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La crisi è ecologica. Le altre crisi una conseguenza

di Fabio Balocco - 18/01/2013

                          

Passeggiamo in un bosco: ci sono alberi, felci, funghi, scoiattoli, uccelli, l’humus, il sole, il cielo, le nuvole e le relazioni fra tutti i componenti, che sono forse più significative dei singoli viventi.

Il vivente deve respirare, le piante verdi devono ripristinare l’ossigeno consumato con la respirazione, ciascun individuo deve mangiare, poi lascia dei residui che sono utili per altri esseri. Tutto il complesso vive attraverso cicli che si ripetono, resta in sostanza simile a sé stesso, almeno se consideriamo i tempi che qui ci interessano.

Le relazioni fra noi, il fungo che abbiamo visto, l’aria che respiriamo, gli alberi che ci circondano, sono indispensabili e abbastanza note. Se estendiamo il discorso ed esaminiamo complessi più ampi, troviamo il legame che c’è con quell’albero che è stato abbattuto nella foresta del Borneo per costruire il tavolo che ho davanti. Ci sarà un po’ di ossigeno in meno nell’atmosfera terrestre e qualche inquinante in più per il carburante bruciato per i trasporti.

La Terra, che ha la capacità di reagire alle piccole modifiche, cercherà di mantenere la situazione dei suoi componenti entro valori vitali, ma la sua capacità ha dei limiti. Infatti l’Ecosistema totale si comporta come un essere vivente: anche un  organismo umano ha la possibilità di riportare la temperatura interna entro la fascia 36-38 gradi che gli consente di vivere, ma se qualcosa forza la temperatura fuori da quella fascia per tempi apprezzabili, non riesce a riportarsi in situazione vitale, ed è la fine. Così avviene per la Terra e per i complessi (ecosistemi) che ne fanno parte.

La crisi della Terra

L’Ecosistema complessivo è costituito di venti-trenta milioni di specie di esseri senzienti, oltre agli esseri collettivi, ai Complessi di viventi e a tutte le relazioni che li legano fra loro e che li connettono al mondo inorganico.

L’Ecosfera vive mantenendosi in situazione stazionaria lontana dall’equilibrio termodinamico, alimentata dall’energia solare. Tutti i processi al suo interno sono cicli chiusi che non danno luogo a “consumo di risorse” né ad “accumulo di rifiuti”.

Da circa due secoli sappiamo che l’umanità fa parte integrante del mondo naturale, cioè dell’Organismo Ecosfera, è anzi una specie animale facilmente classificabile (Classe Mammiferi – Ordine Primati): quindi deve seguire le leggi dell’Ecosfera stessa, o meglio le sue necessità vitali.

Due o tre secoli orsono, in una delle cinquemila culture umane presenti sul Pianeta (l’Occidente), si è sviluppato un modo di vivere che insegue l’incremento indefinito dei beni materiali, considerato come “desiderabile da tutta l’umanità” e imposto anche agli altri modelli. Così è iniziato quel processo chiamato “la crescita economica” che viene perseguito accanitamente dalle autorità di tutto il mondo.

La crescita demografica-economica procede normalmente secondo una legge matematica esponenziale, quindi è perfettamente logico che le sue manifestazioni si siano evidenziate solo in tempi recenti, più o meno a partire dalla metà del secolo ventesimo. Questa è la crisi. Tutte le altre “crisi” sono conseguenze di questa: non si tratta di un problema economico, ma di un problema culturale molto più grande, conseguenza dell’errore biblico, l’errore antropocentrico.

Ecco i principali guasti di questa crisi globale:
- Spaventosa sovrappopolazione umana e crescita continua;

- Perdita della biodiversità, unica garanzia di mantenimento dello stato stazionario e vitale;

- Distruzione delle foreste e di altri ecosistemi (paludi, savane, ecosistemi acquatici, Oceani, ecc.): enorme consumo di territorio;

- Alterazione dell’atmosfera terrestre.

Dal punto di vista demografico, oggi abbiamo superato nel mondo i sette miliardi di umani, numero assolutamente intollerabile per l’Ecosistema: l’aumento della popolazione mondiale è attualmente di 80-90 milioni di individui all’anno. Si estinguono 20-30 specie di viventi ogni giorno, ad un ritmo diecimila volte più grande di quello naturale. Ogni anno scompaiono 100.000 kmq di foreste, ecosistemi ricchissimi di biodiversità, e l’anidride carbonica nell’atmosfera terrestre aumenta di 3 ppm. Il consumo di territorio è elevatissimo.

La crescita va verso un punto di catastrofe e deve interrompersi al più presto: in altre parole, un collasso del sistema economico è una speranza per la Terra e per quasi tutte le specie di esseri senzienti. Poiché altera il modo di vivere della Terra disarticolandone i processi essenziali, la crescita economica diverrà ben presto un fenomeno impossibile.

Negli ultimi decenni non sono mancati gli avvertimenti, quali ad esempio il famoso rapporto sui “Limiti dello sviluppo” (Mondadori,1971), i cui aggiornamenti pubblicati nel 1993 e nel 2006 sono stati completamente ignorati, oppure il libro Assalto al pianeta di Pignatti e Trezza (Bollati Boringhieri, 2000) ove si mette in evidenza l’impossibilità di persistenza del sistema economico, o il Manifesto per la Terra (2004) di Mosquin e Rowe, studiosi canadesi di biodiversità.

Conclusioni

Il paradigma entro il quale di norma vengono inserite attualmente le idee, le nozioni e le informazioni si basa sull’idea che la “civiltà” è nata con l’agricoltura diecimila anni fa e che l’incremento indefinito dei beni materiali è lo scopo naturale di tutti gli umani. L’uomo è al centro di tutto e il riferimento di tutti i valori.

Oggi sappiamo che ci troviamo sul terzo pianeta di una stella di media grandezza, che si muove nel braccio esterno di una galassia qualunque, fra miliardi di altre stelle, che la Terra ha cinque miliardi di anni, la Vita ha tre miliardi di anni, la specie umana ha un milione di anni, la cosiddetta civiltà ha diecimila anni, la manìa della crescita economica ha duecento anni. L’uomo, la civiltà occidentale e la crescita economica sembrano più che altro un curioso delirio di grandezza.

L’organismo Terra è in crisi gravissima. E’ in questo quadro che dobbiamo trattare le altre crisi, nazionali o settoriali, magari cercando di gestire gli inevitabili periodi di transizione, ma senza mai dimenticare che la vera crisi è quella”globale”, iniziata oltre un secolo fa ma che ha cominciato a manifestare i suoi effetti devastanti circa sessant’anni fa.  Non si può ottenere niente di valido e duraturo  se non si parte da una visione sistemica-olistica globale.

Ripeto: stiamo parlando di un problema culturale-filosofico, non economico. Occorre rendersi conto che questo significa la fine della civiltà industriale, o addirittura della cultura occidentale; ma si tratta sempre  soltanto della fine di una visione del mondo.  Altro che pensare al “mercato” e alla “ripresa”!  

Le idee di base sopra accennate sono proprie del Movimento di pensiero dell’Ecologia Profonda, già citato in un articolo pubblicato il 17 ottobre e ora presente anche in Italia.

Per chi volesse approfondire l’argomento, consigliamo, oltre al libro di Devall e Sessions ivi citato (Gruppo Abele,1989), anche i seguenti volumi:

- Naess A. – Ecosofia – RED, 1994

- Dalla Casa G. – L’Ecologia Profonda. Lineamenti per una nuova visione del mondo, Mimesis, 2011

- Andreozzi M. – Verso una prospettiva ecocentrica, LED, 2011

- Borgna I. – Profondo verde. Fra decrescita e deep ecology – Mimesis, 2010