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Non ci rappresentate: tornatevene a casa

di Francesco Lamendola - 12/09/2017

Non ci rappresentate: tornatevene a casa

Fonte: Accademia nuova Italia

 

Boldrini, Lorenzin, Fedeli, sono tre esempi perfetti di politici (o di politiche? ma politiche fa pensare al plurale di politica, non al femminile di politico; come se ne esce, per non passare da sessisti e maschilisti?) che non rappresentano nessuno, che sono state messe in Parlamento dal palazzo, che se la cantano e se la suonano da sole, in perfetta armonia reciproca, ma anche in perfetta distonia con il sentire e con il pensare della stragrande maggioranza del popolo italiano, donne comprese, che, in teoria, dovrebbero rappresentare, e le cui istituzioni democratiche, in teoria, esse dovrebbero tutelare. In una Italia che si trova ad essere, di fatto, governata dal patto segreto del Nazareno, cioè da un Renzi che è stato presidente del Consiglio senza mai passare per la verifica del voto, e da un Berlusconi che, in teoria, è fuori dai giochi da un bel pezzo, se non altro per limiti di età raggiunti e ampiamente superati (al punto che Vittorio Sgarbi, con la sua graffiante ma efficacissima ironia, lo ha definito, politicamente parlando, si capisce, non un leader, ma una salma), nessuno si meraviglia più di niente: neanche che tre donne come queste occupino le maggiori cariche dello Stato (Boldrini) e del governo (Lorenzin e Fedeli).
Sorvoliamo sulle loro competenze, o piuttosto sulla loro assenza di competenze specifiche, tanto clamorosa quanto inverosimile: valga per tutti il caso della signora Fedeli, che, dall’alto del suo diplomino triennale, e al netto della bugia detta quando si è finta laureata, si trova al vertice della Pubblica Istruzione, e si muove con l’arroganza di chi si sente molto sicuro del fatto suo, per decidere la sorte di migliaia di laureati veri, i quali, in questo Paese, un lavoro non lo trovano assolutamente, e son costretti ad espatriare, come i nostri nonni contadini emigravano per sbarcare il lunario, fino a cinquant’anni fa. È tipico di chi si trova catapultato, senza alcun merito, in una posizione molto elevata, quello di fare come se di meriti ne avesse a bizzeffe: è quasi un riflesso condizionato. Sta di fatto che costoro non son capaci di tenere un basso profilo, come suggerirebbero, se non la modestia e la decenza, almeno la prudenza e la consapevolezza dei propri limiti: tanto, in un governo insignificante come quello di Paolo Gentiloni, insignificante come lo è il presidente del Consiglio, messo lì, a sua volta, come un attaccapanni, e che già nell’aspetto e nel modo di fare dà l’immagine, in Patria e all’estero, di un Paese vecchio, stanco e più che mai rassegnato, nessuno si accorgerebbe della differenza, se fanno o se non fanno qualcosa: è un governo che sta fermo, che nicchia, che tentenna, che traccheggia, che serve solo a tirare a campare fino alle prossime elezioni, quando si faranno i giochi veri. Ma no: le signore del politicamente corretto, debitamente progressiste e antifasciste, messe lì in forza della loro capacità di navigare nei meandri dei partiti e nei bassifondi della politica, e non perché qualcuno si sia mai accorto che sono brave, che hanno uno straccio di idea originale, che sanno fare qualcosa per davvero, devono far vedere a tutti che quelle doti, loro, ce le hanno sul serio: ed eccole lanciarsi in battaglie assurde e al limite della costituzionalità: come la signora Lorenzin, la quale decide, ex abrupto (ovvio che Big Pharma non c’entra o, se c’entra, è solo una coincidenza), che i bambini, per venire ammessi all’asilo, devono dimostrare d’aver fatto una decina di vaccinazioni, altrimenti li si mette in quarantena e si chiama la mamma o il papà che li riportino a casa su due piedi, non si sa mai che contagino qualcuno in quelle epoche ore: fine del diritto all’istruzione e multa da migliaia di euro in vista per gl’incoscienti e incivili genitori. E pazienza se in nessun Paese d’Europa, loro che parlano sempre del “ritardo dell’Italia” e della necessità di “mettersi al passo con l’Europa”, esiste una legislazione del genere: nella Svezia sempre citata quale esempio, per dirne una, le vaccinazioni obbligatorie sono pochissime, per il resto vige la libertà di scelta da parte delle famiglie. Ma le signore della sinistra hanno, nel loro DNA, una mentalità da socialismo reale; loro, che si sentirebbero maggiormente a proprio agio nella ex DDR, non hanno alcuna fiducia nelle capacità di giudizio dei cittadini, tutti potenzialmente affetti dalla sindrome piccolo-borghese, narcisista e individualista; tutti deplorevolmente sprovvisti di senso civico, cioè del senso marxista della storia, per cui bisognerà usare le maniere forti, fino a quando questo popolo italiano così pervicacemente destrorso, non avrà imparato ad essere un poco più civile, o fino a che non sarà stato addomesticato da sufficienti iniezioni di “nuovi italiani” di colore, africani, asiatici e latinoamericani, i quali, essendo migliori perché poveri, come dice sempre anche papa Francesco, finalmente porteranno anche in Italia quella ventata di modernità che, finora, non è riuscito di portare né all’illuminismo, né a Napoleone, né a Marx, né a Gramsci, e nemmeno a Togliatti o, da ultimo, al bravo Enrico Berlinguer. Ed ecco anche spiegato l’arcano per cui queste signore si scalmanano tanto per favorire i migranti/invasori, pur sapendo e vedendo benissimo che la stragrande maggioranza del popolo italiano non è d’accordo, che non ci sta a farsi sostituire dai nuovi arrivati, di colore e in gran pare islamici; che vorrebbe difendere, oltre alla propria cultura e alla propria identità, con i valori ad esse legati, anche il proprio stile di vita e la propria sopravvivenza economica: e non capisce, ad esempio, perché tanta indifferenza vero gl’italiani impoveriti dalla crisi o derubati vergognosamente dei loro risparmi dalle banche “popolari”, o costretti a emigrare con due lauree in tasca, mentre ogni sacrificio deve essere fatto per “aggiungere un posto a tavola” a decine e centinaia di migliaia di stranieri, molti dei quali, non appena messo piede in Italia, subito incominciano a delinquere, a spacciare, a rubare, a stuprare, rubare e ammazzare.
Certo, non tutti: ma parecchi. Le cronache locali ne sono letteralmente piene; non c’è giornale di provincia, o televisione locale, che non abbia, ogni giorno, almeno quattro, cinque o sei fattacci, talvolta addirittura orripilanti per la loro efferatezza, legati alle malefatte di codesti sedicenti profughi, di codesti finti disperati (il che, moltiplicato per un centinaio di volte, quante sono le province italiane, vedete voi che cosa fa in totale); però sui mass media nazionali arriva poco o nulla, c’è un filtro invisibile ordinato dall’alto, e i poteri forti della finanza sono d’accordo: e siccome sono loro che pagano i giornali e le televisioni, c’è una oggettiva convergenza d’interessi fra politica e finanza per derubare gli italiani della vera informazione e per rifilare loro le veline più addomesticate, come e peggio di quanto si faceva nella Romania di Ceausescu o nella Polonia di Gomulka. Ma che importa? Se gli italiani non sono d’accordo, basta aspettare ancora un po’: lasciare che venga in Italia qualche altro milione di stranieri; attendere che i loro figli, nati a ritmo vertiginoso rispetto ai bambini delle famiglie italiane, diventino adulti; e, nel frattempo, mandare avanti le Kyenge o le Cirinnà a reclamare sempre nuovi diritti, compreso il regalo della cittadinanza come fosse un pacco-dono di Babbo Natale, così, senza merito, senza ragione, solo in base a un non mai udito prima ius soli, che non sta di casa da nessuna parte: ed ecco che i consensi arriveranno, i voti arriveranno e le signore Boldrini, Lorenzin & Fedeli saranno finalmente legittimate a occupare le poltrone che già occupano beatamente, e nessuno potrà più rinfacciare loro la mancanza di legittimazione popolare. È un piano, come dire, addirittura geniale nella sua criminosa idiozia. È un po’ come quando, per evitare le conseguenze di una visita dell’ispettore, il dipendente infedele di un’azienda o di un ufficio appicca il fuoco a tuta la baracca: così spariranno anche le prove dei suoi misfatti. Stiamo dicendo una cosa estremamente grave: stiamo accusando i nostri attuali governanti di essere dei traditori, che hanno venduti gli interessi della nazione e ipotecato il futuro della Patria, per una loro miserabile convenienza elettorale, al fine di conservare le poltrone che hanno arraffato senza avere né i meriti, né i voti. E si sa come andrebbero trattati i traditori della Patria: processati e messi in condizione di non nuoce ulteriormente. Se l’Italia fosse un Paese normale, appunto. Certo non è cosa normale favorire una auto-invasione e una sostituzione di popolazione, che cambierà per sempre identità dell’Italia e la trasformerà in una appendice dell’Africa, per dei calcoli di bottega: in nessun Paese al mondo potrebbe accadere una cosa del genere. Anche altrove è in atto una invasione mascherata, ma non in questi termini, e non per questi miserabili calcoli della classe politica. Quanto all’accusa di razzismo, che costoro sono sempre pronti a lanciare contro chi non è d’accordo, invitiamo chiunque a farsi un viaggetto in Croazia, sulle spiagge del litorale adriatico; o nella Repubblica Ceca; o un Ungheria; o in Slovacchia; o in Polonia; per non parlare della Russia (e infatti non parliamone, visto che Putin è il nuovo imperatore del male, parola dei progressisti di tutto il mondo “libero”). Non si vedrà nemmeno un africano in giro per la strada, con le cuffie della musica nelle orecchie, che bighellona senza far nulla, mantenuto gratis per almeno un paio d’anni dallo Stato, e intanto libero di delinquere impunemente; nemmeno uno. Il che vuol dire che, in altri Paesi, c’è chi pensa all’identità, alle radici, al patrimonio culturale e spirituale della propria nazione, che va preservato e consegnato integro alle future generazioni, perché non è proprietà privata del partito X o Y; e non ci risulta che qualcuno accusi milioni di polacchi, di slovacchi, di ungheresi, di croati, eccetera, di essere dei biechi razzisti. Queste accuse, pretestuose e ridicole, esistono solo da noi: perché i signori e le signore del politicamente corretto sanno molto bene come maneggiare l’arma del ricatto politico-morale. Non volete gli immigrati, i quali, poveretti, fuggono da guerra e fame: dunque siete razzisti; non volete i profughi, dunque siete cattivi, e indegni anche come cattolici. Adesso, poi, che ai Renzi, ai Mattarella, ai Napolitano, si è aggiunta la voce autorevole del papa, il ricatto è veramente totale: gli italiani sono accerchiarti, sono in ostaggio di coloro i quali li dovrebbero rappresentare, li dovrebbero difendere, li dovrebbero guidare; sono stati venduti, anzi, svenduti dai loro stessi pastori, e dati in pasto ai lupi, il tutto sempre al suono del mantra catto-progressista: bisogna essere ospitali e solidali; bisogna essere accoglienti e tolleranti; bisogna essere pluralisti e dialoganti.
Ci piacerebbe invitare la signora Boldrini, la signora Lorenzin, la signora Fedeli, e anche la signora Kienge, a Gorgo al Monticano. In questi piccolo paese in provincia di Treviso, vicino a Oderzo, nel 2007 è stata consumata una delle vicende più atroci legate all’immigrazionismo buonista: due coniugi vennero torturati e massacrati con una crudeltà inaudita da alcuni stranieri, introdottisi in casa loro a scopo di rapina; ma la stampa nazionale ne parlò poco, le televisioni nazionali spensero subito i riflettori, non bisognava parlare di quel fatto, perché avrebbe contraddetto il teorema buonista e immigrazionista di lorsignori (e signore). Ci piacerebbe che le signore succitate venissero a Gorgo al Monticano per portare un fiore sulla tomba di quei coniugi. Oppure i fiori sono riservati solo alle acque del Mediterraneo, dove annegano tanti poveri profughi, per colpa nostra, ben s’intende, chiusi ed egoisti, incapaci di comprendere il loro sogno di una vita migliore? Anche la strage di Catania, del 2015, nella quale due coniugi settantenni vennero massacrati da un sedicente profugo ivoriano, e poi derubati perfino dei vestiti, lui gettato giù dal balcone, lei stuprata prima d’essere uccisa a sua volta, è stata agli onori della cronaca il minimo indispensabile; e nessuno ne parla più, nessuno parla del dolore dei familiari. Si può parlare solo del dolore dei migranti, delle loro speranze, e, soprattutto, dei loro diritti: il dirotto all’accoglienza, il diritto all’integrazione (che non vogliono); il diritto alla cittadinanza. Così, perché loro possano coltivare i loro sogni e le loro speranze, noi ci dobbiamo sacrificare, e rassegnarci all’idea che l’Italia non è più nostra, non ci appartiene, e non conta nulla che generazioni e generazioni di nostri avi l’abbiamo costruita, con il loro lavoro e i loro sacrifici; ma che essa è a disposizione di chiunque voglia venire a occuparla, e chiunque arriva qui da noi ha tanti diritti quanti ne ha chi ci vive da sempre, chi ha contribuito a farla e a mantenerla, chi l’ha sempre servita, amata e rispettata. No, non conta niente: e già lo sapevamo. Lo sapevamo da quel terribile biennio 1945-47, quando circa trecentomila nostri fratelli dell’Istria, di Fiume e di Zara, dovettero lasciare ogni cosa, e la terra ove erano nati e vissuti da sempre, per cercare rifugio in Patria dalla brutale violenza del comunismo di Tito: gli amici ideologici della signora Boldrini li accolsero a sassi e sputi, li insultarono, gridarono loro di tornarsene indietro, li chiamarono sporchi fascisti (loro, che fuggivano anche dal dramma delle foibe, di cui nessuno ha più parlato per decenni), rimossero le traversine della ferrovia per impedire che proseguissero il viaggio. Eh, già: essi erano dei veri italiani, più italiani di quelli di Milano o di Firenze, che avevano lasciato tutto per poter restare tali: non erano negri, né arabi, né pachistani, né sudamericani: dunque, non meritavano né solidarietà, né accoglienza, e nemmeno compassione. Il loro destino, se l’erano cercato: perché non erano rimasti nella fortunata Jugoslavia, terra di un luminoso esperimento comunista? Togliatti, quanto a lui, avrebbe regalato a Tito anche Trieste, o perlomeno Gorizia: tutto per l’internazionalismo rosso. Non fa niente: meglio tardi che mai. Ora le signore del politicamente corretto, se non l’hanno saputo fare allora, possono sfogare ampiamente i loro sentimenti di bontà con i negri e i marocchini; i quali, oltretutto, parola di Tito Boeri, ci pagano pure le pensioni. Dunque, facciamo loro ponti d’oro: e se non ci fossero, dovremmo fabbricarceli…