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ONG e migranti: Amnesty International, Oxfam, Human Rights Watch. Come operano, chi le finanzia e i punti oscuri

di Francesca Totolo - 27/08/2017

ONG e migranti: Amnesty International, Oxfam, Human Rights Watch. Come operano, chi le finanzia e i punti oscuri

Fonte: Luca Donadel

Amnesty International

Amnesty International è un'organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani. Lo scopo di Amnesty International è quello di promuovere, "in maniera indipendente e imparziale", il rispetto dei diritti sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti umani e quello di prevenirne specifiche violazioni. Fondata il 28 maggio 1961 dall'avvocato inglese Peter Benenson, l'organizzazione conta oggi oltre sette milioni di soci sostenitori, che risiedono in più di 150 nazioni.

Ogni gruppo Amnesty riceve periodicamente delle missioni dai coordinamenti nazionali e dal segretariato internazionale; il principale compito di ogni gruppo è quello di "coinvolgere la popolazione" del proprio territorio di competenza su tematiche generali o casi specifici assegnati. La trasformazione delle informazioni raccolte in effettiva pressione verso i governi trasgressori passa proprio attraverso un capillare coinvolgimento dell'opinione pubblica sul territorio. I gruppi Amnesty provvedono tra l'altro ad attività di raccolta fondi e di addestramento dei nuovi soci, rappresentano quindi a tutti gli effetti il “movimento sul territorio".

L’ufficio centrale, situato a Londra, predispone gran parte del lavoro di ricerca sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, e stabilisce le grandi campagne e le azioni prioritarie su cui lavorano le sezioni nazionali in modo coordinato per ottenere un impatto maggiore. Il capo di questa struttura è il Segretario generale, responsabile della conduzione quotidiana degli affari del movimento nonché primo portavoce di Amnesty International nel mondo. Dal 2010 il Segretario generale è Salil Shetty.

Per ampliare la loro influenza e la loro influenza, Amnesty International sviluppa dei programmi educativi che mirano a favorire la presa di coscienza di individui, gruppi e comunità mediante la crescita delle conoscenze, delle abilità e delle attitudini coerentemente con i principi riconosciuti a livello internazionale in materia di diritti umani. Amnesty reputa che l’educazione riguardo i diritti umani sia importante ad ogni età: questo è il motivo per cui le loro risorse educative si indirizzano sia ai bambini, anche piccoli, sia agli adulti, sia professionisti mettendo a disposizione tutto il necessario per realizzare incontri, workshop e lezioni.

Amnesty International afferma che tutte le missioni sono basate su fatti documentati. I ricercatori sul campo verificano e segnalano le violazioni dei diritti umani così da poter sviluppare e implementare campagne, petizioni, manifestazioni e pressione sulle istituzioni.

Amnesty International dichiara: “Siamo indipendenti da qualsiasi governo, ideologia politica, interesse economico e religione, e ci finanziamo principalmente grazie ai nostri soci e a donazioni private”. 1

Campagne di Amnesty International riguardanti i migranti: IWelcome

Presupposti della campagna: nonostante la gravità della situazione in atto, i paesi più ricchi continuano ancora oggi a privilegiare le politiche e le misure atte a bloccare il movimento dei rifugiati e dei migranti, spesso delegando ad altri stati situati nelle regioni più vicine alle aree in guerra la responsabilità per l’accoglienza delle persone bisognose di protezione: soltanto il 18% dei rifugiati trova ospitalità nelle aree più ricche del mondo, mentre il resto rimane confinato in paesi a basso e a medio reddito, come il Kenya, la Turchia e il Libano. L’Europa ospita il 6% dei migranti: circa un milione tra queste persone è a rischio imminente di ulteriori abusi e violazioni di diritti umani, come donne a rischio di violenza o sfruttamento, minori non accompagnati e persone con disabilità. Gli Stati più ricchi potrebbero offrire protezione immediata attraverso politiche di reinsediamento. Ciò significa che le persone identificate dall’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) come particolarmente vulnerabili avrebbero la possibilità di accedere in Italia o in altri paesi sicuri in maniera del tutto legale e sicura. Tuttavia, a fronte delle necessità dei rifugiati, gli impegni di reinsediamento globali ammontano ad una quota pari poco più a 100.000 unità.

Richieste generali: Amnesty International chiede passi concreti per fermare le morti dei migranti e per trovare una soluzione più sostenibile che tenga conto della necessità primaria di chiedere protezione ad un Paese diverso dal proprio, senza dover mettere a repentaglio la vita. Ad una crisi globale devono corrispondere risposte globali. È cruciale che i leader mondiali aumentino il loro impegno per stabilire o per incrementare vie legali e sicure di accesso per i rifugiati. Occorre aumentare urgentemente il numero di posti disponibili per il reinsediamento dei rifugiati ed attivare meccanismi più veloci ed efficaci per il rilascio di visti umanitari, per il ricongiungimento familiare e per motivi di studio o di salute.2

Amnesty, il Mediterraneo e l’Italia: negli ultimi anni, centinaia di migliaia di rifugiati e richiedenti asilo in fuga da conflitti, violazioni dei diritti umani e persecuzioni, hanno messo a rischio la propria vita in cerca di sicurezza e protezione. Hanno vissuto abusi, estorsioni e violenza nei paesi d’origine e lungo tutto il percorso. Molti di loro hanno perso la vita nel tragitto. I governi dei paesi più ricchi, l’Italia tra questi, stanno fallendo in maniera eclatante nel dovere di offrire protezione alle persone che fuggono da violenze, conflitti e persecuzioni. Nel mondo e in Europa si continua ad affrontare la crisi dei rifugiati in maniera caotica e disumana, rafforzando posizioni securitarie e facendo accordi scellerati e illegali con paesi non sicuri, come la Libia e la Turchia. Quest’ultimo è il paese che ospita il più alto numero di sfollati, 2,5 milioni. 3

Per sensibilizzare le istituzioni pubbliche nazionali, Amnesty International ha lanciato una petizione contro le modalità di accoglienza in Italia. 4

Richieste specifiche di Amnesty International Italia:

  • No all’uso eccessivo della forza negli Hotspot: Amnesty scrive: “Le autorità italiane hanno dichiarato che il loro successo nell’aumentare il tasso di rilevamento delle impronte digitali ai migranti sbarcati, a partire dalla seconda metà del 2015, è dovuto a una diminuzione degli arrivi di persone di alcune nazionalità che generalmente rifiutano di dare le impronte digitali, oltre alla capacità della polizia di “negoziare” con le persone appena arrivate e di persuaderle, separando quelli che si rifiutavano e suddividendo le persone o i piccoli gruppi tra diversi uffici di polizia in diverse città. Tuttavia, è evidente che l’uso di misure coercitive ha fatto la sua parte. La realtà è che, tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, la polizia italiana ha introdotto strategie più aggressive per costringere le persone a fornire le impronte digitali, incluso l’uso di forza fisica e di detenzione prolungata, portando a gravi violazioni dei diritti umani. Il governo italiano, sotto la pressione delle istituzioni della UE e degli altri stati membri, ha indotto questo cambiamento forzando la mano, in senso metaforico e letterale”. L'organizzazione afferma: “Amnesty International ha ricevuto durante il 2016 un numero significativo di denunce di uso eccessivo della forza da parte della polizia, allo scopo di rilevare le impronte digitali di rifugiati e migranti appena sbarcati, inclusi casi di tortura o altri trattamenti crudeli, disumani e degradanti. La violenza perpetrata dagli agenti di polizia avverrebbe attraverso duri pestaggi, manganelli elettrici, umiliazioni sessuali e minacce di detenzione e di non assistenza. Le prove dei maltrattamenti sono le testimonianze dei migranti rese alla ONG. Per questo: “Le autorità devono indagare su tali violazioni dei diritti umani e assicurare che le vittime abbiano accesso a giustizia e riparazioni”. 5

  • Accesso ad informazione completa e chiara sul proprio status e genuine opportunità di chiedere asilo per tutte le persone che arrivano in Italia già negli Hotspot.

  • Nessun rimpatrio forzato per chiunque provenga da Paesi dove potrebbe subire violazioni gravi dei diritti umani. La situazione di ogni persona deve essere esaminata individualmente.

  • Sospendere l’esecuzione e evitare di stipulare accordi bilaterali di polizia in Italia che facilitano la riammissione di persone verso paesi dove si violano i diritti umani in modo diffuso e sistematico, come il Sudan.

  • Aumento dei posti disponibili per i rifugiati in paesi sicuri, specialmente per i più vulnerabili (come le persone che hanno subito tortura, le persone disabili, le donne e i minori a rischio di violenze).

  • Maggiori opportunità per chiedere asilo per le persone che scappano da conflitti e da situazioni di emergenza (come la guerra in Siria) attraverso il rilascio di visti umanitari, visti per il ricongiungimento familiare, per motivi di studio o di salute.

  • I paesi più sviluppati facciano la propria parte e contribuiscano in modo equo ad accogliere i rifugiati e contribuire finanziariamente alla protezione di rifugiati presenti nei paesi in “prima linea”.

  • Il governo deve rispettare il diritto a chiedere asilo e garantire i diritti fondamentali dei rifugiati.

Il caso Osman: ASGI e Amnesty International Italia hanno avviato un’azione legale presso il Tribunale Civile di Roma per chiedere il rilascio di visti umanitari per sedici migranti che consenta loro di arrivare in Italia con lo scopo di richiedere asilo, “così da poter in qualche modo riparare alle conseguenze del respingimento illegale subito nel 2009 ad opera della Marina Militare italiana”. ASGI e Amnesty si riferiscono al caso di 16 migranti eritrei respinti dalla Marina e fatti tornare in Libia e poi riparati in Israele. ASGI (associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) è formato da un network di persone che si scambiano informazioni, ricevono e forniscono aggiornamenti sulle prassi legali, realizzano progetti che hanno un forte impatto sul territorio e modificano norme e leggi discriminatorie, partecipano e organizzano formazione, diffondendo sul territorio una cultura dell’integrazione attraverso la tutela dei diritti. Fa parte delle associazioni sostenute dalla Open Society Foundations di George Soros. 6

Direzione e Presidenza di Amnesty International Italia

Gianni Rufini, direttore di Amnesty Italia. Dal 1985 ha lavorato come esperto di diritti umani e aiuto umanitario in Africa, Medio Oriente, Asia, Balcani e America Latina. È stato direttore del coordinamento europeo di ONG VOICE a Bruxelles, dal 1997 al 2001. Ha lavorato per numerose ONG italiane e straniere, per diverse agenzie delle Nazioni Unite ed altre organizzazioni internazionali. La ONG VOICE è un network europeo composto da diverse ONG; i membri italiani sono: 7

Antonio Marchesi, presidente di Amnesty Italia. Al momento insegna diritto internazionale alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Teramo e ha insegnato in quella di Filosofia dell’Università di Roma. Svolge attività di formazione specialistica sulla protezione dei Diritti Umani per la SIOI e ha collaborato con il Segretariato internazionale di Amnesty International, il Consiglio di Europa, la Commissione Europea e diverse ONG.

Il bilancio di Amnesty International Italia

I dati si riferiscono al bilancio 2015 non essendo ancora stato pubblicato quello relativo al 2016. 8

Allocazione fondi tra le diverse attività di Amnesty International Italia:

Staff di Amnesty International e relativi costi:

Bilancio di Amnesty International Limited e finanziatori

Il bilancio di Amnesty International Italia, ad eccezione degli alti oneri per la raccolta fondi e la non trasparenza riguardo alle fonti di finanziamento (la ONG non pubblica una lista dei maggiori donatori, delle fondazioni e delle aziende partner), sembrerebbe abbastanza lineare e coerente con le linee guida di indipendenza e neutralità dell’organizzazione. Un discorso diverso,invece, è quello riguardante il bilancio di Amnesty International Limited (AIL), che si occupa di prendere in “appalto” la attività caritatevoli per conto di Amnesty International Charity Limited (AICL), istituzione benefica registrata. La Amnesty International Limited è il luogo dove sono mantenuti i legami con i governi, con le fondazioni e con le società. 
Dal bilancio di AIL, è chiaro che “Amnesty International è finanziata e guidata non soltanto da alcuni governi, ma anche da enormi interessi di finanziatori d’impresa; inoltre è intrecciata con ideologie politiche e interessi economici. Amnesty è uno strumento essenziale, utilizzato esclusivamente per perpetrare tali interessi” (tratto dal libro inchiesta “Subverting Syria-Obiettivo Siria” di Tony Cartalucci, ricercatore di geopolitica e scrittore, Arianna Editrice-2012,pag.239-243) in netta antitesi con il suo codice etico e le linee guida tracciate dall’organizzazione: “Amnesty International è finanziata principalmente dai suoi membri e da donazioni pubbliche. Nessun fondo viene domandato ai governi, oppure accettato da essi, per l’opera di investigazione e la campagna contro gli abusi dei diritti umani. Amnesty International è indipendente da ogni governo, ideologia politica, interesse economico o religione”. 9

I dati di seguito esposti provengono dall’Income Report 2015 di Amnesty International Limited: 10

Chi sono i finanziatori di Amnesty International Limited:

  • American Counsel of Learned Societies, federazione privata e senza scopo di lucro composta da 74 organizzazioni scolastiche statunitensi, è il principale sostenitore statunitense delle borse di studio riguardanti le scienze umane e le scienze sociali. Le altre attività della federazione includono il sostegno a conferenze scientifiche e ad innovazioni sulla comunicazione scientifica. L’ACLS è sovvenzionata da diverse agenzie governative americane e fondazioni. 11

  • Benetech, è una società no-profit che sviluppa prodotti tecnologici per le comunità in difficoltà creando soluzioni tecnologiche adatte alla mia ampia fruibilità. Il team della Benetech è impegnato a portare il potere della tecnologia per supportare le esigenze sociali più urgenti, e a garantire l’accesso a coloro che maggiormente ne hanno bisogno. Sono finanziati sia da diversi Dipartimenti di Stato Americani sia da numerose fondazioni.12Oltre ad Amnesty International Limited, la Benetech sponsorizza anche la Human Rights Watch.13

  • Charities Aid Foundation, la cui missione è quella di motivare la società a donare sempre più efficacemente, aiutando così la trasformazione delle vite di diverse comunità in tutto il mondo. Da una parte, aiutano le persone e le imprese a sostenere le cause che hanno a cuore, dall’altra, forniscono alle organizzazioni di beneficenza semplici servizi bancari e di raccolta fondi, liberandoli così da questo tipo di incombenze per permettergli di concentrarsi sulla loro missione.14

  • Comic Relief, fondata nel 1985 da alcuni attori che volevano fare qualcosa di utile per aiutare il prossimo, è diventata in breve tempo una charity internazionale molto importante con sede nel Regno Unito, e opera nella speranza di rendere il mondo giusto e libero dalla povertà. La Comic Relief è sovvenzionata dal Dipartimento per lo Sviluppo Internazionale del governo britannico e da molte grandi fondazioni.15

  • Ford Foundation, è una fondazione no-profit statunitense con scopi sociali e umanitari fondata nel 1936 da Edsel Ford e Henry Ford. È stata per molto tempo la più grande e la più influente fondazione del mondo, con attività in svariati settori: istruzione, diritti umani, arti creative, ricerca scientifica e aiuti ai paesi del terzo mondo.16 Oltre a finanziare Amnesty International, la Ford Foundation sostiene anche Alliance for Open Society International Inc, Open Democracy (fondata dalla Open Society Foundations) e Human Rights Watch.

  • Humanity United, fondazione dedicata a portare nuovi approcci a problemi globali che per molto tempo sono stati considerati irreparabili. Partendo dal presupposto che qualunque problema creato dagli umani possa essere risolto, la fondazione cerca di costruire, di condurre e di sostenere gli sforzi per cambiare i sistemi che sopprimono i diritti umani e contribuiscono alla sofferenza.17 La fondazione finanzia anche altre organizzazioni come la Clinton Foundation, l’International Crisis Group (gruppo Open Society Foundations) e la Human Rights Watch.

  • OAK Foundation, fondazione internazionale che finanzia progetti in materia di diritti umani, abusi, housing, disabilità di apprendimento e altre questioni di giustizia sociale.18 La OAK Foundation sostiene numerose organizzazioni come l’italiana Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (fondata dalla Open Society Foundations), la Human Rights Watch, l’Open Society Institutee l'International Crisis Group.

  • The Stanley Thomas Johnson Foundation, fondazione svizzera che sostiene progetti che combinano diverse aree di supporto in modo mirato. Ottimizzano il loro contributo incoraggiando approcci innovativi e impegnandosi in partnership efficaci. La fondazione lavora per proteggere la vita, la sicurezza, la dignità e il benessere fisico e mentale di persone che sono state colpite da guerra, conflitti armati e altre situazioni di violenza. Questo approccio di protezione si concentra sulle cause, sulle circostanze e sulle conseguenze della violenza. Oltre ad Amnesty International Limited, finanzia anche Medici senza Frontiere.19

  • Open Society Foundation, fondazione di George Soros, finanzia Amnesty International Limited apportando fondi vincolati a favore di attività contro le torture e le malattie in Europa ed Asia, per lo sviluppo di “tecnologie innovative” a favore dei diritti umani, per l’implementazione dei diritti dei lavoratori migranti e per il “Global Transition Programme”.20 La Open Society Foundations stanzia ogni anno ingenti risorse per le varie attività "benefiche"che spaziano dalla sensibilizzazione a favore dei diritti LGBT alle azioni per sostenere i diritti dei migranti per favorire la nascita della tanto declamata "società aperta".

Amnesty International e i Governi

Dopo aver analizzato i finanziatori di Amnesty International Limited, passiamo ad esaminare i rapporti esistenti tra l’organizzazione e i vari governi nazionali, e la strumentalizzazione di determinate cause:

Il ruolo di Suzanne Nossel.

Suzanne Nossel, direttore esecutivo di Amnesty International USA dal gennaio 2012 al gennaio 2013 è stata in qualche modo designata direttamente dal Dipartimento di Stato americano (dopo una carriera come ambasciatrice nelle Nazioni Unite e dopo essere stata assistente personale di Hillary Clinton agli Esteri degli Stati Uniti) “il che contraddice amaramente, ancora una volta, le dichiarazioni di Amnesty sulla sua “indipendenza” da governi e interessi delle corporation. La Nossel ha continuato a promuovere la politica estera statunitense, semplicemente dietro un podio con un nuovo logo, quello di Amnesty International, affisso su di esso". Il sito web di Amnesty International menziona specificamente il ruolo della Nossel a favore delle risoluzioni ONU appoggiate dal Dipartimento di Stato USA, riguardanti l’Iran, la Siria, la Libia, e la Costa D’Avorio.2122

Amnesty International e le "testimonianze".

Toni Cartalucci scrive nel suo libro “Subverting Syria-Obiettivo Siria” :Alle persone comuni è data la falsa impressione che “qualcuno sorvegli” sulle violazioni dei diritti umani, quando in realtà ciò che Amnesty e tutte le altre organizzazioni simili fanno è gestire selettivamente la percezione pubblica su tali violazioni, fabbricando o manipolando molti casi affinché questi si conformino meglio all’agenda delle grandi partecipazioni finanziarie. Questo diviene evidente, se si considera che interi report di Amnesty o di Human Rights Watch si basano unicamente su ‘dichiarazioni di testimoni’ ricavate dai racconti dei gruppi di opposizione sostenuti dagli Stati Uniti. Nei rari casi in cui un report contiene reali prove fotografiche, video o documenti un linguaggio ingannevole viene intenzionalmente incluso tra i passi, affrontati con rapidità e finta noncuranza, allo scopo di comporre un report selettivo e fuorviante non soltanto per i media istituzionali occidentali, ma anche per una miriade di false ONG finanziate e condotte da sponsor e affiliati di Amnesty International e di Human Rights Watch.21

Zone d’ombra di Amnesty International

Le affermazioni di neutralità e non politicizzazione di Amnesty Internationalspesso vengono confutate dai fatti come provato anche dalle fonti di finanziamento di Amnesty International Limited, dalla vicinanza di alcuni suoi membri alle autorità governative e da numerosi comunicati ufficiali dove si denota una certo schieramento verso o contro una parte:

  • Amnesty e Siria: nel Report del 2011 (Amnesty International Report 2011: the state of the world’s human rights) Amnesty afferma di evidenti violazioni dei diritti umani in Siria commesse dal governo del presidente Assad, definendo "decade sprecata" il periodo compreso tra il 2000 e il 2010, dichiarazione suffragata anche dalle relazioni di Human Rights Watch; le violazioni denunciate dalle due organizzazioni, comunque, non sono state mai provate dagli osservatori internazionali.23 Nel suo articolo ‘Syria: The Amnesty International Scandal, Smart Warmongers and Terrorist Sympathizers’, Tim Hayward dichiara : “Come loro sostenitore decennale, non avrei mai pensato di verificare l'affidabilità del loro reporting. Solo dopo aver visto che l'organizzazione lo scorso anno pubblicavano comunicati scritti dagli White Helmets, mi sono posto delle domande. Dopo aver scoperto la polemica relativa alle testimonianze fornite dai medici di Medici Senza Frontiere, ho ritenuto necessario esaminare più da vicino anche le segnalazioni di Amnesty International. L'Amnesty è sempre stato molto influente nell’influenzare l’opinione pubblica sulla situazione siriana”.24

  • Amnesty e Afghanistan: Patrick Henningsen nell’articolo ‘AN INTRODUCTION: Smart Power & The Human Rights Industrial Complex’scrive: “I diritti umani in Occidente: la realtà vive sulla retorica? Superficialmente, il racconto sembrerebbe abbastanza innocente: i miliardari filantropi, i luminari politici e le corporazioni internazionali, insieme ad una moltitudine di personale e volontari; tutti lavorano insieme in nome della giustizia sociale, forgiando un mondo migliore, più giusto e più responsabile”. Il XX secolo ha visto una lunga serie di fallimenti da parte di vari governi che hanno tentato di frenare e di fermare crimini contro l’umanità ad opera di alcuni paesi; la motivazione di tali interventi è stata “l’esportazione della democrazia”. Di conseguenza, molti di quei governi hanno studiato strategie diverse per legittimare i loro interventi in determinati angoli del mondo; una di queste strategie potrebbe essere la collaborazione con organizzazioni con un alto profilo di credibilità, operanti a favore dei diritti umani e contro le ingiustizie. A suffragio della tesi esposta, Henningsen cita il ruolo di Susan Nossel, direttore esecutivo di Amnesty International USA. La Nossel ha lavorato a stretto contatto con figure istituzionali americane attive nel campo umanitario come Hillary Clinton, Samantha Power e Susan Rice e anche con il meno noto Atrocity Prevention Board di Washington, programmando interventi umanitari. Patrick Henningsen cita come esempio la campagna di Amnesty International a favore dei diritti delle donne afghane.25

  • Amnesty e gli Stati Uniti: Colin Powell, allora segretario di Stato degli Stati Uniti, in un discorso alle ONG poco prima dell’operazione Enduring Freedom(invasione dell’Afghanistan), nell’ottobre 2001, disse: “Le ONG sono un nostro moltiplicatore di forza, parte importante della nostra squadra di combattimento” (Michael Mann, Incoherent Empire, Verso, 2003). Avendo già trattato i legami tra Suzanne Nossel e le istituzioni americane, passiamo al suo successore Franck Jannuzi, scelto per la sostituzione ad interim della stessa. La scelta di Jannuzi alla carica di direttore esecutivo di  Amnesty International USA, a Washington DC, è alquanto discutibile se si guarda la sua carriera: ha lavorato per il Bureau of Intelligence and Research come analista politico-militare della regione asiatica, per poi diventare responsabile dell’adattamento alla politica estera statunitense degli indirizzi strategici di Amnesty International USA. Nessuna critica per le invasioni americane in Afghanistan, in Iraq e in Libia (che causarono molte vittime) a differenza di quello che successe in Mali quando Amnesty International condannò severamente l’intervento francese.26 Sul sito internet, Amnesty afferma seccamente: “Sebbene le autorità russe e siriane affermano di non esserne responsabili, occorre un'inchiesta per individuare i responsabili e portarli davanti alla giustizia. Dal 2013, diversi attacchi chimici contro i civili sono stati condotti dalle forze governative e da altri gruppi armati; tuttavia nessuno è stato ancora condannato”. E continua: “È giunto il momento della giustizia e di presentare il conto per le vittime e per le loro famiglie. È giunto il momento di garantire che i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità non vengano lasciati impuniti”.27 Quali celate e misteriose prove ha Amnesty International per condannare i colpevoli di crimini, per giunta forse mai connessi? Perché l’organizzazione non rende note le prove che la rendono così limpidamente certa a proposito della situazione siriana?

  • Amnesty in Italia: a dispetto delle dichiarazioni di indipendenza finanziaria dai governi nazionali, Amnesty International Italia è accreditata come Onlus nell’elenco di UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità) e beneficia dei fondi messi dal suddetto a disposizione attraverso vari bandi.28 Il 5 maggio 2017 Amnesty International Italia pubblica un comunicato intitolato “Siria: l’accordo sulle 'zone sicure' non autorizzi i governi a rimandare indietro i rifugiati”. Amnesty chiede al governo nazionale di non approfittare dell’accordo sulle quattro “zone sicure”, promosso dalla Russia e sottoscritto da Turchia e Iran il 4 maggio, per rinviare i rifugiati siriani che si trovano sul territorio italiano; le motivazioni addotte sono quantomeno opinabili a proposito della insicurezza e della mancanza di garanzie relative ai diritti umani (come arresti arbitrari, violenze e uccisioni).29

Comunicato Amnesty International Italia riguardante le ONG che operano nel Mediterraneo: Amnesty Italia nel comunicato afferma: “Nel marzo 2017 Amnesty International ha incontrato la Guardia costiera al Centro di coordinamento di Roma. Nelle settimane precedenti, l’organizzazione per i diritti umani aveva esaminato numerose informazioni presentate durante le audizioni parlamentari, documenti ufficiali, informazioni pubbliche, articoli e servizi dei mezzi d’informazione. Alla luce di quanto emerso da queste fonti e sulla base dell’esperienza maturata nello studio e nel monitoraggio delle attività di ricerca di migranti e rifugiati in mare, temiamo che una campagna di sospetti e insinuazioni circa rapporti criminali con le reti dei trafficanti non basata su alcuna prova stia mettendo a rischio un’attività di cruciale importanza, ovvero il salvataggio di vite in mare da parte di organizzazioni della società civile che si sono attivate volontariamente laddove sarebbe stato compito dei governi destinare risorse e navi per salvare vite umane. Inoltre, la denigrazione delle Ong che salvano le persone in mare e cercano di assicurare loro l’accesso alla protezione che spetta ai rifugiati può deteriorare ulteriormente il dibattito sull’asilo e l’immigrazione, legittimando la stigmatizzazione, la ricerca di capri espiatori e la discriminazione, e contribuisca in definitiva a favorire violazioni dei diritti umani e violenze contro migranti e rifugiati.”30

Il comunicato di Amnesty International Italia, quindi, rende ridondante e superfluo l’operato delle Procure italiane coinvolte nelle indagini avendo già dichiarato innocente senza nessun dubbio, attraverso “tutti i gradi di giudizio”, ogni ONG, ogni membro dello staff e ogni volontario presente nel Mediterraneo.

Human Rights Watch

Human Rights Watch è un'organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani. La sua sede principale è a New York. Human Rights Watch confeziona ricerche e studi sulle violazioni delle norme internazionali riguardanti i diritti umani come sono state definite dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e da altre norme sui diritti umani accettate a livello internazionale. 
Lo scopo di questa organizzazione è sensibilizzare la comunità internazionale sugli abusi che avvengono nel mondo, al fine di imporre ai governi imputati di essi un cambiamento nei comportamenti e nelle leggi. Le ricerche sono mirate alla scoperta di situazioni che possano generare preoccupazione e attenzione nelle comunità locali e internazionali, anche avvalendosi del supporto mediatico per poter meglio denunciare le varie forme di ingiustizia. 
I problemi che Human Rights Watch solleva spaziano dai vari tipi di discriminazione (religiosa, razziale, politica) all'utilizzo della tortura, passando per il fenomeno dei bambini-soldato, per la corruzione politica e per gli abusi che avvengono nelle procedure di giustizia penale. Human Rights Watch documenta e riporta anche le violazioni delle leggi di guerra e delle leggi umanitarie internazionali nelle situazioni belliche. 
Il suo staff è composto da professionisti dei diritti umani, tra cui gli esperti nazionali, avvocati, giornalisti e accademici, di diversa estrazione e nazionalità. 
Human Rights Watch pubblica annualmente più di 100 relazioni e briefing sulle condizioni dei diritti umani in 90 paesi, generando un'ampia copertura sui media locali e internazionali. Grazie a queste leve, Human Rights Watch si incontra con i governi nazionali, le Nazioni Unite, i gruppi regionali come l'Unione Africana e l'Unione Europea, le istituzioni finanziarie e aziendali per spingere verso cambiamenti nella politica e nella pratica che promuovano i diritti umani e la giustizia in tutto il mondo.31

I core value di Human Rights Watch:

  • Sono impegnati nella missione di portare i diritti umani in tutto il mondo. Il loro lavoro è guidato dai diritti umani internazionali, dal diritto umanitario e dal rispetto per la dignità di ogni essere umano.

  • Sono indipendenti. Per garantire la loro indipendenza, non accettano fondi pubblici, direttamente o indirettamente, e il sostegno di finanziatori privati che potrebbero compromettere la loro obiettività e indipendenza. Non abbracciano cause politiche e mantengono la neutralità nei conflitti armati.

  • Sono veri, accurati ed etici nel rilevamento dei fatti. Sono impegnati a mantenere elevati standard di precisione e correttezza, anche cercando diverse prospettive per sviluppare una comprensione approfondita e analitica degli eventi. Si riconoscono una particolare responsabilità per le vittime e per i testimoni che hanno condiviso le proprie esperienze con loro.

  • Sono attivamente focalizzati sull’impatto delle loro azioni. Operano solo quando le loro attività portano ad un cambiamento positivo e sostenibile. Non sono mai soddisfatti, sempre alla ricerca di nuove opportunità per sostenere la loro causa. Inoltre, si impegnano a lavorare su situazioni difficili, in cui è necessaria un'attenzione a lungo termine per un impatto significativo.

  • Sono sostenitori di un movimento “diverso” sui diritti umani e favorevoli a partnership che possano portare a benefici condivisi. Collaborano con una vasta gamma di attori della società civile, locale e internazionale, per massimizzare il loro impatto.

Human Rights Watch e i rifugiati

Human Rights Watch propone una serie di azioni per gestire l'emerganza migratoria. I "dieci passi" che dovrebbero seguire i Governi nazionali per affrontare la crisi globale dei rifugiati sono i seguenti:

  • Astenersi dal detenere i richiedenti asilo, in particolare i bambini, per motivi di ingresso o soggiorno illegali, adottando alternative alla detenzione, come i “centri aperti”.

  • Non fare rimpatriare mai i rifugiati nei Paesi in cui hanno subito minacce. Scrupolosamente rispettare il "principio del nonrefoulement”, ovvero il divieto del fare tornare forzatamente i rifugiati nei luoghi in cui la loro vita o la loro libertà potrebbero essere minacciate.

  • Non interferire con il diritto di richiesta di asilo. Rispettare il diritto di tutti del poter chiedere asilo, anche per chi presenta la richiesta alle frontiere e nei porti. Non permettere che le misure di controllo sulle migrazioni, anche quelle che si prefiggono di essere umanitarie, intendano impedire ai profughi di raggiungere luoghi sicuri dove le loro richieste di status di rifugiato possono essere sufficientemente esaminate.

  • Valutare in modo efficiente le domande di asilo. Nei paesi in cui i rifugiati non vengano riconosciuti sulla base di gruppi “prima facie” o non siano stati concessi visti temporanei, effettuare valutazioni eque ed efficaci delle singole richieste di asilo, tenendo conto non solo degli standard della “Convenzione sui Rifugiati” del 1951, ma anche della necessità di proteggere gli individui dal rischio di gravi danni sulla base di violenze indiscriminate derivanti da conflitti armati, anche se non si qualificano come rifugiati nel quadro del trattato del 1951.

  • Fornire assistenza completa alle organizzazione umanitarie. Soddisfare appieno le richieste di finanziamento da parte delle agenzie umanitarie internazionali per consentire ai rifugiati nei paesi “di primo asilo” di vivere in sicurezza e dignità. Il sostegno finanziario incoraggia i governi di questi paesi a mantenere i loro confini aperti ai richiedenti asilo.

  • Salvare vite. Impegnarsi efficacemente nella ricerca e nel salvataggio per ridurre al minimo i decessi in mare. I paesi che salvano o intercettano i migranti dovrebbero scortarli in luoghi sicuri, dove chi chiede asilo sia in grado di presentare e disporre adeguatamente la relativa domanda. Garantire che le politiche di accoglienza attuate alle frontiere non comportino un uso eccessivo di forze che possa mettere in pericolo la vita di ciascun immigrato.

  • Ricollocazione dei rifugiati. Riposizionare i rifugiati solo in base ai dati forniti dall'UNHCR, soprattutto se i Paesi di “primo asilo” non sono sicuri e non rispettano le esigenze sanitarie.

  • Facilitare un corridoio sicuro e legale verso i paesi che ospitano di rifugiati. Aiutare i richiedenti asilo a raggiungere in sicurezza i paesi ospitanti emettendo visti umanitari e facilitando il ricongiungimento familiare se i parenti sono già in un paese ospitante.

  • Dedicarsi alle esigenze particolari dei richiedenti asilo. Concentrarsi, attraverso misure di protezione e servizi mirati (compresi i servizi sanitari), sulle esigenze particolari delle persone maggiormente a rischio di abusi, discriminazione, trascuratezza, abbandono e sfruttamento come i bambini non accompagnati, le famiglie che viaggiano con bambini piccoli, le vittime della tratta, le persone che hanno subito o rischiano violenze di genere (matrimonio forzato, abuso domestico, mutilazione genitale femminile ecc.), le madri in gravidanza e allattamento, le persone LGBT e le persone con disabilità.

  • Firmare la Convenzione sui Rifugiati e il relativo Protocollo. Firmare e ratificare la Convenzione sui Rifugiati del 1951 e il suo Protocollo del 1967 senza riserve e limitazioni geografiche, e adeguare la legge nazionale per attuare le sue disposizioni. Garantire inoltre una protezione complementare alle persone che non soddisfano la definizione di rifugiati previste, ma che hanno bisogno di protezione internazionale a causa di violenza indiscriminata e di altri gravi danni.32

I passi che dovrebbe seguire l’Unione Europea (e i suoi Stati Membri) per affrontare la crisi globale dei rifugiati:33

Human Rights Watch e l’Italia

La situazione italiana a proposito di diritti umani descritta da Human Rights Watch:34

Human Rights Watch e la Libia

La situazione della Libia a proposito di diritti umani descritta da Human Rights Watch:35

Human Rights Watch e la Siria

La situazione della Siria a proposito di diritti umani descritta da Human Rights Watch:36

Bilancio di Human Rights Watch

I dati esposti si riferiscono al bilancio 2016.37

I fondi ricevuti nel 2016: Human Rights Watch percepisce ingenti donazioni da numerose fondazioni38 (come la OAK Foundation e la Open Society Foundations); nel 2011 George Soros ha annunciato che avrebbe devoluto 100 milioni di dollari per 10 anni a Human Rights Watch.39 La sovvenzione della Open Society Foundation, la più grande che abbia mai fatto ad un'organizzazione non governativa, è stata e verrà utilizzata per espandere e incrementare la presenza globale di Human Rights Watch, e per proteggere e promuovere in modo più efficace i diritti umani in tutto il mondo.

Totale spese sostenute nel 2016: come già riscontrato in numerose ONG analizzate, i costi per il supporto generale e per la raccolta fondi sono molto alti, ovvero il 34% dei fondi ricevuti.

Zone d’ombra di Human Rights Watch

Human Rights Watch e l’Italia: Judith Sunderland, associate director di Human Rights Watch per l’Europa e l’Asia Centrale, in un comunicato del 4 maggio 2017 intitolato ‘Fare politica sulla pelle delle persone: in Italia sotto attacco gli sforzi per salvare le vite dei migranti’ dichiara: “In Italia, le ONG sono al centro di un ciclone di attacchi politici, in particolare del Movimento 5 stelle e dell'estrema destra della Lega Nord, che le accusano di fornire un ‘servizio taxi’ dalla Libia all'Unione Europea. In Sicilia, un procuratore generale che non disdegna l’attenzione dei media ha rilasciato dichiarazioni quasi quotidiane a proposito della sua indagine sulle operazioni di ricerca e salvataggio delle ONG, insinuando,senza alcuna prova, che stiano colludendo con i trafficanti e traendo profitti dal traffico di esseri umani. Insieme ad altri soggetti, le ONG sono state chiamate in audizione da un comitato del Senato. Le ONG umanitarie attive nel Mediterraneo proteggono il più fondamentale dei diritti: quello alla vita. Lo fanno agendo sotto il controllo e le istruzioni del Centro di coordinamento del salvataggio marittimo italiano. Il fatto che organizzazioni come Medici Senza Frontiere, Proactiva Open Arms e Save the Children debbano difendere pubblicamente le loro operazioni di salvataggio rende l’idea di quanto il dibattito sulle migrazioni sia diventato tossico. Allo stesso tempo, i loro critici fanno di tutto per aggirare la conclusione logica del loro ragionamento, e cioè che dovremmo lasciare che le persone affoghino per dissuadere altri dal venire in Europa. Se alcune ONG commettono errori, che si lavori per migliorare i protocolli, la formazione e il coordinamento. Se i governi sono preoccupati dal ruolo che le ONG stanno assumendo, che intensifichino i propri sforzi in mare per proteggere il diritto alla vita. Soprattutto, se così tante donne, uomini e bambini rischiano la vita in mare, si ripensino le politiche dell'Unione Europea e si aprano canali di emigrazione più sicuri e legali”.40

I giudizi della Sunderland sono molto forti e riguardano comunque il normale confronto politico all’interno di una nazione che fino a prova contraria è ancora sovrana; come è 'sovrano' il potere delle nostre Procure, che legittimamente stanno indagando sull’attività delle ONG coinvolte nelle attività di salvataggio nel Mediterraneo. L’attacco al Procuratore di Catania Zuccaro, reo di essere troppo presente sui media, è senza ombra di dubbio allarmante. I migranti vengono portati in Italia, quindi è legittimo che i poteri istituzionali italiani si confrontino e si chiedano se tutto quello che succede sia regolare e che non ci siano punti oscuri. Anche chi salva vite deve agire secondo le leggi e le normative valide per qualsiasi essere umano; lo scopo è nobile ma anche il tragitto che porta ad ottenerlo deve essere 'pulito'.

Human Rights Watch e l’Arabia Saudita: nel maggio del 2009, i leader di Human Rights Watch si sono recati in Arabia Saudita, uno dei principali trasgressori delle norme che HRW sostiene di promuovere, per raccogliere fondi per l'organizzazione. Le agenzie di informazioni arabe hanno riferito che i senior member di HRW, Sarah Leah Whitson e Hassan Elmasry, hanno partecipato ad una cena di benvenuto e incoraggiato gli importanti membri della società saudita a finanziare il loro operato. L’incessante lavoro sviluppato da HRW in Israele è stata la mossa strategica per riuscire ad ottenere la sovvenzione dai sauditied è stata anche la causa della carenza di fondi dell’organizzazione. Per motivare l’impegno economico dell’Arabia Saudita a HRW, la Whitson ha citato i vari report redatti dalla sua organizzazione su Israele, dove si dichiara: "Human Rights Watch ha fornito alla comunità internazionale prove che Israele usi il fosforo bianco e quindi lanci attacchi distruttivi sistematici su obiettivi civili“.41

Human Rights Watch e Israele: lo scorso febbraio ha fatto molto scalpore il visto lavorativo negato a Omar Shakir, direttore di Human Rights Watch per Israele e Palestina, dalle autorità israeliane. Lo riferisce la stessa organizzazione in una nota: "Siamo stanchi di porgere l'altra guancia". Il motivo di tale decisione è spiegato dal portavoce del ministero degli esteri israeliano Emmanuel Nachshon: "L'organizzazione opera in maniera evidentemente ed inequivocabile contro lo Stato d'Israele, in un modo totalmente sbilanciato”. Israele sostiene che HRW ha un programma estremamente ostile e anti-israeliano dimostrato dalla redazione di vari report dove HRW critica aspramente Israele riguardo a presunte violazioni dei diritti umani come, ad esempio, la detenzione arbitraria di giornalisti e attivisti dell‘autorità palestinese e di Hamas. Omar Shakir dichiara: "Abbiamo scarse relazioni con i governi della Corea del Nord, del Sudan, dell'Uzbekistan, di Cuba e del Venezuela dove non esiste nessun impegno per i diritti umani. Con questa decisione, Israele sta entrando nel medesimo elenco". Forse Human Rights Watch sta seguendo la medesima politica anti-israeliana di cui è accusato anche il loro più grande finanziatore George Soros? Difatti, il filantropo finanzia, da anni, movimenti e associazioni palestinesi ed ebraiche anti-israeliane. Tra le migliaia di mail della Open Society Foundation, hackerate e rese disponibili on line su DcLeaks, trapela la strategia che il finanziere ebreo-ungherese attua contro lo stato d’Israele e le sue politiche ritenute “discriminatorie e razziste”.424344

Human Rights Watch e la Siria: per quanto riguarda la questione siriana, la neutralità di HRW è difficilmente sostenibile come testimoniato dai vari report, dai diversi comunicati e dalle immagini presenti sul sito web dell’organizzazione. Ad esempio, qualche ora dopo il presunto attacco con armi chimiche dell’aprile del 2017, Human Rights Watch pubblicava un articolo dove si accusavano le forze dell’esercito governativo di Assad di tale atto, portando come testimonianze attendibili foto e dichiarazioni degli White Helmets.4546

Oxfam

Oxfam è una confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo. Ne fanno parte 18 organizzazioni di Paesi diversi che collaborano con quasi 3.000 partner locali in oltre 90 nazioni per individuare soluzioni durature alla povertà e all'ingiustizia.

Oxfam International rappresenta il Segretariato internazionale da cui dipendono tutte le organizzazioni nazionali.

L’impegno di Oxfam si sostanzia su tre fronti:

  • Programmi di sviluppo per aiutare le persone a migliorare le loro condizioni di vita, fornendo loro sostegno e risorse adeguate, favorendo processi di sviluppo sostenibili nel lungo periodo.

  • Interventi di emergenza attraverso la costruzione di servizi igienico-sanitari e rifugi alle popolazioni vittime di conflitti e disastri naturali. E quando l'emergenza è finita, Oxfam sostiene la ricostruzione fino al ritorno alla normalità.

  • Campagne di opinione e sensibilizzazione attraverso la pubblicazione di analisi e l’organizzazione di eventi di informazione per influenzare le politiche che causano la povertà e l'ingiustizia globale; tramite percorsi educativi e iniziative di mobilitazione, stimola cittadini a chiedere ai propri leader un maggior impegno nella difesa e nella promozione degli interessi dei più poveri e vulnerabili.

In Italia, dal 1º agosto 2010, è attiva Oxfam Italia, ONG parte della confederazione. Tale organizzazione nasce dall'esperienza di Ucodep, organizzazione non governativa italiana fondata ad Arezzo nel 1990 sulla scia di a