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Gaza, ricostruzione senza pace

di Naoki Tomasini - 05/03/2009





gazabandierahamas

Da Sharm el Sheikh una montagna di soldi per ricostruire la Striscia. Israele annuncia espansione delle colonie in Cisgiordania






gazaIl governo israeliano ha in programma l'ennesima fase di ampliamento delle colonie in Cisgiordania e attorno a Gerusalemme est. Lo annuncia l'organizzazione israeliana Peace Now, secondo cui le nuove case programmate sarebbero ben 73mila. Se tali progetti fossero portati a termine, la popolazione dei coloni nei territori occupati in Cisgiordania, attualmente oltre 400mila persone, raddoppierebbe. Ufficiali del governo israeliano replicano sostenendo che i piani riguardano aree potenzialmente edificabili, e aggiungono che solo una piccola parte delle nuove costruzioni è già stata approvata.

L'annuncio, tuttavia, viene nel momento in cui la diplomazia internazionale è concentrata nel tentativo di rimettere in moto il cosiddetto processo di pace, che possa portare alla nascita di uno Stato palestinese. Lo slogan dei due Stati per due popoli è stato uno dei cavalli di battaglia del governo israeliano uscente, che però non è stato in grado di sviluppare la trattativa intavolata ad Annapolis, con la benedizione dell'ex presidente Usa George W. Bush. Già prima dell'operazione Piombo Fuso il negoziato era arenato su diversi punti, tra cui quello delle colonie che impediscono la creazione di uno stato palestinese. Oggi se possibile la via che porta a una pace duratura tra Israele e palestinesi è ancora più lunga e accidentata. Oltre alla perdurante crisi inter-palestinese, tra le fazioni di Fatah e Hamas, anche sul fronte israeliano il tempo della diplomazia sembra lontano. Il nuovo capo del governo, Benjamin Netanyahu, non ha mai preso impegni verso una soluzione a due Stati. E' fautore della linea dura con i palestinesi e, inoltre, è legato a doppio filo sia alla destra religiosa degli ultraortodossi, che ai movimenti dei coloni. Attualmente i territori palestinesi sono divisi in tre parti, Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est, che non sono comunicanti. In Cisgiordania le colonie occupano oltre il sessanta percento del territorio e lungo le strade che collegano tra loro le città palestinesi ci sono oltre 600 ostacoli fisici, tra check point e blocchi stradali. La nuova amministrazione Usa del presidente Obama ha promesso di cercare "aggressivamente" la pace tra israeliani e palestinesi. Ma se la nuova Segretario di Stato Hillary Clinton non sarà in grado di ottenere almeno il blocco della crescita delle colonie, anche quegli sforzi saranno vani. "Il completamento dei piani di crescita degli insediamenti renderà il progetto di uno stato palestinese totalmente irrealistico" ha commentato il leader di Peace Now, Yariv Oppenheimer. Da Ramallah, intanto, il presidente palestinese Abu Mazen ha ricordato che "Israele deve scegliere tra la pace e le colonie, ma non può avere entrambe".

6561Lunedì 2 marzo, nella località turistica di Sharm el Sheik, nel Sinai egiziano, i leader del mondo si sono riuniti per raccogliere fondi per la ricostruzione di Gaza. Settanta delegazioni nazionali e 16 organizzazioni internazionali hanno raccolto 4,5 miliardi di dollari, cui si aggiungono altri 700 milioni raccolti durante la precedente conferenza dei donatori a Parigi. I leader dei paesi occidentali e del mondo arabo in passerella hanno rilasciato dichiarazioni ottimistiche sulla necessità di rimettere in carreggiata il processo di pace. "Il 2009 deve essere l'anno della pace, anche imponendola" ha dichiarato il presidente francese Sarkozy, mentre il premier italiano Berlusconi parlava di un "piano Marshall" per rimettere in moto l'economia palestinese. In uno slancio visionario, Berlusconi ha persino ipotizzato una ripresa del turismo religioso e la costruzione di alberghi, in quelli che oggi sono Territori Occupati, e sigillati. Quattro miliardi e mezzo sono una cifra che evidenzia la volontà internazionale di sostenere la popolazione di Gaza, che dopo la guerra vive in uno scenario di estrema distruzione e povertà, quest'ultima provocata dalla chiusura forzata dei confini. Quello che però non accenna a cambiare è la chiusura rispetto a Hamas. Nonostante gli appelli di grandi personalità internazionali che suggericono di dialogare con il partito islamico che controlla la Striscia, anche alla conferenza di Sharm el Sheikh la delegazione di Hamas non era presente. I fondi donati, inoltre, verranno con ogni probabilità trasferiti nelle casse dell'Autorità Palestinese di Ramallah. Una scelta che potrebbe acuire le difficoltà nella riconciliazione tra i due principali partiti palestinesi in rotta dal giugno del 2007. "La conferenza di Sharm el Sheikh è stata una sceneggiata" ha commentato ieri Muhammad Nazal, un alto dirigente di Hamas. "Il problema non è quello dei soldi - ha spiegato - ma è quello della chiusura dei valichi di frontiera. Come possono arrivare quei soldi e i materiali da costruzione se continua l'embargo?". "La ricostruzione di Gaza è un'operazione umanitaria" ha aggiunto il portavoce del partito Fawzi Barthoum, "e non si possono fare speculazioni politiche". La chiusura dei confini della Striscia è stata definita "intollerabile" anche dal segretario Generale dell'Onu Ban Ki Moon, che ha chiesto di "agire ora. La popolazione di Gaza non può e non deve aspettare più a lungo".