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Proteggersi dal fiato velenoso della modernità

di Francesco Lamendola - 09/09/2017

Proteggersi dal fiato velenoso della modernità

Fonte: Accademia nuova Italia

C’è una virtù che abbiamo disimparato e dimenticato, con grave danno per noi, e più ancora per i nostri figli: quella della prudenza. Non abbiamo capito, e non abbiamo saputo insegnare, che occorre stare in guardia contro il male; che non ci si può fidare, a cuor leggero, di tutto e di tutti, né sperimentare qualsiasi cosa; che il male esiste, e fingere di non vederlo è follia; e che esiste anche il bene, ed è verso di esso che bisogna rivolgere la propria vita, altrimenti essa sarà sempre tormentata da angosce, fallimenti, delusioni. In breve, ci siamo scordati che la vita è una lotta continua, non una passeggiata al chiaro di luna; e che bisogna prepararsi a combatterla, altrimenti si rimane vinti senza neanche aver lottato, il che è stupido, oltre che disonorevole; e che occorre trasmettere questa consapevolezza alle prossime generazioni. Invece, abbiamo fatto il contrario: ci siano fidati, con leggerezza inconcepibile, di una illusoria convinzione che tutto andrà bene, quasi che ciò non dipendesse da ciascuno di noi, dal suo personale impegno e dal suo senso di responsabilità; come se le cose debbano sempre andare per il verso giusto, e tuttavia a caso, senza uno scopo, né una logica, né  un senso: il che è assurdo. Abbiamo peccato non solo di leggerezza e d’incoscienza, ma anche di superbia e di malizia; abbiamo deriso la prudenza, schernito la saggezza. Chi ha paura delle mele marce? abbiamo domandato, con aria di scherno verso i paurosi, verso i troppo prudenti; e invece avevano ragione loro. Le mele marce infettano anche le sane, se non le si toglie dal cesto: questa è la verità, al netto della retorica buonista e progressista, secondo la quale tutti sono recuperabili, perché tutti sono fondamentalmente buoni, e se qualcuno agisce male, ciò accade sempre per colpa di qualcun altro o di qualcos’altro; e non si deve proteggere le novantanove pecore per correr dietro a quella che si è persa. Ma il buon pastore non fa così: lascia le novantanove al sicuro, e poi va a cercare quella smarrita. Sì, dobbiamo dirlo: siamo stati peggio che negligenti, nei confronti dei nostri figli: li abbiamo letteralmente mandati allo sbaraglio.

La cosa paradossale, e altamente significativa, è che, nello stesso tempo, li abbiamo cullati, vezzeggiati, viziati e iperprotetti; ma solo nelle cose secondarie, nelle cose in cui avrebbero potuto e dovuto benissimo sbrigarsela da soli. Osservate la scena in una giornata di pioggia, davanti a un liceo: vedrete la premurosa mammina che accosta con la sua grossa automobile il più vicino possibile al portone, magari intralciando le manovre delle altre automobili, affinché il suo figlioletto diciottenne, un pezzo di Marcantonio grande e grosso, possa scendere ed entrare nell’edificio senza ricevere nemmeno qualche goccia di pioggia. Potrebbe bagnarsi, potrebbe raffreddarsi, il poverino, giocatore provetto in una squadra di rugby o di pallacanestro! Ma quanto a proteggere i nostri figli da pericoli ben più gravi che qualche goccia di pioggia; quanto a metterli in guardia, premunirli contro minacce ben più pericolose, sia sul piano fisico, come le droghe, e soprattutto, sul piano spirituale, come le false dottrine e le filosofie aberranti che dilagano e penetrano nelle anime come un veleno che ne distrugge la fibra vitale a poco a poco, è lì che siamo stati trascurati; o, per meglio dire, è lì che siamo stati completamente assenti. E quante crisi esistenziali, quante depressioni, quanti suicidi o tentativi di suicidio, sono da ricondursi, in realtà, a simili deleterie influenze! La musica, per esempio: che cosa ci può essere di più innocente, per un ragazzo? E invece no; di questi tempi, e anche senza arrivare al rock apertamente satanico, quanti cantanti e gruppi musicali fanno carriera scherzando col demonio, con le forze del male, oppure, semplicemente (si fa per dire), incitando i giovani, con i testi delle loro canzoni e con tutto il loro atteggiamento, a stili di vita sbagliati, al disprezzo e all’irrisione dei genitori, del bene, della vita stessa: cattivi maestri i quali, dal palco di un concerto, incitano furiosamente al male, denigrano rabbiosamente il bene, e tutto questo in un fiume di ovazioni, di un delirio di consensi, con ragazzi e ragazze che arrivano a svenire per l’eccitazione di fronte a così sublimi esempi, a modelli tanto edificanti. Sì, è vero: è difficile, per un genitore, capire certi segnali e intervenire; pure, bisognerebbe farlo.

È pur vero che non si può vedere tutto, intervenire su tutto e, specialmente, prevenire tutto: ai tempi di internet, la cosa è impossibile. Vi è una dimensione diabolica in una tecnologia che sottrae i figli alla protezione amorevole dei genitori e li scaraventa in un mondo popolato di orrori, di sconcezze, di pericoli: e tanto basti per i cantori delle meraviglie della modernità, i quali misurano il benessere solo in termini di Pil, di allungamento della vita media e in altri simili dati, di tipo puramente ed esclusivamente materiale (senza, peraltro, mettere in conto le nuove malattie e le sempre più diffuse cause di morte legate, appunto, al cosiddetto benessere). Sia come sia, il fatto è quello, e con quello dobbiamo fare i conti: non vi sono più gli strumenti per tenere i nostri figli e nipoti lontani dai pericoli; e la società post-moderna è ritornata una foresta di lupi feroci, dove basta un attimo di distrazione perché un ragazzo si perda sena rimedio. Negli Stati Uniti, che sono assai più avanti di noi perché è da essi che è partita la pestilenza della modernità (anche se le sue radici culturali sono, ovviamente, in Europa), è ormai accertato che dietro molti suicidi inspiegabili di adolescenti e perfino di bambini, vi è l’azione occulta di un certo tipo di musica o, peggio ancora, l’azione diretta di qualche setta satanica, una realtà diffusa anche in molti centri di provincia, e così capillare che quasi tutte le autorità, insegnanti della scuola pubblica, poliziotti, amministratori locali, ne fanno parte, e quindi riescono a “silenziare” o depistare tali atroci fatti di cronaca, sviando le indagini o confondendo le carte di fronte all’opinione pubblica; e non c’è dubbio che la stessa epidemia si sta diffondendo anche nel nostro continente e nel nostro Paese. Ogni tanto, un delitto particolarmente efferato, o una scomparsa particolarmente inquietante, permettono di alzare un poco, ma appena un poco, il coperchio del pentolone infernale, e d’intravedere l’orrore che si cela al di sotto. Così è accaduto, ad esempio, nel Belgio, qualche anno fa, dove una intera rete di criminali pedofili, collegati e protetti da molte pubbliche autorità, aveva potuto agire indisturbata per anni; quello stesso Belgio dove, poi, per sviare e confondere l’opinione pubblica, venne gettato il polverone negli occhi relativo a un enorme scandalo legato alla Chiesa, e la polizia procedette all’arresto in massa dei vescovi, come si fa coi delinquenti e come si faceva nel Messico rivoluzionario o nella Spagna della guerra civile. Comunque, anche senza arrivare al rock satanico e alle sette diaboliche, è indubbio che la nostra società è percorsa da potenti energie malvagie, che corrompono l’animo dei giovani e li gettano nello sconforto e nella disperazione, anche attraverso l’uso di droghe: e i genitori sono, sovente, gli ultimi a sapere quel che stava accadendo.

Quel che possono fare i genitori, in una situazione di questo genere, non è molto; tuttavia, è sempre meglio di nulla. Primo, devono sforzarsi di dare essi stessi il buon esempio di una vita sana, onesta, laboriosa, rispettosa del prossimo, a cominciare dai rapporti familiari. Non si può predicare bene e poi razzolare male. Due genitori che litigano continuamente, e in malo modo, davanti ai figli, e che mostrano di non rispettarsi, non danno il buon esempio. Anche un genitore troppo autoritario, che reprime i figli e non li ascolta mai, oppure, all’opposto, un genitore troppo accomodante e permissivo, che concede loro qualsiasi libertà e che si limita a svolgere la funzione di bancomat, abdicando completamente alla propria funzione educativa, è un cattivo genitore. Inoltre, un genitore deve saper essere severo, senza essere autoritario: deve essere autorevole ma aperto; e deve ricordarsi sempre di far vedere ai propri figli che vuole loro bene, anche se, qualche volta, è costretto a punirli. Di fatto, la punizione è scomparsa dalla prassi e anche dal vocabolario dei genitori, specie se “moderni”, “aperti” e “progressisti”. E qui veniamo alla seconda cosa che i genitori possono ancora fare, per esercitare un’azione benefica sui loro figli, e sui giovani in generale: non sottovalutare i pericoli; non mandarli allo sbaraglio; non trasmettere loro una fiducia illusoria nelle loro possibilità. Un ragazzo è inesperto della vita: non lo si deve mettere sotto una campana di vetro, altrimenti non imparerà mai a diventare adulto; ma neppure lo si deve gettare in mezzo alle strade del mondo, perché, disarmato e ingenuo com’è, rischia di venire travolto. Occorre tenere la giusta via di mezzo, come dicevano i latini: in medio stat virtus. E questa non è ipocrisia, non è filisteismo: è puro buon senso; una merce sempre più rara, ormai, di questi tempi. Se si lascia andare il proprio figlio all’esterno, in un Paese socialmente inquieto, a fare qualcosa di poco chiaro, per esempio a fare strane inchieste di tipo politico; oppure, semplicemente, se lo si lascia andare, da solo, a “divertirsi” in luoghi dove la vita di una persona, per non parlare di un europeo, vale ben poco, significa esporlo impreparato a dei rischi mortali. Bisogna avere il coraggio di dirgli di no, se chiede il permesso; se non lo chiede, negargli il denaro e, comunque, non stancarsi di parlare con lui, di spiegargli l’entità dei pericoli ai quali si espone. Lo stesso vale se gli si mettono in mano le chiavi di una macchina, magari potente, non appena ha compiuto diciotto anni, e lo si lascia libero di andare dove vuole, anche di notte, non si sa dove e con chi, quando ha appena imparato che cosa vuol dire guidare: è peggio di una imprudenza, è quasi una istigazione a procurarsi un incidente (e, magari, a procurarlo a qualcun altro che non c’entra nulla, e che ha la sola sfortuna d’incrociare la strada con un principiante scatenato e privi di controlli). Sappiamo che tutto questo non è facile; eppure, bisogna almeno provarci. Altrimenti, sarebbe meglio non mettere al mondo dei figli e comprare, come fanno tanti, un cane o un gatto. Ma sia chiaro che non è la stessa cosa; sia chiaro che si tratta di un ripiego per adulti immaturi e narcisisti, per padri e madri falliti prima ancora di essersi messi alla prova. Sia chiaro che comprare un cane o fare un figlio sono due cose che giacciono su piani immensamente diversi e distanti; e che, se non si ha il fegato di assumersi la maternità o la paternità, il surrogato di un animale può esserne solo la caricatura.

La radice del male di cui soffre la nostra società, comunque, è essenzialmente di tipo intellettuale e culturale: ed è lì che bisogna combatterlo; bisogna colpire l’idra al cuore, altrimenti le sue teste, benché tagliate, torneranno a crescere. La cultura moderna è una cultura di morte, una cultura necrofila: questo è il dato fondamentale; e lo è, perché ha voluto negare il rapporto con Dio, e ha preteso di porre sul trono del mondo l’uomo stesso: ma l’uomo, una volta sul trono, si sente più che mai fragile e inadeguato, senza contare che è terrorizzato dalla malattia, dalla vecchiaia e dalla morte, perciò va fuori di testa e diventa distruttivo e autodistruttivo. La cultura moderna è anche maligna, oltre che afflitta da un pessimismo cronico e da un nichilismo radicale, perché gode di sporcare il pulito, d’insozzare l’incanto del mondo, specie nei bambini, e si compiace del male, del fallimento, del dolore (altrui, possibilmente), dell’amarezza, del rimpianto, del senso di colpa. La cultura moderna ha posto sul piedistallo decine di cattivi o pessimi maestri, i quali, dall’alto della loro fasulla “saggezza”, hanno predicato il male: nella letteratura, nella poesia, nel cinema, nel teatro, nelle arti figurative, nella filosofia, nella musica leggera, perfino nello sport (che non rappresenta più la boccata d’aria pura che era fino a qualche anno fa, ma ha introiettato tutti i mali della modernità). L’uomo d’affari che viene ammirato oggi, poi, è la quintessenza della distruttività: un affarista senza scrupoli e senza etica, un pescecane che non solo si arricchisce sulla miseria altrui, ma la provoca, con abili speculazioni di borsa, e poi piomba come un avvoltoio sulle sue prede, spolpandone i cadaveri. Un modello del genere è rappresentato dal miliardario George Soros: un uomo che, se si presentasse in Russia – sono parole di Putin – verrebbe messo al muro e fucilato; ma quando si presenta in Italia, viene ricevuto con grandi onori, sorrisi e strette di mano dal nostro capo del governo, Gentiloni, e intrattenuto in colloqui a porte chiuse dei quali nulla viene detto alla stampa (alla faccia della nostra proclamata libertà d’informazione). Bisogna che tutti questi modelli negativi siano presentati, ai giovani, come tali; o, almeno, che si mettano i giovani in condizioni di riconoscerli da se stessi, di non soggiacere al loro fascino maligno. Bisogna insegnare ai giovani la massima evangelica: che l’albero buono dà frutti buoni; ma che, se i frutti sono cattivi, ciò indica, inequivocabilmente, che anche l’albero era cattivo. Inoltre, bisogna cercar di proteggere i giovani dell’influsso culturale negativo dei cattivi maestri. Non si può tornare all’indice dei libri proibiti, ma nulla vieta di sconsigliare certe letture: i genitori, e soprattutto gli insegnati, ne avrebbero l’obbligo preciso, oltre che la possibilità; non parliamo dei sacerdoti. Se non lo fanno, se i primi ad ammirare i libri (o i film, o le canzoni, ecc.) dei cattivi maestri sono genitori, insegnanti e preti, allora il danno è fatto, e non resta più nulla da fare. Le teste devono essere educate a pensare, a pensare in modo autonomo; a non lasciarsi trascinare dallo stampede, dalle pazze cariche delle mandrie di bovini che compongono l’umanità moderna. Ricordiamo l’atmosfera di pulito che si respirava in una libreria cattolica, quando, da bambini, ci entravamo con la mamma. Erano buoni libri, quelli che stavano in mostra sugli scaffali: romanzi, saggi, per adulti e piccini; ma ora? Ora che nessuno controlla più niente, e qualunque teologo cialtrone può scrivere e pubblicare le più grandi eresie, osannato e riverito? Ora che si fa passare anche don Milani per un grande maestro, e imperversano i Bianchi?...