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Creare il Nemico pubblico. Il falso allarme alle Hawaii e la minaccia Kim

di Enrica Perucchietti - 16/01/2018

Creare il Nemico pubblico. Il falso allarme alle Hawaii e la minaccia Kim

Fonte: Interesse Nazionale

 

«Signore e signori, vogliate scusarci per l’interruzione del nostro programma di musica da ballo, ma ci è appena pervenuto uno speciale bollettino della Intercontinental Radio News. Alle 7:40, ora centrale, il professor Farrell dell’Osservatorio di Mount Jennings, Chicago, Illinois, ha rilevato diverse esplosioni di gas incandescente che si sono succedute a intervalli regolari sul pianeta Marte. Le indagini spettroscopiche hanno stabilito che il gas in questione è idrogeno e si sta muovendo verso la Terra ad enorme velocità…».


Erano le 20.00 in punto del 30 ottobre 1938, quando, dopo le prime note della sigla del programma radiofonico Mercury Theatre on the Air della CBS, l’allora ventitreenne Orson Welles esordì con queste parole. Il regista stava leggendo l’adattamento dello sceneggiatore Howard Koch al romanzo La guerra dei mondi di H.G. Wells. L’idea di Koch era di trasmettere nel corso del programma musicale una serie di comunicati “dal vivo” del tutto simili a quelli trasmessi nei notiziari radiofonici, riambientando in questo caso la vicenda dell’invasione aliena al tempo presente. Sebbene fosse stato ripetuto all’interno del programma che si trattava di finzione, il panico dilagò velocemente. Alcuni abbandonarono le proprie abitazioni per lo spavento. Molti ascoltatori cominciarono a telefonare per chiedere informazioni alle autorità, altri ancora credettero che i tedeschi avessero attaccato gli Stati Uniti, altri pensarono a una calamità naturale (pochi all’invasione dei marziani).


Quale sarebbe la reazione del pubblico a un evento simile, oggi? Il panico si scatenerebbe in modo disordinato o prevarrebbe il pragmatismo? Con chi o cosa si identificherebbe la minaccia esterna?


Non dobbiamo andare molto lontano con la fantasia per avere una risposta: basta volgere lo sguardo alle Hawaii dove sabato 13 gennaio la popolazione dell’arcipelago del Pacifico si è vista recapitare via sms il seguente messaggio dalle autorità locali: «Un missile balistico si sta dirigendo verso le Hawaii, mettersi immediatamente al riparo. Questa non è un’esercitazione».


Come immaginabile, in pochi secondi si è generato il panico. Sofferenza e confusione hanno travolto gli abitanti delle isole da Honolulu a Hilo. Solo dopo 38 interminabili minuti, le autorità hanno ammesso il clamoroso errore. Si sarebbe trattato di un falso allarme, di un testo partito per sbaglio. Errore o no che sia, la popolazione ha creduto per più di mezz’ora di essere stata attaccata dalla Corea del Nord e si è così potuta testarne indirettamente la reazione. L’episodio è anche una spia della tensione che si vive alle Hawaii a causa della “minaccia nucleare” di Kim Jong-un.


Archiviati i Bin Laden, gli Al Baghdadi e il sempiterno nemico russo, ora sullo scacchiere geopolitico il nemico numero uno di turno si identifica con il leader nord-coreano, dipinto dai media come un dittatore spietato e folle con l’obiettivo di distruggere il mondo. Quando si parla di Corea del Nord ci si trova sovente di fronte a fake news anche assurde, spesso diffuse da agenzie sudcoreane o da giornali satirici, ma ritenute credibili, e perciò ribattute in Occidente dalle agenzie di stampa e dai quotidiani occidentali senza averne potuta accertare la veridicità. Il regime di Pyongyang è particolarmente chiuso rispetto al resto del mondo, quindi è difficile ottenere notizie attendibili provenienti dal suo interno; questo ha favorito la diffusione di bufale che sono state usate dalla propaganda aumentando la tensione nell’opinione pubblica. Gli esempi di fake news sono innumerevoli (ad esempio lo zio sbranato dai cani o il ministro della Difesa giustiziato con la contraerea per un pisolino di troppo) e non mancano luoghi comuni già usati in passato, come l’accusa “sempreverde” di cannibalismo.


Il terrorismo e la “somministrazione” ripetuta di shock genera paura – lo abbiamo visto con gli attentati rivendicati dall’Isis che sono divampati anche in Europa −  e la paura, si sa, è un potente strumento di controllo. Manipolando le persone in fase di shock è possibile introdurre misure liberticide fino a quel momento impensabili, lasciando credere ai cittadini che i provvedimenti scelti siano per il loro “bene” e la loro sicurezza.


Si può anche notare come l’Occidente si trovi perennemente alle prese con una minaccia esterna: che sia l’ebola, Al Qaeda, Isis o gli hacker russi. Una minaccia non si spegne senza che se ne palesi un’altra altrettanto terribile. Dopo Isis ora tocca alla Corea del Nord (e Iran). Citando Orwell, la sensazione è che la “guerra al terrore” o meglio, la creazione sintetica del terrore, sia stata concepita come perenne per «poter mantenere intatta la struttura della società» e introdurre uno stato di shock e di paura generalizzati e permanenti. La guerra o in assenza di essa la percezione di una minaccia esterna non devono cioè aver fine ma devono servire per poter legittimare misure estreme o distrarre l’opinione pubblica da altro. Il terrore, infatti, si crea anche attraverso le veline dei media e il bombardamento costante di notizie esagerate che tengano in continua tensione (e distrazione) le persone.


Qua rientra la creazione del Nemico pubblico. Ogni società ha bisogno di un nemico per compattarsi e coalizzarsi contro di lui. Non importa se la minaccia esterna è virtuale o inventata, ciò che importa è che esista la “percezione” di tale minaccia. Il nemico rappresenta una valvola di sfogo per la frustrazione e l’aggressività delle masse, catalizza su di sé la violenza che potrebbe sfociare altrimenti in gesti inconsulti. Il modello perfetto è l’Emmanuel Goldstein di 1984, il Nemico supremo del Partito. Per scaricare la violenza collettiva contro la minaccia esterna, il Grande Fratello ha istituzionalizzato i due minuti d’odio, una pratica collettiva che viene esercitata sui luoghi di lavoro o dove sia possibile. Il meccanismo è funzionale al mantenimento del controllo sul popolo e la scelta del Nemico è stata fatta su un ex membro della Partito (anche se non si sa se esista davvero o sia un’abile invenzione).


In una società in cui non solo il presente ma anche il passato vengono continuamente riscritti, in cui le alleanze mutano senza lasciare segno di tale ambiguità, la popolazione ha un oggetto contro cui riversare le proprie paure e la propria violenza interna. E la società ha uno stratagemma per poter controllare e manipolare la popolazione attraverso il terrore e una minaccia esterna consolidata. Proprio come oggi.