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Tutti controllati col chip sottopelle

di Enrica Perucchietti - 09/10/2017

Tutti controllati col chip sottopelle

Fonte: Interesse Nazionale

Uno dei temi più delicati e controversi nel campo della controinformazione che ho trattato in diversi miei articoli saggi è quello dei microchip sottocutanei. Fino a qualche anno fa l’argomento era accuratamente evitato dai Media Mainstream: chi ne parlava era liquidato come un visionario. Negli anni la tematica è tornata più volte alla ribalta, venendo sempre tacciata di essere l’emblema delle paranoie cospirazioniste.

Eppure… Il 29 marzo 2016 sul sito www.repubblica.it la giornalista Ilaria Ravarino ha firmato un articolo sul mercato dei chip dermali NFC (Near Field Communication) dopo essere stata a Cebit, la grande fiera della tecnologia di Hannover. Allo stand della Dangerous Things si impiantavano chip dermali: si tratta, spiega la giornalista, di piccoli oggetti di vetro poco più grandi di un chicco di riso, che vengono sparati da una siringa tra il pollice e l'indice della mano sinistra. Intervistato da Ravarino, il fondatore di Dangerous Things, Amal Graafstra, ha spiegato la funzione degli impianti: «Grazie ai chip mi sono liberato di chiavi, password e pin».

Ecco che oggi il mercato dei chip dermali è realtà. Anzi, tutto ciò è diventato utile e di tendenza. Addirittura “fashion”. La gente fa la fila agli stand della fiera del tech per farsi impiantare e poter così eliminare schede, chiavi, password. Insomma, ci si fa microchippare per “comodità”, senza minimamente pensare alle conseguenze “sociali” del gesto.

Come se non bastasse nel luglio 2017 un’altra notizia è rimbalzata sul web: i manager della Three Square Market (32M) hanno proposto ai propri dipendenti l’innesto di un microchip RFID in grado di contenere tutte le informazioni utili alla vita in azienda: password, codici di accesso, autorizzazioni a sbloccare serrature, ecc.. L’iniziativa ha ovviamente destato clamore e non è isolata perché sono diverse le aziende in tutto il mondo che stanno adottando questo stratagemma: una tra tutte la svedese Epicenter.

È evidente che per controllare la popolazione (e limitarne la privacy) si sta rendendo “alla moda” il chip sottocutaneo, spingendo così la popolazione a “correre” a farselo impiantare volontariamente per comodità.

Dovremmo quindi chiederci qual è il prezzo della nostra libertà e ricordare le parole del filosofo tedesco Ernts Jünger: «Ogni comodità ha il suo prezzo. La condizione dell’animale domestico si porta dietro quella della bestia da macello».