Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Covranismo: cosa che si fa fatica a capire

Covranismo: cosa che si fa fatica a capire

di Pierluigi Fagan - 08/05/2019

Fonte: Pierluigi Fagan

Prendo questo articolo de “il manifesto” a testimonianza di un modo di porre le questioni che impedisce in via di principio di comprendere le questioni poste, a parte il linguaggio usato. Il giornale che si definisce ancora “quotidiano comunista” infatti, sembra essersi auto-recluso nel segmento dei soli assistenti universitari in materie umanistiche e quindi ecco “l’analitica del potere”, la “microfisica”, il “Grossraum”, il mitico “combinato disposto”, un platonico “triedo”, l’immancabile “reificazione” i problematici “processi di differenziazione, in relazione allo spazio dei flussi e a processi di connessione, deconnessione e scalarità”, assieme ai “dispositivi confinari”, fino alla misteriosa “democrazia cosmopolita” che invoca un accorato “anziché appellarsi a un ritorno alla messa in forma statale non sia preferibile scommettere sulla costruzione di istituzioni correlate alle nuove forme di spazialità politica.”. Il tutto ruotante intorno alla segnalazione di tre libri sul tema del “sovranismo”.

Visto che siamo dalle parti de “il manifesto” val bene citare il Nanni Moretti di “Chi parla male, pensa male e vive male”. In più sia come “comunisti” che come “giornalisti” varrebbe la pensa ricordarsi che la comunicazione ha un emittente ed un ricevente ma se l’emittente emette in copto pre-sceglie come pubblico i soli conoscenti del copto. Non si capisce qui perché stampare e distribuire un foglio di carta e non aprire un blog on line riservato ai foucaultiani che però pensano di esser comunisti, ne faccio una questione di mezzi correlati allo scopo. Ad ogni modo, il centro del tema non era questo, era un altro, il “sovranismo” appunto.

Il manifesto sostiene che “sovranismo” è un neologismo entrato nell’uso comune che promuoverebbe “… l’auspicio, sul piano politico o teorico, di un ritorno al protagonismo dello stato nazionale al fine di contrastare le tendenze globalizzanti sul piano sia dei circuiti economici e/o delle mobilità umane sia dei funzionamenti istituzionali.”. Magari si sarebbe potuto notare che il termine è nato con accezione negativa poiché è bene ricordarsi che i poteri si esplicano in primis con la formazione e gestione del vocabolario. Sono certi poteri che decidono ad un certo punto quale fenomeno merita di esser nominato, scegliendo il termine che lo connoterà. Inoltre, non sono certo che i tre libri citati (Gi. Galli, T.Fazi-W.Mitchell, A. Somma), sostengano lo “stato-nazione” e non lo “stato”, come formato politico da ripristinare.

Stato è un formato che ha cinquemila anni e di cui non si vede alternativa nell’intero registro geo-storico, cioè nell’intero spazio e tempo delle società umane terrestri, a partire da un certo livello di complessità sociale in poi. Nazione invece, è una tipicità più o meno europea ed è relativamente recente e successiva alla formazione degli stati moderni, diciamo tra XVII e XIX secolo. Si può quindi legittimamente discutere dell’opportunità di tenere in Europa il concetto di stato abbinato a quello di nazione, ma mettersi a discutere delle “legittimità dello Stato” in quanto tale è cosa ben più impegnativa. Con “Stato” s’intendono due cose diverse, di solito. Una è il fatto che c’è un popolo in un territorio che è governato da qualcuno di loro che emana leggi che valgono per quel popolo su quel territorio. Che ci siano o non ci siano confini ben definiti varia nel tempo e nello spazio ed è dovuto, in genere, alla densità abitativa ed alla problematicità di relazione tra “stati” contigui. Questo significato di Stato, ha circa cinquemila anni, dai dodici libri della legge civile egiziana già in uso nel 3000 a.C. a cui segue il codice di Hammurabi in Mesopotamia. Non è detto sia ente eterno, ma per discuterlo bisognerebbe affrontare cose un po’ più serie che non partire dalla globalizzazione ed Internet. Il secondo significato è appunto quello di "Stato moderno" ovvero europeo, corredato o meno di "nazione". Sarà però bene ricordarsi che gli europei non hanno inventato loro lo "Stato" nella prima accezione.

Naturalmente, lo Stato astratto, ha poi più o meno vigenza a seconda della potenza che ha. Ieri il capo di uno stato ha emesso dazi sulle merci importate da un altro stato e sono crollate le borse mondiali. Di contro, lo stato sanzionato pare si stia approssimando a varare esenzioni e sussidi fiscali, pressioni sulle banche per l’erogazione di prestiti al consumo a tassi inesistenti e leggi di favore per sostenere la domanda interna in aiuto alle difficoltà su quella esterna. Il che ci dice anche che fuori dell’Europa e quindi in USA o Cina o Russia o India o Giappone o Arabia Saudita o Corea del Sud o Egitto o altrove come la piccola Svizzera o la piccolissima Singapore, non c’è alcuna discussione sulla crisi terminale dello Stato. Certo la globalizzazione qualche problema lo porta assieme alle opportunità, ma nessuno si sogna di discutere la vigenza dello stato e la più ampia possibilità offerta dagli scambi commerciali che hanno millenaria vigenza (neanche Trump che sta solo cercando di riequilibrare la propria bilancia commerciale e rallentare l’erosione di potenza con l’accetta dei dazi), solo noi lo facciamo.

Vien quindi da domandarsi ovviamente perché anche i più critici alfieri della critica del’eurocentrismo culturale non distinguano tra particolare (Europa) ed universale, rendendo oggettivo ed esteso un problema che è soggettivo e limitato, ma anche cosa c’è nella condizione “Europa” che fa soffrire così tanto, tanto da portare alcuni a discutere addirittura lo stato ed altri addirittura gli scambi internazionali, accusandosi reciprocamente gli uni di “sovranismo”, gli altri di “neo-liberismo”.

In Europa ci sono due distinti problemi che fanno qui precipitare la faccenda. Uno è che in Europa abbiamo l’Unione europea che è un ibrido giuridico, né stato, né forum di stati sovrani (tipo ASEAN) ma via di mezzo che ha certi poteri giuridici per lo più non parlamentari, tra cui un trattato che gestisce una moneta comune, trattato di ventisette anni fa. Mai si è visto nella storia un sistema monetario che risponda ad un trattato poiché la moneta è elemento fluido di una dinamica economica che varia nel tempo e quindi mai a nessuno era venuto in mente di inchiodare fisso un elemento fluido di una dinamica ad un pezzo di carta immodificabile. In più la moneta è un organico dell’interesse economico che riporta ad un popolo e quindi ad uno stato, con l’euro non si capisce bene (diciamo così :-) ) a l’interesse di quale popolo-Stato riporti. Forse si presuppone un "interesse europeo" ma non esiste un "interesse europeo", "europeo" è una espressione geografica, forse culturale.

Il secondo problema è che in Europa, gli stati sono mediamente piccoli, non possono avere piena sovranità perché ce l’hanno quelli più grandi, come è sempre stato e sempre sarà. Forse una ristretta cerchia di tre o quattro potrebbe esser a livello di medie potenze, ma è bene sapere che con la crescita economica dei grandi paesi (USA, Cina, India, Indonesia, Messico, Nigeria, Egitto, Messico, Brasile etc.), anche quelli avranno margini sempre più limitati, economico-finanziari non meno che politici-geopolitici. Ubi maior minor cessat dicevano gli antenati.

Il tema quindi sembrerebbe esser “lo Stato europeo”, non lo stato in astratto e il problema sembrerebbe esser il rapporto tra dimensione e potenza poiché è solo quella che permette di gestire e non esser gestiti da globalizzazione, migrazioni, vari tipi di assalti disordinanti operati da stati grandi, grossi e perennemente in cerca del loro miglior interesse. Ma poiché questo è un “problema difficile”, allora limitiamoci a discutere di sovranisti, nazionalisti, nuove forme di spazialità politica, soggettività politiche del terzo millennio ed altri idee confuse ed indistinte da assistenti alla cattedra di sociologia di una università periferica. Intanto il tempo passa …