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Le energie da ritrovare nelle politiche anti-crisi (sobrietà, risparmio, controllo dei comportamenti)

di Giuseppe De Rita - 10/02/2019

Le energie da ritrovare nelle politiche anti-crisi (sobrietà, risparmio, controllo dei comportamenti)

Fonte: Corriere della Sera


Se abbiamo superato anni difficili, lo dobbiamo a valori (sobrietà, risparmio, controllo dei comportamenti) che hanno origine nel mondo appenninico

Comunque si voglia dargli nome (rallentamento, stagnazione, recessione) stiamo entrando in un periodo di grande difficoltà. Ed in più faticoso da padroneggiare, visti gli influssi di una convulsa congiuntura internazionale; e visto soprattutto che noi di solito le crisi le attendiamo, si lascia che accadano e poi lentamente si riassettino; senza però un minimo di preveggenza e di successiva scommessa sul futuro.
È quindi naturale che qualcuno, magari senza responsabilità di governo, si applichi a focalizzare i nostri possibili punti di forza e di concreta resistenza alla crisi che attendiamo. Se ne segnalano almeno tre. Il primo, ed il più legato alla nostra competitività internazionale, lo si ritrova (come ripete spesso Dario Di Vico su questo giornale) nella vitalità delle grandi città, specie quelle in cui opera un terziario di alta qualità; nell’insieme territoriale Lombardia–Veneto–Emilia, con la sua forte molecolarità imprenditoriale; nei più solidi dei tradizionali distretti industriali; e specialmente nelle centinaia di migliaia di operatori che innervano le quattro filiere (l’enogastronomia, i prodotti di lusso, i macchinari, il turismo) in cui siamo fra i primi due-tre protagonisti mondiali.
Per avere le spalle coperte nella dinamica competitiva internazionale, abbiamo negli ultimi anni, specie nella drammatica crisi di metà decennio, sviluppato un secondo punto di resistenza e forza, creandoci una basica solidità finanziaria. Abbiamo in questa luce reso più consistenti sia la ricchezza patrimoniale delle nostre famiglie (che cresce intensamente anno per anno) sia la propensione al risparmio, specialmente quello cash e a disponibilità a vista (siamo ormai vicini ai mille miliardi), con l’effetto di una più alta serenità delle nostre vite quotidiane.
E come terza e connessa scelta collettiva, abbiamo provveduto ad un intimo consolidamento dei comportamenti dei singoli: con più serietà nel proprio lavoro; con una difesa ad oltranza delle proprie imprese; con un controllo severo dei consumi; con un serio monitoraggio dei risparmi; con la valorizzazione delle sedi primarie di socializzazione (famiglia e comunità locali); con la moltiplicazione di iniziative di terziario sociale. In altre parole abbiamo nel tempo maturato una collettiva «sobrietà», forse recuperando quello scheletro contadino che sta dentro la nostra società.
Questi tre riferimenti di forza (sfidare la competizione internazionale, coperti alle spalle, e con la serietà dei comportamenti) ci permettono oggi di guardare al futuro, oltre la crisi che sta arrivando. Ed è su di essi che dovremmo fare strategicamente leva, anche a rischio di andare controcorrente rispetto a chi pensa di superare la crisi forzando la domanda interna e impegnando risorse nella crescita di redditi «stipendiali» a carico del bilancio pubblico.
E se proprio vogliamo dare un reale cambiamento alle tradizionali politiche anti-crisi, mi azzardo a dire che esso potrebbe venire da un ulteriore coinvolgimento del nostro scheletro contadino, magari con una politica per «lo scheletro dello scheletro», cioè per la nostra dorsale appenninica. Per decenni, specialmente noi meridionalisti eredi di Manlio Rossi Doria, abbiamo considerato l’Appennino come un «osso» meno attrattivo rispetto all’economia della «polpa» del sistema (le grandi pianure, le città, le coste e il loro immediato retroterra), relegandolo a far da quinta inerte e fragile alla dinamica dello sviluppo. Ed invece, se abbiamo superato anni difficili, lo dobbiamo a valori (di sobrietà, di risparmio, di controllo dei comportamenti) che hanno origine e sede primaria proprio nel mondo appenninico: un mondo che ha spesso messo in campo anche energie vitali proprie (di milioni di cittadini peraltro abituati alla fatica vera). A lavorarci sopra potremmo avere fra le mani un potente fattore per andare «oltre la crisi».