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La Francia ormai è al collasso: Macron ha fallito completamente

di Lorenzo Vita - 07/12/2018

La Francia ormai è al collasso:  Macron ha fallito completamente

Fonte: Gli occhi della guerra

La Francia è al collasso. E i gilet gialli non sono che la manifestazione più violenta e trasversale di un problema profondo che sta facendo crollare non solo la presidenza di Emmanuel Macron, ma anche la stessa struttura della Quinta Repubblica. L’abbiamo scritto più volte, in questi giorni: la Francia profonda si sta risvegliando. Ed è un risveglio da incubo, con operai, studenti, agricoltori e cittadini comuni che si danno appuntamento in strada per manifestare il proprio malcontento.
Quello che è stato chiaro sin da subito è che non si tratta di un malcontento superficiale. Che il caro-carburanti fosse solo la miccia che ha fatto scatenare l’incendio, lo si è capito dai primi giorni di protesta. Un Paese non si paralizza per l’aumento di alcuni centesimi sul prezzo della benzina e del gasolio. E anche i manifestanti più feroci contro questa nuova imposizione fiscale si sono palesati per quello che sono: un movimento che si ribella a uno status quo economico, sociale e politico che la Francia non riesce più a tollerare.

Le radici del malessere della Francia
Da un punto di vista economico, i dati francesi sono allarmanti. La povertà aumenta e con essa anche la popolazione che vive sotto la soglia minima di reddito. Lo Stato francese, che come un enorme leviatano controlla la vita del cittadino con la sua burocrazia, non riesce più a rispondere alle necessità di milioni di cittadini che vivono in grosse ristrettezze economiche.
Lo Stato non è in grado di rispondere alle richieste di chi versa in difficoltà economiche. E parliamo di numeri importantissimo. Secondo le stime dell’Institut national de la statistique et des études économiques (Insee) riportate da Le Figaro, la Francia ha 8,8 milioni di poveri. Le famiglie monoparentali, i disoccupati, i giovani, gli agricoltori e i commercianti sono le categorie più colpite dalla crisi. E sono proprio queste categorie quelle che sono scese in strada in tutto il Paese.
Nel 2016, il tasso di povertà era del 14%, in calo di 0,2 punti percentuali rispetto al 2015. Ma la povertà sta di nuovo aumentando e, come spiegato da La Stampa, quello che preoccupa è soprattutto il disagio dovuto al blocco dell’ascensore sociale, “secondo l’ Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico) ‘occorrerebbero sei generazioni (180 anni) perché una persona nata da una famiglia povera raggiunga il reddito medio'”.
È su questo disagio che si è costruita la rivolta dei gilet gialli. C’è una Francia scontenta, profonda, marginalizzata. Quella che Macron non ha mai saputo osservare, capire e aiutare. Questa Francia, lontana dai riflettori del centro di Parigi e dal cortile dell’Eliseo, ribolle da tempo, come una camera magmatica. E ora è esplosa, con una violenza che nessuno poteva aspettarsi. O meglio, che nessuno voleva aspettarsi. Perché i segnali che si stesse per scatenare qualcosa di molto più feroce rispetto a ciò che si credeva all’Eliseo, c’erano ed erano evidenti. La violenza è diventata endemica in molte aree di Parigi e delle città di provincia. E il mix di protesta, rivolte e vandalismo non poteva non condurre a questa situazione di caos.

Un modello inadeguato
Ora la Francia è blindata: il governo ha mobilitato 65mila agenti per evitare il caos. Ma il caos non si può evitare: al limite lo si può recintare, si può evitare che Parigi venga di nuovo messa a ferro e fuoco, lei come altre decine di città che vivono giorni di violenza. Ma quello che sta avvenendo in Francia sta mettendo a repentaglio tutta la struttura della Quinta Repubblica.
E questo è un problema che non può essere risolto né dal governo né dalla polizia. C’è un sistema in crisi, un welfare che inizia a perdere colpi, e un popolo, come quello francese, che non tollera qualsiasi tipo di rinuncia alla sua rendita di posizione. Lo ha fatto con l’Europa e lo fa adesso contro il presidente.
Il modello francese sta diventando sempre più inadeguato. Con la fine del Partito socialista, le istanze sociali della sinistra sono state prese da la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che ha cercato immediatamente di assorbire le proteste dei gilet gialli. Dall’altro lato, a destra, i Repubblicani contano sempre meno e sono preoccupati dal fatto che Rassemblement National di Marine Le Pen possa erodere ancora più consensi confermandosi la prima forza di destra del Paese.

Macron isolato e sotto assedio
Al centro c’è Macron. Un presidente sempre più debole, isolato e sotto assedio, che sta pagando il fatto di essere distante anni luce dai bisogni della Francia reale. E il sospetto lo si poteva avere sin dal primo turno delle presidenziali che lo hanno condotto all’Eliseo. Macron prese pochissimi voti in più rispetto agli altri candidati: vinse semplicemente perché al ballottaggio venne preferito lui a Marine Le Pen. Ma il primo turno, quello del voto d’opinione, aveva già fatto capire che non sarebbe stato un presidente amato dalla gente.
E il fatto che sia un presidente solo e incapace di relazionarsi con la gente è anche il fatto che nessuno indica En Marche!, il suo partito, come simbolo del problema. E sono in pochi a chiedere la testa di Edouard Philippe, il suo primo ministro. Il partito è evanescente, completamente inesistente sul territorio, incapace di avere una linea. Mentre Macron è visto come il vero nemico da abbattere, il leader che non vuole più nessuno, da destra a sinistra, dai radicali ai moderati. E anche all’interno del governo e negli apparati statali – in particolare nella gendarmeria – c’è chi non ce la fa più. La polizia è esausta. Ed è il presidente ad essere considerato l’unico vero artefice di questo disastro.