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La scacchiera delle Caste e l'Osceno

di Pino Cabras - 25/02/2010

 

I segnali erano già tanti, ma lo scandalo Fastweb, in aggiunta a Bertolaso, è un segnale ancora più forte, per come mette a nudo l'impossibilità di distinguere – in seno alle classi dirigenti italiane – fra imprenditori corsari, mafie in espansione finanziaria, politici e amministrazione pubblica. È un unico groviglio che esce dall'«Osceno», ossia dal fuori scena, dall'occulto. Si gonfia così il turbine che travolgerà la Seconda Repubblica.

Un potere che non si vedeva, che non si sentiva, che non si toccava, che molti non volevano nemmeno raccontare, ma che ora non potranno più ignorare.

Per ora non nasce tuttavia una ribellione morale “spontanea”, non può nascere dal deserto della politica di questi anni, che ha fatto evaporare i partiti. Se ora lo scandalo si sente e se fra un po' creerà movimenti, sarà “merito” della Grande Crisi economica e finanziaria, che farà certo danni alla società, a intere classi sociali, ai territori più deboli del Paese, ma tempesterà anche il potere, le sue relazioni, il collante delle clientele e delle ruberie.

Anche Tangentopoli emerse in un momento di forte sbandamento economico. Come dice l'economista Joseph Stiglitz «rimane vero che qualsiasi cosa sia insostenibile non è sostenibile per sempre». La fase terminale della Seconda Repubblica è una di quelle cose insostenibili.

È una regola di valore generale, quella di Stiglitz. In ogni paese, non solo in Italia, l'Osceno rientra in scena, a dispetto degli estremi tentativi di ritardare il rendiconto.

Gli Stati si sono dissanguati per cercare di rinviare gli effetti della crisi, ma gli esiti si annunciano distruttivi. Trilioni di dollari e di euro creati dal nulla hanno rallentato l'avvitarsi «sistemico» della crisi finanziaria globale, ma si tratta di una dilazione che avrà costi immensi, intanto che non si è risolto nessun problema strutturale. Di certo quei rimedi non sono ripetibili. La crisi si scongela e percola. La bolla del disavanzo è lì per scoppiare, e lo farà rendendo gli Stati incapaci di adempiere a molti dei loro doveri.

Quei pazzi che sproloquiano di una crisi ormai alle spalle cominceranno ad ammutolire, quando gli occhi e i raid speculativi punteranno verso Stati vicini a fallire, quando vedranno i tassi di disoccupazione impennarsi, quando si profilerà la fine degli ammortizzatori sociali per milioni di famiglie, quando si noterà il crollo repentino delle prestazioni dei servizi pubblici, anche quelli più consolidati, quando le caste militari-industriali saranno le uniche a prosperare, in mezzo all'incapacità di creare percorsi credibili di governance planetaria. Tutte tendenze già in atto, del resto.

Le banche – al di là e al di qua dell'Atlantico - hanno ripreso la loro corsa, ma questa sarà breve, di fronte alle scadenze ravvicinate dell'enorme bolla del debito.

La vicenda della Grecia è un banco di prova fondamentale per cercare di capire cosa si prepara per tutti noi. Ora però è difficile comprendere, perché le notizie filtrate dagli organi di informazione mainstream perlopiù mentono. Se non fosse così, nessuno oserebbe dire ancora che “il peggio è passato”.

In Italia la bolla della propaganda del sistema berlusconiano - che ha cooptato di fatto gran parte della presunta opposizione - ha potuto reggere corrompendo il bilancio. Ma la conosciamo, non è il caso di insistervi troppo qui.

Non è un problema solo nostrano. Ovunque la propaganda dei governi ha manipolato e dominato oltre ogni ragionevolezza l'interpretazione dei dati della Grande Crisi. Come funziona questa strana propaganda?

Il gruppo di analisti di Europe2020 fa notare ad esempio che Barack Obama ha fatto il suo solito figurone retorico quando ha dichiarato la sua ferma intenzione di "ridurre la dipendenza americana dal debito", ma lo ha fatto mentre intanto autorizzava un aumento senza precedenti del tetto del debito USA (da 1900 miliardi di dollari a 14300 miliardi di dollari). Un divario pazzesco tra il dire e il fare: ma questo è il marchio di fabbrica di Obama, in ogni campo. Funziona? Sì e no. L'imprinting informativo dura, ma intanto Obama è molto impopolare.

Che dire allora di Nicolas Sarkozy, il quale nientemeno “prevede” una caduta nella disoccupazione francese? La realtà è che il rebus per le relazioni industriali d'Oltralpe è semplicemente terribile: come gestire un milione di persone che nel 2010 non avranno più sussidi sociali per via della perdita di posti di lavoro. E anche Sarko è impopolare.

Pure in Gran Bretagna la realtà vera non ha ancora bussato bene dalle parti del discorso pubblico. Il fatto è che a maggio si vota. Così come è accaduto in Grecia, il popolo non può sapere la verità prima delle elezioni. Oggi, mentre i giornali della City bacchettano l'Euro per la crisi greca, nascondono il fatto che a Londra cova una crisi dieci volte più catastrofica. A urne aperte, o forse anche prima, l'Osceno tornerà in scena, anche lì.

La Cina, per affogare le sue contraddizioni grandi come un continente, ha ingrandito la torta del suo PIL di un altro 10% in un anno, ma ha gonfiato una bolla di credito difficilissima da controllare, specie nel settore immobiliare, mentre si profila una classica crisi da sovrapproduzione. L'Osceno è una realtà tuttavia più dinamica, a Pechino.

Cosa nascondono dunque gli scricchiolii italiani, oltre a un paese in declino? A cosa prelude la drammatica crisi greca?

In realtà sono manifestazioni di una crisi sistemica più vasta. Sono gli alberi che nascondo una foresta di debiti assai più pericolosi (in USA e UK) e sono anche il primo passo di una nuova fase calante dell'economia mondiale a guida USA.

I leader del club anglosassone e i loro media tentano di indebolire l'attrattiva della zona euro nel momento in cui USA e UK hanno sempre più difficoltà ad attirare i capitali senza i quali crollerebbero, visto il sostrato paurosamente deteriorato delle loro economie. Sperano - ecco i due piccioni con una fava - che il Fondo Monetario Internazionale, in mano loro, arrivi a gestire qualcosa nell'Eurozona, dove ora non hanno presa. Magari ci riescono con un vecchio asset di Goldman Sachs come Mario Draghi.

Ogni casta cercherà una via d’uscita o una fuga in avanti, seguendo le ideologie e i rapporti sociali e di potere che la sostengono. In Italia la Casta gelatinosa appare in crisi. Berlusconi mette ancora in campo l’opzione piduista dell’eversione costituzionale. Perciò è pericoloso e va fermato.

Altrove le insidie sono diverse. Crescono le tensioni di fondo del grande gioco che dal Medio Oriente porta in Cina. Crescono cioè le chance per le caste militariste. L’aumento della tensione retorica intorno all’Iran va in quella direzione. Il rischio di fondo di una guerra di vaste proporzioni si scava nicchie sempre più comode. E anche questo pericolo andrà fermato.