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Sulla mediocrità

di Marcello Veneziani - 19/11/2018

Sulla mediocrità

Fonte: Marcello Veneziani

1) Per cominciare: che cos’è la mediocrità?

Un tempo si elogiava l’aurea mediocritas, e la si riteneva un’applicazione coerente del motto in medio stat virtus. Era la virtù del mezzo, l’equilibrio, il senso dei propri limiti, il rifiuto di ogni tracotanza e di ogni eccesso (est modus in rebus). Ma la mediocrità ha assunto nel tempo un significato ben diverso: indica povertà di spirito e di mente, di orizzonti e di stile. Già nei giudizi scolastici e professionali indica una carenza, che si è poi aggravata quando la mediocrità di massa è diventata lo specchio dei mass media. Quando poi la mediocrità riguarda il campo del pensiero, dell’arte, della letteratura e della scrittura, allora diventa un insulto alla grandezza, all’eccellenza, a cui ci conducono invece i grandi autori e le grandi opere, i classici.

2) Guardando agli uomini del passato, anche recente – alcuni dei quali ritratti nel suo libro Imperdonabili, viene istintivo guardarsi intorno e prendere atto che il Nuovo Millennio non ha (ancora) prodotto personalità di rilievo, e tanto meno individualità paragonabili a quelle del passato in ogni campo. Secondo lei perché?

Si potrebbe rispondere che la democratizzazione universale ha prodotto un innalzamento del livello più basso, l’accesso ad un’alfabetizzazione e a un’istruzione generale; ma l’effetto collaterale è stato l’abbassamento degli apici, delle vette. Però questa spiegazione non è esauriente. C’è un disconoscimento della grandezza, un disprezzo di ogni altezza, un rifiuto di quei principi costitutivi che di solito denotano il capolavoro, l’eccellenza. Se cade in disgrazia il cielo, il pensiero, la tradizione, la storia, e tutto viene ridotto al presente, all’attualità, poi aspettiamoci che l’impoverimento di prospettiva produca impoverimento di talenti, di qualità espressive, di pensieri.

3) La sensazione diffusa è che eccellere sia un pericolo, e forse anche una colpa. Perché?

Innanzitutto perché l’eccellenza non è mai conforme, allineata, allo spirito mediocre della sua epoca e al potere dominante; è sempre inattuale, profetica, nostalgica, guarda oltre, al passato, al futuro, al cielo. E poi le ideologie egualitarie, la retorica dei diritti universali e della parificazione di tutto e tutti, il rigetto delle differenze, si accanisce in modo particolare con chi svetta. Non è tollerato, e nella migliore delle ipotesi viene misconosciuto, ignorato; nella peggiore boicottato e vessato.

4) Perché, quanto meno in Italia, la mediocrità viene coltivata, e addirittura esaltata, per esempio nella scuola, o nel campo del lavoro, come le organizzazioni aziendali e quelle politiche?

Per un malinteso cristianesimo applicato al sociale – tipo gli ultimi saranno i primi, la pecorella smarrita, beati i poveri di spirito – per un persistente comunismo e giacobinismo di risulta, rafforzato dall’onda lunga del sessantottismo che si abbatté nelle scuole e nelle università; e di recente per il mix di arroganza e ignoranza dell’ultima ondata grillina, dove la competenza è una colpa e l’ignoranza è una virtù, e comunque uno vale uno, e dunque uno vale l’altro.

5) Nella prefazione degli Imperdonabili lei definisce Fratelli Maggiori alcuni personaggi della storia che hanno avuto un ruolo nella sua formazione e nel suo pensiero, e scrive anche che questi Fratelli Maggiori “sono giganti, e noi siamo nani sulle loro spalle”. Lei ritiene che attualmente ci sia qualcuno che possa essere una fonte di ispirazione per le nuove generazioni?

Vedo pochi, disconosciuti maestri ai bordi del mondo, di cui ho difficoltà a ravvisare le tracce. E poi il deserto, molti nani sulle spalle di altri nani, o che si credono giganti perché così li riflette lo specchio deformante dei media. Ma sono palloni gonfiati di passaggio.

6) Personaggi come Elon Musk, Bill Gates, o Steve Jobs possano essere i giganti per le nuove generazioni?

A loro modo e in altri ambiti rispetto agli Imperdonabili di cui io ho parlato, sono o sono stati dei giganti, hanno avuto grandi intuizioni, anche se il loro grande talento ha avuto una vocazione imprenditoriale, finalizzata al profitto più che alla scoperta, alla ricerca della verità, alla crescita spirituale dell’uomo.

7) Quale rapporto c’è tra la tecnologia – che è sempre più di massa – e la mediocrità?

La tecnologia alimenta l’illusione che disponendo di grandi mezzi tecnologici nulla ci sia precluso, tutto possa essere raggiuto e giudicato. Ovvero ingenera la presunzione d’onnipotenza. L’uso della tecnologia dovrebbe andare di pari passo con l’attivazione di uno spirito critico. E invece, come scrive Gunther Anders, uno dei miei Imperdonabili, è cresciuto il dislivello prometeico, ovvero siamo in grado di cambiare il mondo ma non di conoscerlo, di modificare la vita ma non di capirla. Succede quando la tecnica cresce e decresce la cultura.

8) E, infine, quale impatto ha la tecnologia sugli uomini di cultura?

In generale positivo, benefico, se i colti accettano con umiltà di capire la tecnologia e non si arrestano a una fase di “luddismo interiore”, di inibizione e sospetto. Ma la tecnologia gli giova perché un uomo di cultura è più vaccinato rispetto a quel dislivello prometeico, è in grado di governare la tecnica, di usarla e di astenersene, di adoperarla con spirito critico. Sul piano pratico la tecnica gli offre grandi opportunità, anche se gran parte delle possibilità che ci apre la tecnica sono a mio parere integrative e non sostitutive dei saperi umanistici e tradizionali, e anche dei mezzi. A cominciare dal libro cartaceo, che come scrivo in Imperdonabili, non può essere sostituito dall’e-book e rimosso. Ha un suo insostituibile valore pratico e simbolico, tattile e sensuale, oltreché spirituale e intellettuale. Come l’intelligenza ha bisogno di incarnarsi, così la lettura almeno dei libri ha bisogno di incartarsi… Come scrivo in Imperdonabili: Carta canta, non sopprimiamo quel canto.

Intervista a cura di Gloria Valdonio per Le fonti