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La fame? Il cibo non va dove serve, ma dove c'è il denaro per comprarlo

di Massimo Fini - 07/06/2008

Al vertice della Fao la crisi al imentare mondial e è stata attribuita a vari fattori: al la pratica di Stati Uniti e Brasile di trasformare i cereal i in etanolo, cioè in carburante per le auto, al la speculazione, al fatto che adesso i cinesi mangiano e via elencando. Sono tutti marginal i o addirittura inesistenti. La pratica americana di trasformare i cereal i in carburante non incide più del 3% sul mercato, la speculazione sulle emergenze (qual siasi emergenza, vedi rifiuti) è sempre esistita ma non è essa stessa a provocare l'emergenza, ne è una conseguenza, in quanto ai cinesi mangiavano anche prima (al trimenti non sarebbero un miliardo e duecento milioni) e giustamente il governo di Pechino ha fatto notare che la Cina è autosufficiente dal punto di vista al imentare.
Le cause sono molto più profonde e, come sempre, nascoste e sottaciute perché fan parte degli "indicibili". La pervasività del modello di sviluppo occidental e ha costretto le popolazioni del Terzo Mondo ad abbandonare le economie di sussistenza (autoproduzione e autoconsumo) su cui avevano vissuto, e a volte prosperato, per secoli e millenni e a integrarsi nel mercato mondial e. In tal modo devono acquistare al trove buona parte del cibo che prima autoproducevano. È questo che, aumentando smisuratamente la domanda, fa lievitare i prezzi. Prendiamo l'Africa. Una vulgata interessante vuole che l'Africa sia sempre stata al la fame e che oggi la situazione sia solo peggiorata e più evidente perché noi occidental i, da buoni samaritani, ce ne occupiamo. Ai primi del Novecento l'Africa era al imentarmente autosufficente e lo era ancora, in larghissima misura (al 98%) nel 1961. Ma da quando, con la post colonizzazione, ha cominciato a essere considerata non più solo una terra cui rapinare le materie prime ma un mercato, sia pur marginal e ma comunque appetibile per un occidente saturo e al la perenne ricerca di nuovi sbocchi e, per convicerla ai nostri consumi e al la nostra "way of life", vi si è introdotta, con le buone o con le cattive, la nostra economia, distruggendo quella autoctona, la situazione è precipitata. L'autosufficenza è scesa al l'89% nel 1971 e al 78% nel 1978. Per sapere quel che è successo dopo non sono necessarie le statistiche, basta guardare le immagini che ci vengono dal Continente nero.

Eppure negli ultimi decenni la produzione mondial e dei cereal i di base, riso, grano e mais, non è affatto diminuita ma di molto aumentata, rispettivamente del 30,40 e 50 per cento e una crescita, sia pur modesta, della produzione di tal i al imenti c'è stata anche in Africa. Ma gli africani - come tanta al tra gente del Terzo Mondo - muoiono lo stesso di fame perché in un'economia mondial e, integrata, di mercato, monetaria, il cibo, come ogni al tra merce, non va dove ce n'è bisogno, va dove c'è il denaro per comprarlo. Va ai maial i dei ricchi americani e, in general e, al bestiame dei Paesi industrial izzati se è vero che il 66% della produzione mondial e di cereal i è destinato al l'al imentazione degli animal i dei Paesi ricchi.

La gente del Terzo Mondo non ha i soldi per comprare sul mercato mondial e il cibo i cui prezzi sono lievitati a livelli non sostenibili a causa dell'enorme aumento della domanda dovuto al lo stravolgimento delle loro economie (da economie di sussistenza, chiuse, a economie inserite nel libero mercato global izzato), ma questo infernal e processo comincia a lambire, come si vede bene, per esempio, già in Ital ia, anche i poveri e persino il ceto medio proletarizzato dei Paesi ricchi i qual i hanno, di ritorno, dopo aver devastato e disgregato le economie al trui con tranquilla incoscienza e total e irresponsabilità, ciò che si sono cercato e ampiamente meritano.