperazione militare e logistica (e preziosi consigli)  per  il sucesso dell’intervento russo in Siria e per il suo consolidamento.  Inoltre la Russia e l’Iran hanno lo stesso obiettivo strategico che è quello di annientare il pericolo rappresentato dal radicalismo islamista sunnita/salafita alimentato dall’Arabia Saudita e dal Qatar.  Pericolo che è molto sentito anche dalla Russia che conta al suo interno, una popolazione islamica di circa 25 milioni di persone e che è interessata alla stabilità del Caucaso.

Il sogno di USA e di Israele  di ottenere la rottura  dell’asse fra Iran e Russia  cozza contro la realtà ove si vede che questo asse si è andato sempre più rafforzando e ne sono prova le consegne dei sistemi missilistici russi  SS 300 all’Iran e la concessione di una base aerea logistica in Iran, quella di Hamadan,  per l’aviazione strategica russa.

Sembra inoltre ovvio che la Russia non andrà ad adottare piani che non siano i propri, corrispondenti ai propri interessi nazionali e meno che mai a quelli di Washington che è la responsabile diretta del caos e dell’incremento del terrorismo nella regione. L’impostazione di Putin sarà sicuramente quella di giocarsi sul tavolo  degli scacchi le sue prossime mosse e quelle di Trump e dei suoi strateghi. Dopo sei anni di guerra l’asse della Resistenza (Iran-Siria-Hezbollah) non sarà disposto a sfaldarsi per aprire il passo alle necessità egemoniche degli USA e tanto meno alle mire di Israele e dell’Arabia Saudita.

In realtà l‘aspirazione massima di Israele, che farà pressioni fortissime su Trump, è quella di sbarazzarsi del pericolo iraniano alle sue frontiere, quello delle formazioni militari iraniane in Siria e di Hezbollah del Libano, ed è sicuro che Netanyahu richiederà l’assistenza USA per mettere in moto un processo di isolamento dell’Iran che passa anche dalla revisione degli accordi sul nucleare.

Trump è un dichiarato amico di Israele e nel suo gabinetto ci sono almeno 5/6 esponenti della fortissima lobby sionista, oltra a suo genero. Questo significa che Trump potrebbe essere esposto all’influenza nefasta di “cattivi consiglieri” che potrebbero indurlo ad una politica di scontro molto duro, vista la divergenza di interessi sul campo fra Russia e USA.

Nelle prossime settimane si chiariranno alcuni degli elementi fondamentali per capire l’evoluzione delle cose ma di sicuro non corrisponderanno a quello  che ci racconteranno i grandi media occidentali, ormai abituati a mentire su tutto, come dimostrato dagli avvenimenti di questi ultimi anni.