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La magra soddisfazione di Aldo Grasso

di Alberto Figliuzzi - 17/04/2019

La magra soddisfazione di Aldo Grasso

Fonte: Italicum

Aldo Grasso e il “marxista immaginario” Diego Fusaro, reo di essersi proposto quale aspirante sindaco di Gioia Tauro

    Sul Corriere della Sera del 7 aprile, Aldo Grasso, sotto il titolo “La turboprassi del filosofo candidato”, ha creduto di aver pubblicato un bel “pezzo” prendendosela con Diego Fusaro, reo di essersi proposto quale aspirante sindaco in quel di Gioia Tauro, un luogo (anzi, un “territorio”, come incessantemente, a proposito e a sproposito, si recita oggi!) notoriamente non tanto tranquillo.

    Ma questa è l’ultima delle colpe del giovane filosofo, al quale se ne imputano di molto più gravi: il poveretto, infatti, nella rappresentazione che ne fa il prode Grasso, sarebbe un “marxista immaginario”, mescolerebbe “valori di destra e di sinistra”, Gramsci e Casa Pound; si permetterebbe, in preda a tale grave confusione mentale, di proporre (per usare le parole con cui lo presenta la sua lista) “un pensiero alternativo, in grado di demistificare il racconto prevalente costruito a beneficio delle classi dominanti”. Ma ancora più accecato dalla sua “turboprassi” sarebbe Fusaro per il fatto di avere al suo fianco quell’altro “turboteorico” di Giulietto Chiesa, “campione del complottismo, irriducibile madurista, marxista immaginario anche lui”.

    Ora, sebbene sia del tutto legittimo ritenere poco felice (anche io la giudico tale) la scelta elettorale di Fusaro, francamente non si capisce perché, in maniera preliminare, gli debba essere rimproverato un impegno politico diretto, considerato invece un vanto della coscienza intellettuale di un tempo; un impegno di cui (evidentemente in maniera insincera) si lamenta spesso la mancanza al giorno d’oggi. A meno che non si ritenga nobile una scelta del genere solo qualora scaturisca da una formazione culturale novecentesca, rigorosamente “di sinistra”, in assenza della quale il protagonismo politico andrebbe invece liquidato come volgare e ottuso populismo. In termini più semplici, perché mai un Massimo Cacciari (per citare un noto personaggio, anch’egli filosofo, che imperversa nei talk-show; ma altri esempi si potrebbero fornire), senza che nessun Aldo Grasso mai provasse sconcerto alcuno, ha potuto fare legittimamente il sindaco di Venezia, mentre un proposito analogo, da parte di uno studioso come Fusaro, si crede di poter mettere, senza alcuna delicatezza, alla berlina? Ma semplicemente perché egli, nel giudizio di chi, molto probabilmente, una pagina né di Marx né dello stesso Fusaro ha mai letto, sarebbe “un marxista immaginario”; non potendo permettersi, chi non sia in grado di fregiarsi invece del distintivo di “marxista ortodosso”, di fare l’intellettuale impegnato. Insomma, come colui che volesse leggere Aristotele libero dai ceppi ermeneutici della tarda Scolastica medioevale si esponeva agli anatemi della ortodossa cultura del tempo, così, illudendosi che esista ancora, coriacea, la scolastica marxista nelle sue varie e conflittuali diramazioni, il Grasso rimane senza parole (o meglio, emette parole fuori posto) di fronte all’acuta riconsiderazione del giovane filosofo (ma ancor prima da parte del compianto Costanzo Preve) del rapporto tra il pensiero marxiano e la filosofia di Hegel, con conclusioni tutt’altro che campate in aria e invece di estremo interesse sia in ambito teorico che in quello della prassi politica. Altro che “marxista immaginario”, quindi! Semplicemente uno studioso libero che, riattingendo a tanti motivi ancora validissimi dell’opera di Marx nell’esame dell’attuale capitalismo globalizzato (con cui la sedicente sinistra continua invece a trescare, del tutto dimentica ormai del barbuto teorizzatore dell’utopia comunista), e nello stesso tempo ritenendo imprescindibile la visione della società e dello Stato formulata dal pensiero idealista, opera una suggestiva sintesi concettuale capace di contestare frontalmente il piatto e desolato economicismo del nostro tempo, funzionale alle spregiudicate strategie oligarchiche mondialiste alle quali la politica è del tutto subalterna.

   Che in una prospettiva culturale del genere, palesemente in rotta di collisione col pigro o furbo conformismo che ci circonda, risultino destabilizzate logore e  storicamente instabili etichette quali “destra” e “sinistra” (a favore di una proficua sintesi di istanze parimenti ragionevoli di solito ricondotte, in maniera approssimativa, all’uno o all’altro orizzonte valoriale), non può allora destare alcun allarme se non allo statico conservatorismo ideologico di Aldo Grasso o di chi come lui. Al quale commentatore, che addirittura arriva a scorgere con sgomento (facendo sospettare uno stato di esagerata fantasia) presunte commistioni fusariane tra Gramsci e Casa Pound, ovvero tra il pensatore comunista ed idee fasciste, si potrebbe almeno ricordare (uscendo per un momento dall’asfittico ambiente del crudo scontro politico all’aria aperta dell’onesto confronto ideale) l’accertata influenza, su Gramsci, del pensiero di Giovanni Gentile, come pure l’estremo interesse e il profondo studio da parte del grande filosofo italiano verso l’opera di Marx. Insomma, che certi circuiti si riattivino, dopo le tragedie e le inimicizie storiche del Novecento, grazie alla riflessione di giovani menti, come quella di Fusaro, non dovrebbe che stimolare o almeno incuriosire, e non invece provocare sussiegoso sarcasmo.

    Il fatto poi che Grasso se la prenda col “complottismo” e col “madurismo” di Giulietto Chiesa, che testimonierebbero anche in questo caso il carattere solo immaginario del suo risaputo orientamento marxista, la dice lunga sulla deriva liberalcapitalista di quanti ancora si ritengono “marxisti doc” (ignoro se egli sia tra questi, ma sicuramente, per ciò che dice, li tiene in gran conto), che evidentemente non possono più prescindere dal presupposto dell’egemonia e della prepotenza americana sulla scena planetaria.

    Ancora, il noto e bravo storico di radio e televisione  mostra tutta la sua concitazione (che mai favorisce l’apprezzamento della verità) nell’attribuire a Fusaro, in merito alla situzione della cittadina calabrese in cui il giovane studioso è candidato, un pensiero che è esattamente l’opposto di quello effettivamente espresso: non già “l’interesse della comunità ha prevalso su quella dell’individuo”, bensì l’esatto opposto!

    Per quanto detto, c’è poco da ironizzare sul vocabolario e sulla originalità espressiva del giovane filosofo: “lotta alla globalizzazione e al turbocapitalismo apolide”, o “contronarrazione demofila” risultano, nel contesto del suo discorso, ben più comprensibili del barbaro “itanglese”, strumento di dominazione politica ed economica, che sta inesorabilmente logorando la nostra identità linguistica e culturale.

    Magra soddisfazione, dunque, quella di Aldo Grasso, le cui sentenze, per quanto vogliano risultare pungenti, risultano invece irrimediabilmente spuntate; mentre va bene a segno l’indovinata citazione cervantesiana con cui Fusaro, in una sbrigativa replica (Affaritaliani, 8 aprile), le rintuzza: “Ci abbaiano, Sancho; segno che stiamo cavalcando!”.